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Catanzaro, il “ritorno” di Iemmello al momento giusto. Cosenza, il tempo sospeso e la sfiducia

Per le Aquile secondo anno di fila in semifinale grazie al capitano e Pigliacelli. La città aspetta un segnale dopo la nota di Guarascio. Le ipotesi da bar e la verità

Pubblicato il: 19/05/2025 – 7:09
di Francesco Veltri
Catanzaro, il “ritorno” di Iemmello al momento giusto. Cosenza, il tempo sospeso e la sfiducia

Mentre il Cosenza continua a vivere nell’incertezza anche a campionato (con retrocessione) concluso, il Catanzaro non smette di sognare. La vittoria contro il Cesena nella prima gara playoff con conseguente approdo alla semifinale, parla di una squadra in ripresa dopo mesi di appannamento. E intanto in serie B scoppia un inatteso terremoto con il caso Brescia, a rischio -4 in classifica (proprio come il Cosenza) e retrocessione per irregolarità nei pagamenti. Il playout tra Salernitana e Frosinone è stato momentaneamente annullato dalla Lega B in attesa della sentenza definitiva.

Catanzaro, il ritorno di Iemmello al momento giusto

Un traguardo che, da solo, basterebbe a raccontare il percorso virtuoso del club giallorosso, guidato con passione e visione da Floriano Noto, imprenditore calabrese che ha fatto della sua squadra del cuore una missione. Noto non ha mai fatto mancare il proprio supporto, mettendo sempre al centro il progetto e la crescita.
Che in panchina sieda Vincenzo Vivarini o Fabio Caserta, poco cambia. Così come non sposta gli equilibri la presenza di Magalini prima e Polito ora nella stanza dei bottoni: l’Us Catanzaro resta una macchina ben oliata, fondata su principi solidi e una programmazione seria. Una realtà che continua a far sognare e orgogliosamente battere il cuore del “Ceravolo”.
La vittoria, tutt’altro che scontata, contro il temibile Cesena ha evidenziato la maturazione della squadra. Dopo una fase finale di campionato costellata da ombre, il Catanzaro ha ritrovato brillantezza, compattezza e un’identità più solida. In particolare, la fase difensiva è apparsa in netta crescita, lasciando ben sperare in vista della doppia sfida di semifinale contro lo Spezia (andata mercoledì).
Ora resta da capire se questo Catanzaro sia davvero più maturo e resistente di quello dello scorso anno, se sia pronto per il grande salto. Ma al di là di come finirà, c’è solo da applaudire una società che, a differenza di altre realtà calabresi come quella cosentina, dimostra rispetto per la categoria, per il progetto e soprattutto per i suoi tifosi.

Crema: lo avevamo scritto nell’amarezza della settimana scorsa e ci abbiamo preso: Pietro Iemmello, nel momento decisivo, sarebbe tornato. Dopo un periodo in ombra, il capitano ha risposto presente, trascinando la squadra come solo lui sa fare. Una prestazione da leader, coronata da un gol dal sapore antico che ha regalato il passaggio del turno. Quelle lacrime trattenute a fine gara raccontano tutto: questa squadra gli appartiene. E se Catanzaro può continuare a sognare, molto passa dai suoi piedi. Al fianco di Iemmello, merita una menzione speciale anche Mirko Pigliacelli. Il portiere, già protagonista contro il Sassuolo, sabato si è superato nuovamente: il rigore parato sullo 0-0 ha spento sul nascere l’entusiasmo del Cesena, indirizzando la partita nel segno delle Aquile.
Amarezza: due le note leggermente meno liete. La prima: il mancato sold-out al “Ceravolo” per una partita di tale importanza. Un peccato, che però potrebbe rivelarsi solo un episodio isolato. Mercoledì, nella semifinale d’andata, l’impianto catanzarese promette di essere una bolgia. La seconda riguarda i cartellini gialli, forse eccessivamente facili: Bonini, Iemmello e Ilie finiscono in diffida e rischiano grosso per il prosieguo del cammino. Un dettaglio che potrebbe pesare, ma che non deve distrarre da una prestazione collettiva di alto livello.

