Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 7:24
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 8 minuti
Cambia colore:
 

il contributo

Per un pugno di Shekel

“Souk – al – Zawiya” è stato per decenni il più importante Mercato generale ortofrutticolo di Gaza City. A causa dei continui bombardamenti israeliani però è oggi rimasto in piedi solo l’80% di esso…

Pubblicato il: 02/06/2025 – 8:44
di Antonello Commisso
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Per un pugno di Shekel

“Souk – al – Zawiya” è stato per decenni il più importante Mercato generale ortofrutticolo di Gaza City. A causa dei continui bombardamenti israeliani però è oggi rimasto in piedi solo l’80% di esso. Purtroppo, la sua capacità di esposizione e distribuzione di derrate agricole aveva già subito enormi difficoltà a causa delle restrizioni nelle importazioni, delle interruzioni di energia, della limitata disponibilità d’acqua e degli effetti nel conflitto, limitandone quasi totalmente l’operatività. Nonostante ciò, eroici, o sconsiderati contadini percorrevano in bicicletta (o, più raramente in motorino, per la quasi totale assenza di carburante), parecchi chilometri per portare la loro scarsa mercanzia fatta di patate, cicoria, rape, broccoli, fagioli secchi, fave e via dicendo, da vendere a caro prezzo a chi ancora poteva permettersela. In uno dei reparti semi diroccati del Mercato, precisamente fra quelli destinati alla vendita di grandi quantità di merce ai grossisti, in cui si trovavano ancora intatte un paio di bilance a pedana, destinate a pesare decine o quintali di frutta, verdure (e molto più raramente carni o pescato), aveva luogo una scena decisamente surreale. In un angolo dello stanzone dal tetto sfondato, si trovava, distante dalle finestre, un tavolo scrostato, intorno al quale erano seduti su tre sedie sgangherate altrettanti “Smalim” ossia sergenti professionisti dell’Esercito Israeliano, chiamato in ebraico “”Tzva HAHagana Le Ysra’el”. Essi erano due uomini e una donna, vestiti in uniforme e armati con pistole “IWI Gericho 941” e dotati di fucili d’assalto “Iwi Tavor TAR-21”. I loro nomi erano: Ariel Shalev, detto “Lama” a causa di una grande cicatrice da coltello sulla guancia sinistra; Ori Levi, soprannominato “Orso”, data la sua notevole stazza e proverbiale lentezza e infine Liat Avital, da tutti chiamata “Granata”, considerata la sua familiarità con questo tipo di ordigni. Ma ciò che rendeva surreale il tutto non erano i tre “Smalim”, bensì cinque adolescenti dall’età variabile fra i 15 e 18 anni, estremamente magri e denutriti, dai vestiti laceri e rattoppati, i quali erano addossati al muro dirimpetto al tavolo e con la schiena appoggiata ad esso. “Tu – disse all’improvviso Liat Avital, rivolgendosi a quello che sembrava essere il più giovane fra i cinque -, come ti chiami e chi sono i tuoi genitori?”. “Ahmed Mansour e sono un orfano palestinese. I miei sono morti in seguito ai vostri schifosi bombardamenti, così come lo sono gli altri quattro miei “asdiqaa” (compagni)”. Rispose con orgoglio ed in modo manifestamente provocatorio e risentito il ragazzino. La sergente sembrò non farci caso e con voce fattasi marziale ordinò seccamente:”Staccati dal muro e sali sulla bilancia a pedana al centro della stanza! Subito!” Ahmed, senza ribattere in alcun modo, fece quanto gli era stato ordinato e appena eseguito l’ordine, un fremito palese ed elettrico sembrò scorrere fra i tre sottufficiali. Dato che a dare l’ordine era stata Liat Avital, fu lei la prima a parlare: “400 shekel (la moneta ufficiale di Israele) che non supera i 41 chili! D’accordo?” E dicendo ciò depose sul piano del tavolo 4 banconote da 100, seguita a ruota dagli altri due, manifestamente scettici ed avidamente interessati ad incassare la posta in gioco. Purtroppo per la sergente, la bilancia sentenziò 42,4 Kg., con palese soddisfazione dei due colleghi, che si spartirono equamente il denaro di “Granata”. Quest’ultima, stando ai patti iniziali fra i tre sottufficiali, aveva però modo di rifarsi a sua scelta sul giovane palestinese. Così Liat, trasse dal fodero che portava alla cintura il suo coltello “Viper Maga”, si avvicinò al ragazzo e senza dire una parola gli tagliò di scatto l’ orecchio sinistro. “Così la prossima volta imparerai a farmi vincere, stronzo!”. Disse la donne, tappando la bocca di Ahmed che urlava dal dolore con un grosso cerotto e, affinché non lo togliesse, legandogli con un laccio le mani dietro la schiena e restando indifferente ai copiosi fiotti di sangue che colavano sulla spalla del ragazzo. “Sei una vera pippa, “Granata” – disse con sarcasmo Ariel Shalev, il più cazzuto fra i tre!- Non solo punti una miseria, ma ti rifai sul tuo disgraziato palestinese con la gentilezza di una missionaria ortodossa. Ora facciamo sul serio!”. E così dicendo gettò sul tavolo una mazzetta da 1000 Shekel, seguito, con manifesto timore di perderli, dagli altri due militari. “Voi due piccoli cessi arabi – disse con tono imperioso a quelli che sembravano i più grandi fra i quattro -, non mi interessa un “kursah” (cazzo) dei vostri nomi! Salite anche voi sulla bilancia e se il peso totale è superiore agli 90 chili e mi farete perdere, non vorrei trovarmi al vostro posto!”