MILANO È la mattina del 28 febbraio 2017 e in via Antonini, a Milano, si stanno tenendo i funerali di un uomo di 63 anni, scomparso prematuramente per un tumore. L’attenzione di tutti, soprattutto quella delle Forze dell’Ordine, è rivolta sui presenti, alcuni arrivati dalla Calabria, alcuni dall’estero, altri a “rappresentare” le curve calcistiche. Il funerale è quello di Mario Domenico Pompeo detto “Mimmo”, storico boss dell’hinterland milanese, legato alle famiglie ‘ndranghetiste del Crotonese. Tra i presenti, scrivono gli inquirenti, anche Antonio Bruno, arrestato nell’operazione di oggi della Dda di Catanzaro e scaturita dall’inchiesta Folgore-Blizzard, che ha portato altre 16 persone in carcere. Nel mirino della squadra guidata dal procuratore Salvatore Curcio gli interessi della ‘ndrangheta crotonese al Nord, con ramificazioni a Milano e in Trentino Alto Adige.
«Autista ed alter ego» di Pompeo, Bruno sarebbe colui che dopo la sua morte ne sarebbe diventato l’erede, mantenendo i rapporti con le cosche e gestendo gli affari illeciti. Dalle indagini sarebbero emersi elementi che «ne attestano il pieno inserimento nella compagine associativa mafiosa con ruolo di spicco». In alcune conversazioni captate dagli investigatori Bruno rimarca «come, mantenendo un atteggiamento sempre discreto e mai plateale, avesse raggiunto un certo livello gerarchico nell’ambiente criminale». Specificando, in particolare, di essersi «sempre seduto al tavolo con i grandi» evitando invece «gli ubriaconi di cantina». Un profilo basso che lo avrebbe aiutato a sfuggire sempre alle attenzioni delle forze dell’ordine, tanto che anche i collaboratori di giustizia pur individuandolo come «Toni, braccio destro di Pompeo» hanno sempre dichiarato di non conoscerne le generalità.
Di Bruno ne parlano anche gli altri arrestati dell’operazione, in particolare Luigi Masciari, ritenuto uomo «al servizio degli Arena» e «formalmente battezzato» da Francesco Antonio Arena. Proprio in una conversazione viene indicato da lui come «lo strumento per ottenere ottimi profitti e, soprattutto, come braccio destro e autista di Pompeo». Sempre Masciari, rispondendo al suo interlocutore, respinge la definizione di truffatore affibbiata a Bruno, sottolineando come «lo stesso fosse a conoscenza di tutto ciò che succedeva a Milano». Una figura dunque ritenuta di spicco dagli inquirenti, che dopo anni all’ombra di Mimmo Pompeo aveva scalato le gerarchie appena dopo la sua morte. Come ribadisce ancora una volta Masciari: riferendosi al «cocco bello» di Mimmo, colui che lo ha accompagnato per 20 anni e che adesso «aveva assunto il potere su Milano». (ma.ru.)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x