RENDE Marco Ghionna ha percorso al contrario l’esodo da Cosenza a Rende. La “fuga” che negli ultimi decenni ha svuotato il capoluogo in direzione oltre-Campagnano: il 50enne presidente dell’ordine provinciale degli ingegneri, candidato unitario del centrodestra, è rendese ma “cosentino d’adozione” per via della donna che ha sposato. Da padre di due figli piccoli che frequentano le scuole del centro conosce bene i disagi legati a viabilità e trasporti pubblici non sempre gestiti al meglio. Ai rendesi vorrebbe restituire il primato proprio nei servizi e nella qualità della vita: «Voglio che Rende torni agli standard del passato – dice Ghionna al Corriere della Calabria –, gli stessi che negli ultimi decenni hanno portato molti cosentini a lasciare la loro città d’origine: Rende è diventata grande così, con una contaminazione della sua struttura sociale che ha portato dinamicità e ricchezza. Al centro del mio programma metterò la normalizzazione dei servizi, pensando sì alle grandi infrastrutture come il nuovo ospedale ma senza tralasciare l’attenzione ai disagi della vita quotidiana dei rendesi e alle loro esigenze basilari. E – aggiunge – non farò differenze di “anzianità” o classifiche di “rendesità” tra i residenti, ho massimo rispetto per la Rende storica ma i diritti dovranno essere uguali e assicurati a tutti, dalla terza generazione a chi vive a Rende da dieci anni o meno. Ho una aspirazione…».
Quale?
«Riportare Rende a essere città leader dell’area urbana e della regione».
Vaste programme, intanto però bisogna “sporcarsi le mani” nell’agone elettorale: come commenta le dinamiche del centrosinistra che si troverà a sfidare tra due mesi esatti alle urne?
«Sono dinamiche che non posso valutare, non sono interessato più di tanto, ma noto all’interno del centrosinistra una disgregazione non per motivi programmatici bensì di personalità o meglio personalismi».
L’altro ieri però dal candidato in pectore Sandro Principe è arrivato un doppio invito: da un lato ai Comuni viciniori a programmare in ottica unitaria su servizi e Psa, dall’altro alla parte politica opposta a “collaborare” superando le divisioni per il bene comune dei rendesi, lei cosa risponde?
«Sono d’accordo. La collaborazione tra i fronti opposti che si troveranno a operare in Municipio, ognuno nel proprio ruolo, mi sembra l’unico scenario possibile per far crescere Rende. Così come il dialogo con gli altri centri dell’area urbana: il Policlinico universitario e lo svincolo autostradale a nord, giusto per fare un esempio, cambieranno la percezione e il baricentro stesso dell’assetto e dello sviluppo urbanistico rendese, per questo il dialogo con Montalto Uffugo sarà centrale».
Ha già un’idea del programma ed esiste una data per la sua presentazione pubblica alla città?
«Non ci stiamo facendo dettare l’agenda politica da altri elementi, sia per la presentazione della candidatura alla città sia nella composizione delle liste e soprattutto nel programma: terremo conto delle diverse sensibilità e di alcuni punti forti».
Può anticiparcene qualcuno?
«Le infrastrutture. Se il presidente Occhiuto ha pensato all’investimento del Policlinico ad Arcavacata bisognerà iniziare a pensare a una programmazione urbanistica e a una pianificazione integrata in cui trovino spazio lo svincolo a nord e i collegamenti ferroviari: siamo chiamati a un cambio di visione, ragionando insieme su una analisi urbanistica di contesto. E qui torniamo alla domanda su Principe: mi fa piacere che abbia parlato di collaborazione, sarebbe una scelta miope sostenere ipotesi diverse in relazione allo sviluppo del territorio, al pubblico interesse e al bene di Rende e dei rendesi. Alcune priorità non hanno colore…».
In questo spirito collaborativo lei concede uno spazio anche al civismo?
«Io le parlo da candidato espressione della volontà dei partiti tradizionali del centrodestra, rivendico e sono contento che la condivisione sul mio nome arrivi da lì. Aggiungo che, vista la storia e gli esiti che ha avuto a Rende, il civismo non può più crogiolarsi come elemento trainante: se non è regolato diventa una scappatoia, un bicchiere bucato… Io sono per prendersi delle responsabilità sottostando a regole e soprattutto competenze per evitare errori in aree strategiche che poi sarà la comunità a pagare: certo, lungi da me dire che esiste una chiusura verso eventuali contributi programmatici, sono favorevole a un civismo responsabile ma all’interno di un sistema di pesi e contrappesi».
A proposito di civismo, uno dei temi della campagna elettorale sarà senza dubbio il superamento del decennio di Marcello Manna reso monco dal biennio commissariale, qual è la sua posizione in proposito?
«Sulle amministrazioni di Manna dico che – al netto delle responsabilità personali su cui non posso dare giudizi – hanno portato Rende lontana e distante da una normalità amministrativa: oggi assistiamo a uno stato di degrado culturale e fisico che non è certo responsabilità dei soli commissari, i quali hanno gestito una fase transitoria. È chiaro che oggi si palesi la mancanza di basi solide per le sfide importanti, su tutte il binomio Rende – Policlinico Unical: spetterà a noi creare le condizioni per ospitare un’infrastruttura strategica riportando però i servizi quotidiani, tutti, in un contesto urbano che sia normale a fronte della situazione anormale che si è venuta a creare negli ultimi tempi: la qualità della vita deve tornare subito ai livelli per cui Rende è stata scelta come residenza».
Ha già un’idea della squadra che l’affiancherà nel caso dovesse diventare il sindaco di Rende?
«Non ho dei nomi ma una idea dei criteri di scelta: sono gli stessi che hanno portato alla proposta del mio nome. Ma la provenienza politica e il legame ai partiti non saranno gli unici criteri perché, come dicevo prima, le competenze sui singoli settori dovranno essere fondamentali». (e.furia@corrierecal.it)
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