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Blackout in Spagna, Menniti: «L’Italia e il Sud devono anche puntare sulle centrali idroelettriche»

Il docente Unical: «In Calabria abbiamo risorse rinnovabili preziose, ma non le usiamo bene»

Pubblicato il: 29/04/2025 – 13:22
di Francesco Veltri
Blackout in Spagna, Menniti: «L’Italia e il Sud devono anche puntare sulle centrali idroelettriche»

COSENZA Un blackout che ha messo in ginocchio due Paesi e solleva interrogativi su sicurezza e resilienza energetica. Il maxi-blackout che ha colpito nelle scorse ore Spagna e Portogallo ha riacceso i riflettori su un tema spesso sottovalutato: la fragilità delle reti elettriche in un sistema sempre più interconnesso e complesso. Cosa può provocare un simile blackout? Quali sono i meccanismi di protezione e prevenzione? E soprattutto, l’Italia è al riparo da eventi simili? Per comprendere meglio i retroscena tecnici e le implicazioni per il nostro Paese, abbiamo intervistato Daniele Menniti, professore associato al Dipartimento di Ingegneria meccanica, energetica e gestionale dell’Università della Calabria ed ex sindaco di Falerna.

Professore, tante le ipotesi che si stanno facendo in queste ore su quanto successo in Spagna.

«Si tratta di uno dei classici eventi che si possono verificare in un sistema complessissimo, come lo sono quelli elettrici nazionali. Non lo dico io per primo, ma da sempre dopo le missioni lunari, la gestione e il funzionamento dei sistemi elettrici sono la cosa più complessa che l’uomo abbia potuto immaginare, anche se grazie a Dio negli anni hanno funzionato così bene che la gente dà per scontato che pigiamo un pulsante e si accende la lampadina.
Chiaramente l’energia elettrica scorre nei conduttori e se per qualche motivo i conduttori si interrompono o non trovano una via alternativa, è inevitabile che si verifichi un blackout. La rete nazionale è sicuramente fatta in modo tale da prevenire questi eventi, attraverso la cosiddetta progettazione a sicurezza N-1. In sintesi la rete nazionale è costruita in modo tale che se un componente dovesse andare fuori servizio, comunque il sistema è in grado di continuare a funzionare con gli altri N-1 componenti. In alcune circostanze una serie di eventi concomitanti possono purtroppo dar luogo all’impossibilità di fornire l’energia richiesta. Per esempio, il fuori servizio di una linea può portare in sovraccarico le restanti linee e se le restanti linee, a loro volta, si staccano perché sono in sovraccarico alcuni generatori devono spegnersi. Se non lo fanno si danneggiano e poi alla ripresa non possono erogare energia elettrica. Quindi esiste un sistema automatico di controllo che, diciamo di proposito, spegne alcune centrali per evitare che il guasto, che è come un effetto domino, si possa propagare da una nazione all’altra. Immaginiamo se si propagasse per tutta Europa, i tempi di ripristino del sistema non sarebbero dell’ordine di qualche ora, come è avvenuto per la Spagna, ma dell’ordine delle settimane.

Restare una settimana senza energia scatenerebbe il caos.

«Certo, per esempio mancherebbe l’energia per far funzionare i frigoriferi dei centri commerciali, e tutto dovrebbe essere buttato perché non utilizzabile. Dopo qualche ora non si potrebbero alimentare con le pompe di sollevamento le autobotti che devono portare i rifornimenti agli ospedali. Il sistema ha una sua complessità e quando si verificano questi eventi, si cerca di limitare il danno a un’area circoscritta. Ma il danno è comunque enorme. Da qui l’importanza di alcune cose che spesso non si comprendono».

Quali?

«Ad esempio in Calabria noi abbiamo le centrali idroelettriche che molti ritengono servano a produrre continuamente energia. Le centrali idroelettriche calabresi sono proprio quei sistemi di accumulo in cui se c’è una mancanza di potenza nella rete, improvvisamente si aprono le valvole e queste supportano il sistema elettrico perché non vada in sovraccarico. Oppure se c’è un eccesso di produzione, le centrali diminuiscono il loro apporto. Quindi, le centrali idroelettriche sono i migliori sistemi di accumulo che noi possiamo avere. Una cosa che negli anni si è abbandonata è il funzionamento di alcune di queste come sistemi di ripompaggio. In realtà le centrali elettriche come quelle calabresi potrebbero essere degli ottimi sistemi se dopo che abbiamo un prodotto di energia, per esempio, nei momenti di bisogno dalla centrale elettrica, utilizzando l’eccedenza delle fonti rinnovabili, si potrebbe ricaricare il serbatoio. In questo caso avremmo come un’enorme batteria. In Calabria abbiamo questa risorsa, purtroppo non la utilizziamo bene. Anche per un malinteso senso dell’ambientalismo che porta a fare la lotta, mi permetta il termine, contro i mulini a vento».

Una lotta contro le rinnovabili.

«Esatto. Le rinnovabili invece, essendo distribuite, possono essere la soluzione del problema e non il problema come alcuni vorrebbero far credere. Una domanda che si può porre a un normale cittadino è questa: tu conserveresti i tuoi dati personali, di un’intera nazione, di un comune, di una banca o di un’impresa, in un server ubicato in un determinato posto o ti faresti in maniera distribuita diverse copie di backup? La seconda risposta è quella che tutti darebbero. Noi rinunciamo alle fonti rinnovabili che, per loro natura, sono distribuite per privilegiare le grandi centrali a carbone e a gas messe in pochi posti, ma se va in fuori servizio una di queste il danno che può causare è grande. Tutta la ricerca che si fa nell’ambito dei sistemi elettrici nazionali, e anche noi qui all’Università della Calabria lavoriamo per questo, è orientata nell’aumentare la resilienza del sistema».

L’Italia, dunque, non è indenne.

«Assolutamente no. Intanto, bisogna dire che si lavora giorno e notte per la prevenzione. Forse sfugge ai cittadini che praticamente non manca mai l’energia elettrica. Se ciò non avviene, o avviene raramente, è grazie ai pochi ingegneri elettrici che riusciamo a formare. In sintesi, c’è gente che monitora continuamente il corretto funzionamento del sistema ed è grazie a ciò che si prevengono fatti così estremi. Poi, ci sono fatti eccezionali: le automobili hanno i freni ma non per questo non si dotano di airbag e di cinture di sicurezza. In Italia nel 2003 ci fu un blackout completo e all’epoca non c’erano fonti rinnovabili in quantità tale da poter stimolare le attenzioni dei negazionisti del clima. In quella circostanza bastò che un ramo toccasse una linea elettrica che portava dalla Svizzera energia in Italia perché questa si interrompesse. Nessuno intervenne in tempo utile e questa mancanza di energia inizialmente proveniente dalla Svizzera causò il sovraccarico delle centrali in Italia che a loro volta una ad una si staccarono sino al completo blackout». (f.veltri@corrierecal.it)

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