Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 20:07
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

IL RACCONTO

«Sempre più piccoli e già in coma etilico». L’emergenza (quotidiana) al pronto soccorso di Cosenza

Parlano i medici dell’Annunziata in prima linea: «Ubriachi a 12 anni. Gli amici li lasciano all’ingresso e vanno via perché non sanno cosa fare»

Pubblicato il: 09/04/2025 – 7:00
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
«Sempre più piccoli e già in coma etilico». L’emergenza (quotidiana) al pronto soccorso di Cosenza

COSENZA «Certo che succedeva anche quando ero adolescente io, ma non tutti i giorni, e soprattutto non a questa età…». Eva è la caposala del pronto soccorso di Cosenza ed è la figura ideale per una contro-narrazione del personale medico e infermieristico dell’Annunziata, per come emerge dal recente report del consigliere grillino Davide Tavernise: tutti over-60 e “imboscati”. Anzitutto perché la persona in camice con cui parliamo ci mette volentieri la faccia ed è in prima linea in quello che è considerato il terminale delle emergenze; poi per la sua giovane età, che le permette di ricordare le serate dello sballo negli anni ’90 tra Cosenza e hinterland, con il celeberrimo “Giovediamoci” in discoteca. «Penso a quei giorni e dico: oggi esagerare non è più un’eccezione legata a un evento o al sabato sera, adesso si parte dal lunediamoci, martediamoci, mercolediamoci…».

Una notte nel “porto di mare”

La battuta, scambiata a margine della inaugurazione della nuova Tac, si stempera in un sorriso che da agrodolce si fa amaro quando l’aneddotica interessa il dato clinico e non più solo quello antropologico: dietro ogni coma etilico registrato c’è una storia di ragazzi, poco più che bambini, persino 12 o 13enni, talvolta scaricati davanti all’ingresso del “porto di mare” come qualcuno definisce l’entrata del pronto soccorso in via Zara. La mente va alla scena di Trainspotting con gli amici che depositano Mark in overdose appena fuori dall’ospedale e se ne scappano. Trent’anni dopo, la finzione del film generazionale si declina in chiave reale e locale, con due varianti: al posto dell’eroina c’è l’alcol – magra, magrissima consolazione – e l’età dei protagonisti è vertiginosamente precipitata. Dato, questo, che ne genera altri a cascata, a partire dalla (in)consapevolezza sugli effetti di un consumo smodato – il cosiddetto “binge drinking” ovvero l’assunzione di almeno 5 bevande alcoliche in un intervallo brevissimo al solo fine di ubriacarsi –, tra i giovani un fenomeno purtroppo molto diffuso anche nella fascia di età che va dai 12 ai 15 anni.

Universitari e teen ager

La caposala racconta che anche dall’Università si registrano tantissimi accessi per problemi legati all’abuso di alcol, ma quello che preoccupa è l’“utenza” fatta di teen agers, senza distinzioni di sesso e anzi con la componente femminile in crescita, comitive che approdano qui dopo un breve viaggio dai vicinissimi luoghi della movida, tutti a poche centinaia di metri. «Li scaricano davanti all’ingresso senza sapere cosa fare e come comportarsi – racconta Eva, che intanto sta aspettando un politrauma in arrivo dal Crotonese dopo un incidente stradale – e a noi, oltre che a prenderli in cura, tocca avvertire i genitori, quasi sempre increduli, con la difficoltà aggiuntiva che spesso questi ragazzini non hanno neanche un documento di riconoscimento».
Per evitare di cadere nel moralismo ipocrita sulle generazioni perdute e vacue, occorre dire che uno dei nodi sta nel cosiddetto e presunto “bere con moderazione” che a certe età non esiste, soprattutto per gli adolescenti che non hanno enzimi maturi nel fegato per metabolizzare l’etanolo.

Le «dipendenze legali»

Maria Francesca Amendola, psicologa Asp, in un recente incontro pubblico ha raccontato di aver lavorato per oltre quarant’anni prima con i tossicodipendenti («molti eroinomani a inizio anni 80 erano miei coetanei e amici, alcuni mi sono morti nelle mani…») poi con gli alcoldipendenti: «L’alcol è una bestia. Il disturbo da uso di alcol è la porta d’accesso ad altri problemi, e alle donne fa ancora più male per via del diverso metabolismo. Se poi per essere belle vi tocca bere, c’è qualcosa che non va…». Sul tema della consapevolezza, nei suoi incontri nelle scuole Amendola mostra spesso una serie di slide su pubblicità e sponsorizzazioni di bevande alcoliche – anche per eventi sportivi –, ponendo l’accento sulla potenza delle multinazionali dell’alcol e su anomalie come le «dipendenze legali», un ossimoro che si ben si attaglia alla ludopatia i cui proventi ingrassano le casse dello Stato. Ma quello della “bolletta” è un altro mondo sommerso che forse merita un articolo a parte. (euf)

LEGGI ANCHE

Alcol, droga e farmaci. I consumi e le dipendenze dei giovani calabresi

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

x

x