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IL RICORDO

Domenico Porcelli, la giustizia a servizio della società

Quasi sempre la porta era aperta (non c’era bisogno di farsi annunciare…ne’ addirittura di fare richieste scritte per un colloquio…) e, se non era alla Sua scrivania, lo trovavi sempre nelle stanze d…

Pubblicato il: 06/04/2025 – 13:25
di Nunzio Raimondi
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Domenico Porcelli, la giustizia a servizio della società

Quasi sempre la porta era aperta (non c’era bisogno di farsi annunciare…ne’ addirittura di fare richieste scritte per un colloquio…) e, se non era alla Sua scrivania, lo trovavi sempre nelle stanze dei Suoi sostituti, dove lui si recava per ascoltare e dare consigli.
Lo stile di Domenico Porcelli era questo: riservato, sempre accogliente, aperto al dialogo anche sulle più complesse questioni giuridiche…
La mia memoria è felice perché rinnova l’esperienza, ormai assai rara, di una Magistratura che non “mette cappello” e che discute apertamente anche con chi ha ben poco da insegnare… perché da tutti c’è da imparare.
Quando lo incontrai da giovane avvocato lo avevo già conosciuto da ragazzo a casa Sua e della Sua bella sposa, essendo amico di una delle amatissime figlie.
Una bella famiglia, nella quale regnava la serenità nonostante i gravi pensieri che sempre si addensano nella mente di chi è chiamato a grandi responsabilità.
Ma di quel periodo, per me spensierato, ho un ricordo gioioso perché i nostri genitori (fra questi metto anche il papà e la mamma della mia amica), erano sicuri punti di riferimento nella forza di valori vissuti senza ostentazione,con misura e con garbo.
E già la misura!
La mattina il Procuratore si recava presto in Ufficio a piedi (niente sirene!) – lo vedevo…abitando non lontano da casa Sua -: sembrava molto concentrato,non faceva soste.
Veniva dall’esperienza pretorile,una giurisdizione completa, vicina alla gente, perciò direi “sociale” nel senso più alto della parola; un esponente sensibile di quella generazione di magistrati – provenienti dalla medesima estrazione professionale – capaci di vivere il proprio servizio in modo non disgiunto dell’umanità dolente.
Ho avuto modo di conoscerlo bene (scrivo soltanto di questi perché non sono afflitto dalla smania di apparire o di cercare una tribuna che non sia quella della mia amata Professione…) ed in questo momento, nel quale mi appresto a dargli domani l’ultimo saluto, si affollano nella mia mente tanti ricordi!
Ne recupero soltanto alcuni.
Quando, ad esempio, lo ebbi fierissimo avversario nel processo denominato “Catanzaro due”: si batté come un leone, convinto com’era della fondatezza dell’accusa grave mossa nei confronti di imputati eccellenti.
Non indietreggiava mai, ma rifletteva molto prima del cimento,con raro senso di responsabilità.
Era severo nel rispetto e nell’applicazione della legge e chi si trovò ad avere a che fare con lui non pensò certo che fosse “una passeggiata”…
Era così anche con i Suoi Colleghi: non le mandava a dire… e per questo Suo carattere schietto, ma sempre leale, ha pagato.
Per me, una bella persona: non si atteggiava a padre nobile e non consigliava ai Suoi Colleghi, con pubblici proclami, di guardarsi da lecchini e da maggiordomi: lui ci si guardava davvero, nella realtà, ed i giovani li ammaestrava con l’esempio,soprattutto rispettandone la saggezza personale.
Per questa Sua indipendenza era davvero temibile anche se evitava di apparire tale.
E già… l’apparire non gli apparteneva affatto, quanto l’essere.
Com’è accaduto anche ad altri magistrati del Suo stesso valore (penso, ad esempio, al grande Presidente Antonini…), lasciò Catanzaro per dirigere la Procura Generale di Genova, dove si trasferì con la Sua amatissima Signora, per svolgere la Sua alta funzione “a tempo pieno”.
Anche in questo si distinse: nell’epoca delle “presenze a prelievo” nelle posizioni apicali… Lui in Ufficio a Genova ci stava e come!
Lo ritrovai lì in occasione del processo denominato “Elbopoli” che coinvolgeva alti magistrati ed alcuni importanti prefetti del Paese.
Ricordo bene quanto fosse rispettato cola’: una volta un Sostituto della Sua Procura mi disse: “Avvocato, da Catanzaro ci avete fatto il più bel regalo che potevano ricevere…”.
E cosa dire della Sua lunga esperienza da Sostituto Procuratore Generale a Catanzaro….
Mi è rimasto impresso un episodio.
Ero in udienza, dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Catanzaro, al seguito del mio Maestro, Armando Veneto.
Per la requisitoria finale del processo a carico di Piromalli Giuseppe, classe 1921, il Sostituto Porcelli fu così incisivo da provocare la reazione violenta dell’imputato il quale, dalla gabbia, inveì contro di Lui; ricordo ancora le parole pronunziate da una persona che, a quei tempi, metteva davvero paura: “canceru mu ti pigghia!”.
Un magistrato davvero coraggioso!
Ed infine.
Mi consta personalmente quanto fosse prodigo di consigli.
In quest’epoca di grande ipocrisia – e sopratutto di completa assenza di veri maestri -,il ricordo di Domenico Porcelli mi riporta al momento della scelta di questa mia Professione.
Fra poco saranno quarant’anni e non esito a riconoscere che senza l’esempio di tanti magistrati come Domenico Porcelli (molti dei quali purtroppo non sono più tra noi), forse non l’avrei scelta.
Perché proprio da questi magistrati e da alcuni Avvocati ho appreso quanto fra di noi sia importante comprendersi a vicenda, dirò con Calamandrei, “a compatirsi” per stimarsi di più.
Cose di un altro mondo.
Arrivederci, caro Procuratore.

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