«L’ultimo Decreto Sicurezza è un’ossessione e una deriva autoritaria»
La Camera Penale “Cantafora” di Catanzaro aderisce all’astensione dalle udienze per 3 giorni disposta dall’Ucpi a livello nazionale

CATANZARO «No a un provvedimento che si configura come un’ossessione securitaria e una deriva autoritaria». Anche la Camera Penale “Cantafora” di Catanzaro aderisce alla astensione dalle udienze decretata a livello nazionale dall’Ucpi per contestare l’ultimo Decreto Sicurezza del governo: un’astensione di tre giorni, da ieri fino a domani, e oggi un’assemblea pubblica promossa nella sala del Consiglio dell’Ordine degli avvocati del capoluogo. A illustrare i motivi della mobilitazione Francesco Iacopino, presidente della Camera Penale di Catanzaro: «Abbiamo un corpo sociale fratturato ma stiamo agendo con l’antibiotico penale che avvelena il tessuto sano della società e riduce il livello delle nostre libertà. L’emarginazione sociale non si cura con le manette o con la leva penale ma con politiche sociali. Registriamo sistematicamente una risposta solo emotiva e sbagliata alla rabbia, un aumento delle sanzioni e del ricorso alla carcerazione: un sistema autoritario che – spiega Iacopino -arriva fino al punto di criminalizzare il dissenso e la resistenza pacifica. E’ un tradimento dei valori liberai su cui è edificata la cultura del diritto. Una torsione autoritaria che ci preoccupa. La marginalità non si cura con la penalità: le manette servono per nascondere la nostra incapacità sociale di dare risposta agli ultimi e ai poveri e di preferire di creare una nuova discarica sociale qual è il carcere nel quale riversare queste periferie esistenziali». A portare il proprio contributo anche la presidente dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro, Enza Matacera: «Il legislatore negli ultimi anni ha adottato diversi provvedimenti, con l’obiettivo dichiarato di tutelare l’ordine pubblico o contrastare l’immigrazione irregolare, ma alcuni di questi decreti sollevano interrogativi circa la loro compatibilità con la Costituzione, con i diritti fondamentali e con la giurisprudenza europea. La risposta legislativa – sostiene Matacera – si mostra spesso come una gestione simbolica del consenso e non come vera risposta ai problemi, questo accade quando la sicurezza viene separata dalla legalità e dalla giustizia e diventa non un diritto ma una parola d’ordine che finisce per giustificare la compressione delle libertà. Come avvocatura non siamo spettatori ma attori a tutela dei principi fondamentali. Abbiamo il dovere di vigilare e di denunciare quello che non va e di dire che la sicurezza non va mai separata dal rispetto dei diritti». (c. a.)
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