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La Calabria dei paesi invisibili. «Tornate, fate presto!»

Bisogna «cominciare dal grande cantiere della sfiducia» dice Franco Arminio. Non servono convegni, «è una emergenza nazionale»

Pubblicato il: 04/05/2025 – 6:54
di Fabio Benincasa
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La Calabria dei paesi invisibili. «Tornate, fate presto!»

COSENZA «Tornate, fate presto»! Ci sono paesi in Calabria dove anche chi è rimasto è andato via. Il “nuovo” ha travolto l’antico, la digitalizzazione ha sotterrato la storia e le radici. La coesistenza tra innovazione e tradizione non è impossibile, ma l’unica strada percorribile per tenere in vita i nostri borghi. Lo urlano con forza i cittadini scesi in piazza a Bocchigliero per celebrare il “funerale” del borgo situato nel cuore del Parco Nazionale della Sila. Le immagini hanno fatto il giro del web, catturando l’attenzione di media e istituzioni. Missione compiuta per i membri del movimento “1000 Papaveri Rossi“, protagonisti della singolare protesta: necessaria a riaccendere i riflettori sull’emorragia demografia nelle aree interne calabresi. Borghi destinati a diventare territori fantasma, case abbandonate, paesi popolati da pochi residenti e quasi tutti anziani. Una lenta agonia che nei prossimi anni potrebbe trasformare il volto della Calabria. Davide Filippelli, referente del movimento, al Corriere della Calabria ripercorre le tappe della protesta, suggerendo alcune proposte per invertire il trend. Bisogna «cominciare dal grande cantiere della sfiducia» dice Franco Arminio.

Il diritto di abitare

«Il nostro è un gesto simbolico, ma soprattutto provocatorio. Celebrare il funerale di Bocchigliero vuol dire accendere i riflettori su tutti gli altri paesi che insistono nelle aree interne della regione e che condividono la medesima situazione. L’area della Sila è tra le più colpite dal fenomeno dello spopolamento in Calabria», sottolinea Filippelli. Che continua: «Se nei prossimi anni si confermasse il trend anagrafico registrato nel corso dell’ultimo ventennio, dall’inizio degli anni 2000 ad oggi, Bocchigliero come tanti altri paesi rischierebbero seriamente di scomparire. Vogliamo rivendicare i nostri diritti, il diritto delle comunità a poter abitare i loro paesi, il diritto all’esistenza di ogni paese, su questo si basa il nostro manifesto».

Turismo lento, servizi, accoglienza

Turismo lento, cammini religiosi, trekking e sport outdoor sono tutti possibili antidoti allo spopolamento, ma appare chiaro ed evidente la necessità di fare di più. Occorre, ad esempio, rafforzare e garantire i servizi essenziali e dotare i comuni di infrastrutture digitali e della banda ultra larga per consentire incentivare l’arrivo dei professionisti del web e rendere davvero agile il lavoro da remoto. «Il turismo può essere, senza dubbio, una leva importante per rilanciare i nostri territori, però non dobbiamo dimenticare che i comuni sono abitati da persone e dunque occorre dotarli innanzitutto di servizi necessari a garantire la vivibilità di queste aree, altrimenti tutto il resto verrà a mancare», dice Filippelli. «Ben vengano anche i nomadi digitali, ma ad oggi non ci sono le condizioni, non ci sono i servizi per poter svolgere queste attività nei paesi delle aree interne».



Acquaformosa e Riace, la migrazione come opportunità

Non solo a Riace, anche ad Acquaformosa – comune in provincia di Cosenza – i cittadini stranieri hanno ridato nuova linfa al borgo e creato opportunità di lavoro. «I migranti rappresentano una risorsa, soprattutto per i paesi di montagna. La gestione delle strutture di accoglienza può aprire a nuove opportunità di lavoro. Bocchigliero è un paese solidale, diamo accoglienza a tanti immigrati e grazie a loro manteniamo ancora aperte le nostre scuole», racconta Filippelli. La chiosa è un lungo appello rivolto alle istituzioni, ai decisori, a coloro che possono e devono evitare quello che oggi appare come un destino inesorabile. «Chiediamo il potenziamento delle vocazioni economiche della montagna e per questo vogliamo che venga riconosciuta come un’emergenza nazionale da gestire con risorse e strumenti normativi adeguati. Non chiediamo l’elemosina, i sussidi statali, ma investimenti pubblici che abbiano una visione strategica e lungimirante per questi territori». Per Filippelli, «il modello economico e sociale italiano è rivolto solo ai centri di erogazione dei servizi. Questo ha reso ulteriormente marginali i territori come il nostro. Vogliamo e dobbiamo ribaltare questa visione e ripartire dalle aree interne per costruire politiche che abbiano lo scopo di far rinascere i borghi calabresi». (f.benincasa@corrierecal.it)

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