Oggi, tra gli antifascisti più visibili e credibili, si segnalano due giornalisti. Sono entrambi piemontesi e si chiamano Aldo Cazzullo e Massimo Gramellini. Sono le prime firme del Corriere della sera, ovvero il giornale tradizionale della borghesia italiana. Essi, non si limitano ad esporre il proprio pensiero sul foglio in cui lavorano, ma replicano le loro idee sull’emittente La 7 dell’editore Umberto Cairo che è patron delle due testate.
I due personaggi sono e appaiono non come incalliti incendiari ma onesti testimoni del loro tempo.
Cazzullo ha scritto nelle settimane passate: «In questi trent’anni in talia si è combattuta una guerra della memoria. E questa guerra noi antifascisti l’abbiamo perduta. Nettamente e clamorosamente. Non è stata una sconfitta elettorale. E non solo perché le elezioni la sinistra le ha quasi sempre perse. Anche perché solo in Italia – e questo è un altro segno della nostra sconfitta – è passata l’idea per cui se sei antifascista sei comunista, o comunque di sinistra. Non è così […]».
Cazzullo è un cronista, mentre Gramellini è un corsivista. Appaiono, così, i migliori ambiti nei quali ci si può misurare giornalmente.
Poi c’è un terzo soggetto che presidia l’antifascismo vero. È l’Anpi, l’associazione nazionale dei partigiani italiani. Sino a qualche tempo fa pensavo, sbagliando grossolanamente, che l’Anpi fosse un circolo di reduci e combattenti, superato dalla storia e, quindi, inutile. In realtà mi sono accorto che l’Anpi è rimasto in Italia l’unico baluardo dell’antifascismo.
L’Anpi a mio parere ha ancora una funzione e un ruolo se rinnova lo spirito del Cnl (Comitato di Liberazione nazionale), la cui giunta militare era composta dal liberale Manlio Brosio, dal comunista Giorgio Amendola, dall’azionista Riccardo Bauer, dal democristiano Giuseppe Spataro, dal socialista Sandro Pertini e dal demolavorista Mario Cevalotto.
Allora si crearono le Brigate Garibaldi (PCI), le Brigate Matteotti (PSI), le Brigate Fiamme Verdi (Cattoliche) e le Brigate del Popolo (DC), oltre a formazioni come Giustizia e Libertà (Partito d’Azione). Ma c’erano anche nell’organizzazione della Liberazione aderenti militari come il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo (ucciso nelle Fosse Ardeatine), i monarchici (partigiani azzurri) che ebbero come massima figura Edgardo Sogno, che partecipò alla Resistenza con il nome di battaglia Franco Franchi; e ancora: le brigate ebraiche, i rom e sinti.
In questi lunghi anni l’Anpi è sembrata una candela spegnersi lentamente. Hanno provveduto a tenerla accesa solo i “comunisti” che, in ogni caso, bisogna ringraziarli. Tuttavia, questa supplenza ha fatto allontanare progressivamente i non comunisti, cioè la maggioranza.
Ecco allora che il tornante della storia ci offre il risveglio innestato dai “borghesi” Cazzullo e Gramellini.
La vulgata ricorda: “Un giorno Giorgio Pisanò (Msi), incontrando Vittorio Foa (sindacalista di sinistra) gli disse: «Ci siamo combattuti da fronti contrapposti, ognuno con onore, possiamo darci la mano». Foa gli rispose: «È vero abbiamo vinto noi e tu sei potuto diventare senatore, avessi vinto tu io sarei ancora in carcere». Ecco, ci rifletta. Ci rifletta un istante”.
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