COSENZA Si è chiusa, stamane, in Corte d’Assise a Cosenza (presidente Lucente) la fase istruttoria del processo sull’omicidio di Rocco Gioffrè: ucciso nella città dei bruzi, nella sua abitazione in via Montegrappa 7, il 14 febbraio del 2023 da Tiziana Mirabelli (difesa dall’avvocato Cristian Cristiano), reo confessa del delitto. I familiari della vittima sono rappresentati dall’avvocato Francesco Gelsomino. La pm Bianca Maria Battini rappresenta, in aula, l’accusa.
Sono stati escussi, nel corso dell’odierna udienza, gli ultimi tre testimoni della difesa. Si tratta di Paolo De Pasquali, medico psichiatra, Simonetta Costanzo psicoanalista e Massimiliano Cardamone, medico chirurgo specializzato in medicina legale.
Sollecitato dalle domande dell’avvocato Cristiano, De Pasquali si sofferma in primis sulla relazione sentimentale tra la vittima e l’omicida «sorretta da un fitto scambio di messaggi che avrebbe favorito il sorgere di condizioni psicologiche in Tiziana Mirabelli tali da portarla ad infliggere numerose coltellate nei confronti di Gioffrè». L’imputata – specifica il teste – «non ha una sindrome psichiatrica ben accertata, per questo motivo era necessario appurare le cause scatenanti il delitto». Escluso il movente economico, l’attenzione si è soffermata sul tipo di omicidio «overkilling» legato – questa la tesi – ad una relazione patologica tra i due. La «reazione abnorme» della donna sarebbe scaturita dalla necessità di uscire «da una relazione di impasse, un rapporto in cui l’imputata vede la vittima come un padre. Mirabelli è una persona fragile, fallisce nel tentativo di aiuto nei confronti di Gioffrè e reagisce». «Dopo il delitto – per i consulenti di difesa – si comporta quasi come se non avesse commesso il fatto e questo le consente di pulire il sangue e coprire il cadavere». Una circostanza che escluderebbe la premeditazione, visto il conseguente utilizzo «del primo oggetto – un coltello – utile a colpire la vittima».
C’è un termine pronunciato da De Pasquali che cattura l’attenzione della pm e resiste nel corso dell’esame come elemento cardine dell’escussione: “Undoing“, che in gergo vuol dire «nascondere qualcosa di brutto». Per il testimone della difesa, «coprire il corpo consente a Mirabelli di nascondere quanto fatto, l’efferatezza delle ferite inferte non si lega ad un atto di puro sadismo ma alla inesperienza della donna non abituata, evidentemente, ad uccidere».
Sul punto, interviene la pm chiedendo al teste di soffermarsi e specificare quanto sostenuto, chiedendo se vi sia o meno una tesi alternativa all’undoing. Simonetta Costanzo, altra testimone della difesa, risponde di no e motiva: «Riscontriamo la copertura del cadavere nei delitti in famiglia, questo spiega come Mirabelli avesse un rapporto “padre-figlia” con la vittima». Costanzo prosegue: «Riprendere la vita come se non fosse successo nulla è frequente nei casi in cui avviene un cortocircuito», la dottoressa cita un episodio legato al passato di Mirabelli che rafforzerebbe la sua teoria. «Ha lavorato come caregiver assistendo una persona malata di tumore, quando quest’ultima è morta Tiziana Mirabelli ha tentato il suicidio. Ha rivolto l’aggressività contro sé stessa. Sente di avere capacità superiori a quelle che ha un essere umano, un aspetto collegato alla sua emotività che ogni tanto non tiene sotto controllo». Questa condizione sarebbe stata aggravata «dal controllo esercitato su di lei da Gioffrè che aveva installato delle telecamere, provocando uno stato di paranoia nella donna». In buona sostanza, per i consulenti, la causa «del discontrollo» sarebbe da collegare ad una «angoscia persecutoria di tipo latente che esplode quando la donna si sente sollecitata».
La presidente della Corte d’Assise di Cosenza, Paola Lucente, rivolge ai testimoni una domanda riferita alla veridicità delle confessioni rese da Mirabelli subito dopo essersi costituita. Risponde Simonetta Costanzo. «Il test descrittivo effettuato sulla donna contiene una scala di controllo che riguarda l’atteggiamento autentico, questa scala risulta nella norma». L’imputata «non ha bisogno di ricostruire in maniera anomala e falsificante» e aggiunge: «escludiamo rapporti sessuali intercorsi con Gioffrè, perché orientata ad una identità di genere virile». Sul punto, Paolo De Pasquali precisa: «si tratta di una circostanza che non si può escludere, ma dai test emerge anche un orientamento omosessuale. Ribadisco l’esistenza – a mio avviso – di un rapporto paterno, il sesso può rientrare o meno nel loro rapporto ma incide poco». Circostanze quelle emerse oggi in aula che saranno meglio chiarite da Tiziana Mirabelli: nella prossima udienza si sottoporrà all’esame rispondendo alle domande delle parti. (f.benincasa@corrierecal.it)
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