La curva del Catanzaro nella partita tra le Aquile e il Cesena

Cosenza, il tempo sospeso e la sfiducia

Il sorprendente comunicato stampa di Eugenio Guarascio, diramato qualche giorno fa, è stato vivisezionato in ogni sillaba da addetti ai lavori e tifosi, che – con buone ragioni – vi hanno intravisto di tutto: ipocrisia, illusione, mancanza di rispetto, furbizia, una netta distanza dalla realtà che circonda il diretto interessato, liberazione, speranza e sfiducia per quelle «situazioni concrete in essere ed una, in particolare» che «potrebbe arrivare alla definizione a brevissimo». Tutto questo mentre lo stesso club cerca una sede per il ritiro pre-campionato.
Non aggiungeremo molto a quanto già abbondantemente analizzato. Ci limitiamo a sottolineare come il lungo testo del patron – ce lo concederà – abbia raggiunto a tratti vette di involontaria comicità: quel «qualcosa non ha funzionato» suona più come una battuta da cinepanettone d’altri tempi, che come una malinconica presa di coscienza.
Il comunicato, diciamolo chiaramente, oltre ad essere l’ennesimo maldestro tentativo di guadagnare un tempo che ormai è ampiamente scaduto, è sembrato mirare soprattutto a evitare il confronto con la stampa e, di riflesso, con la passione di una tifoseria che Guarascio ha progressivamente anestetizzato durante l’ultima stagione, con scelte, atteggiamenti e silenzi al limite dell’assurdo.
Da mercoledì scorso, sulla città è calato un silenzio denso, come di attesa: una calma apparente capace persino di sorvolare sugli autoelogi surreali dell’imprenditore nato a Parenti ma lametino d’adozione, pur di aggrapparsi alla speranza di una svolta.
E la domanda, in fondo, è una sola: chi è il folle (o i folli) pronto ad acquisire un club silano sull’orlo del collasso economico e per di più invischiato in una categoria che, paracadute a parte – poco più di un milione di euro – garantisce ben pochi introiti?
Nei peggiori e nei migliori bar della città, la fantasia si sta intrecciando a notizie di prima, seconda e terza mano: tornano a circolare figure vicine alla patron (perché Guarascio non potrebbe permettersi di vendere vista la situazione societaria disastrosa) e fondi esteri, vecchi e nuovi, spesso manovrati dai soliti noti che sussurrano e poi si eclissano, talvolta col contorno della politica locale e regionale.
Ma comunque stiano andando le cose, è tempo che alla città – tradita senza preavviso dalla proprietà attuale – venga finalmente garantita una certezza e, soprattutto, venga raccontata la verità. Il Cosenza calcio deve continuare a vivere. E deve farlo bene. Non più barcollante come un ubriaco senza meta, non più costretto a morire e rinascere ciclicamente, ma pronto a intraprendere un percorso nuovo, limpido, rispettoso della sua gente. Cosa che negli ultimi quattordici anni, semplicemente, non è mai accaduta.

Crema: il caos Brescia ha subito fatto drizzare le antenne anche a Cosenza, dove il nome di Eugenio Guarascio risuona come un talismano nei momenti più impensabili. L’ultima? Il pensiero che, tra ricorsi, carte bollate e colpi di scena, si possa addirittura congelare il fondo classifica. Un bel blocco delle retrocessioni e via, tutti salvi. Compresi i Lupi. In città, per ora, si scherza. Ma si sa, a Cosenza, quando si sogna la salvezza per vie traverse, spesso si passa dal sorriso all’applauso nel giro di pochi attimi. Un’ipotesi surreale? Certamente. E allora è meglio concentrarsi unicamente sull’iscrizione al prossimo torneo di C, che non appare ancora così scontata. Scadenza: 6 giugno.
Amarezza: dopo i razzi pirotecnici lanciati all’interno del San Vito-Marulla, che hanno interrotto per ben due volte Cosenza-Cesena, numerosi Daspo si stanno abbattendo sui tifosi rossoblù. Il loro è stato un gesto disperato, pericoloso certo, ma anche carico di amore viscerale verso una squadra cui è stata strappata l’identità, violentata oltre ogni limite. Se il Cosenza non fosse stato demolito con tanta precisione e costanza in questa stagione, quei fuochi sarebbero stati di festa. E sarebbero rimasti in cielo. (f.veltri@corrierecal.it)

La partita tra il Cosenza e il Cesena sospesa per qualche minuto dopo i razzi pirotecnici piovuti nel “Marulla”

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