. Purtroppo per Omar Hassan e Khalid Said, i due sfortunati ragazzi, la bilancia riportò 91,1 Kg. totali, decretando la perdita di “Lama” e facendo incassare con estrema soddisfazione 500 Shekel a testa agli altri due sergenti. La reazione di Ariel Shalev fu furibonda come ci si poteva aspettare da uno come lui: in un attimo estrasse dalla fondina la sua “IWI Gericho 941” e sparò in testa di seguito ai due giovanissimi palestinesi. Frammenti d’osso, sangue e grumi di materia cerebrale inondarono la divisa del sottufficiale ma questi, quasi con nonchalance, strappò un ampio lembo della già lurida camicia di Omar Hassan e con esso si pulì alla meglio l’uniforme. Evidentemente la sconfitta e la conseguente perdita dei 1000 Shekel lo aveva fatto incazzare di brutto; del resto come al solito. Oramai non restavano che due laceri, alti e magrissimi giovani palestinesi tremanti e schiacciati con la schiena sulla parete del muro, quasi a volerlo sfondare e fuggire via. Ma la realtà era ben diversa: le ultime due pedine di quel sadico gioco furono spinti a forza dal sergente maggiore Ori Levi sulla bilancia, e lo stesso, tornato dai colleghi, buttò sul tavolo 1750 Shekel, praticamente la paga di due settimane di lavoro, e sussurrò a voce lieve come in un sibilo serpentino: “95 chili. Prendere o lasciare”. Naturalmente a quel punto nessuno si tirò indietro e tutti deposero sul piano del tavolo la propria quota, attendendo frementi il responso della bilancia. “Siii!!!” Urlò a squarciagola Ori vedendo la lancetta della bilancia: “94,2 KG.! Pagate tutti, stronzi! E vedete che fa bene alla salute degli arabi di Gaza mangiare solo bucce di fichidindia lessi!” E detto questo, estrasse anch’egli dal fodero nella cintura il suo ricercato coltello “K-Bar” e, come se niente fosse, in un unico ampio arco compiuto col corpo, quasi da ballerino, squarciò praticamente in simultanea la gola sia a Rami che al fratello Tariq Safadi. Fine dei testimoni, seppure la loro parola valesse qualcosa. Anzi, a ben vedere uno era rimasto: Ahmed Mansour, “graziato” con il taglio solo di un orecchio dalla sergente Liat Avital, che a quel punto si sentì in dovere di allinearsi ai colleghi e completare l’opera. Così afferrò il suo fucile d’assalto “Iwi Tavor TAR-21”, e recatosi verso il ragazzino palestinese piangente, tremante e rannicchiato in posizione fetale, lo freddò senza pentimenti con due brevi raffiche ben indirizzate. “Brava sergente! – esclamò “Lama” – Non ti facevo così determinata. Complimenti! Ma ora che è finito il gioco con i piccoli, sarebbe il caso di iniziare quello di noi grandi con lo stesso sistema. Siete d’accordo?”. Naturalmente tutti annuirono alla proposta di Ariel Shalev, chi con la prospettiva di rifarsi e chi di guadagnare ancora. Dopo un breve scambio di opinioni decisero che il primo a pesarsi fosse Ori Levi, “Orso”, decisamente il più pesante fra i tre. Stavolta la posta si alzò vertiginosamente, fino ad arrivare a 2,500 Shekel a testa. Se Ori Levi avesse pesato più di 130 chili, avrebbe incassato tutto, se invece la bilancia avesse indicato una cifra inferiore avrebbero vinto gli altri. Esattamente come prima, ma cameratescamente, senza spargimenti di sangue innocente. “Orso”, certo che la lancetta avrebbe segnato non meno di un quintale e 35 chili, si avviò deciso e fra sè sogghignante verso la pesatrice. Salito sulla pedana, rapidamente l’ago cominciò a salire vertiginosamente: 30 Kg., 70 Kg., 100 Kg., 120 kg. All’improvviso, da centinaia di metri di distanza dal “Souk – al – Zawiya” si udì una terrificante esplosione, che i passanti immaginarono fossero gli effetti di una delle solite bombe giganti di produzione americana, lasciata cadere da un aereo israeliano sui resti del Mercato generale. Ma non era così. I militari dell’Unità “Yahalom” (“Diamante”), l’Unità ebraica specializzata nella gestione e bonifica di esplosivi e missioni di sabotaggio, probabilmente emuli di fantasiosi film statunitensi, avevano ideato una trappola micidiale al fine di compiere una memorabile strage al Mercato generale. Essi avevano infatti collocato sotto la base di una bilancia a pedana per grandi carichi, una potente mina esplosiva anticarro “M15”, anch’essa proveniente dagli States, il cui innesco sarebbe avvenuto con oltre 125 kg. di peso collocati sulla stessa, con l’obiettivo di operare una moria generale nel raggio di 15 metri su chiunque avesse poggiato sacchi di farina, mais, miglio, o qualunque altro prodotto da mercato ortofrutticolo sulla pedana. Ma purtroppo per “Orso”, il suo notevole peso superava di gran lunga quello per cui l’ordigno era stato tarato per esplodere, producendo così un boato mortale che sbriciolò letteralmente sia lui che gli altri due sergenti, nonché facendo crollare sia la stanza in cui essi si trovavano, che un’altra buona parte del già malridotto edificio. Con buona pace dei tre sergenti in divisa e, purtroppo, anche dei miseri resti dei cinque giovani palestinesi: Ahmed Mansour, Omar Hassan, Khalid Said, Rami e Tariq Safadi, assassinati “per gioco” con crudeltà e sangue freddo da spietati aguzzini per un pugno di Shekel.

Argomenti
Categorie collegate

x

x