A Lamezia Terme e Rende, la macchina elettorale è avviata (ndr il rinnovo interessa altri comuni della Calabria) e, nell’attesa di conoscere cosa ci aspetta, trattative e scontri corrono veloci in un clima denso di veleni e sospetti, che non tornerà utile a urne chiuse, quando bisognerà tessere la trama del destino di comuni in cui del domani non v’è stata certezza. Sciolti per mafia, segnati dall’incuria e dagli scandali (veri o presunti) che hanno minato la credibilità di esponenti politici, disposti ancora oggi ad alleanze “eccentriche” per rimanere in carica. Sarebbe opportuno quindi non limitarsi al gioco degli opposti e mettere al centro del confronto politico, a poco più di due settimane dal voto, come costruire un solido capitale sociale di fiducia perché i giovani calabresi possano ritornare a casa, a Lamezia, Rende, a Paola, Cetraro e Cassano e costruire famiglie e figli. Perché le passività di sindaci e la loro (irritante), cieca presunzione non siano più un alibi, se come dice Svimez, il «gelo demografico» porterà, in poco più di un ventennio, alla perdita di 368.000 abitanti: «l’equivalente della popolazione di Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza». Sarebbe interessante infatti capire come a Lamezia Teme, i candidati a sindaco immaginano di incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile a Sant’Eufemia, nell’area aeroportuale, tra le peggiori per qualità della vita, popolata dalla comunità più numerosa e silenziosa di cinesi del Sud Italia dove gli asiatici ufficialmente residenti sono circa 600, ma basta guardarsi attorno per accorgersi che sono più di un migliaio e si riproducono nel modo più cinese possibile. Ma non è la sola area urbana ad essere invivibile, c’è la bidonville rom proprio nel cuore della città, degradata e fuori controllo, prodiga di annunci e fallimenti, che aspetta ancora un cambio di paradigma. Nel rodeo social elettorale lametino, nella speranza di avere la meglio sull’avversario, ci si affanna a litigare sulla sanità per lusingare le passioni collettive e distogliere l’attenzione dalla lunga lista di emergenze, da un lungomare in agonia all’altro abbandonato a se stesso, dalla seconda area industriale del mezzogiorno scollegata dalla città e dal tessuto urbano, da un centro storico occupato solo dalla movida notturna, a iconici luoghi di cultura sigillati e non fruibili, dall’eterna promessa delle Terme rimaste sempre ed ancora solo nel nome, al rapporto ‘distruttivo’ con i comuni dell’hinterland, sino ai tre centri urbani mai realmente divenuti città. Ma anche qui è bene parlare solo quando si abbia qualcosa da dire che valga più del silenzio. Tanto più che c’è un ‘partito’ di potenziali astenuti, che nelle previsioni resta il più rappresentativo se non il maggioritario. Prendiamolo sul serio. (p.militano@corrierecal.it)
*Direttore del Corriere della Calabria
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