Un po’ di Calabria nella Cremonese neopromossa in A: chi è Gianni Saffioti
Il preparatore atletico è originario di Palmi, in provincia di Reggio. Una carriera spesa tra Nord e Sud, fino all’apoteosi a Cremona

PALMI Nella sua carriera ha girato praticamente tutta l’Italia, da Nord a Sud, portando sempre la sua terra, la Calabria, nel cuore. Pochi giorni fa, il coronamento di un percorso fatto di tanto studio e sacrificio, ma soprattutto di passione: la promozione in Serie A con la Cremonese. È la storia di Giovanni Saffioti, originario di Palmi, in provincia di Reggio, uno dei preparatori atletici nello staff dei grigiorossi, che hanno raggiunto la massima serie espugnando per 3-2 il campo dello Spezia nella finale playoff di Serie B. Un’emozione indescrivibile, come rivela lo stesso Saffioti in un’intervista al Corriere della Calabria.
La passione per il calcio, gli studi e una carriera lunga 30 anni
Saffioti ha sempre avuto un legame col mondo del calcio, sin da bambino, quando sognava di diventare un calciatore professionista. Poi, però, la vita gli ha fatto prendere un binario diverso, ma sempre collegato alla sua passione: «Come tanti ragazzi volevo giocare a calcio. Poi, sapendo di non poter diventare un calciatore importante, di livello, ho dirottato il mio interesse verso la preparazione fisica dei calciatori». Da qui inizia il suo percorso di formazione e la sua scalata: «Ho studiato all’Isef di Genova, poi mi sono laureato in Scienze Motorie e ho iniziato a specializzarmi nel settore della preparazione fisica. Per questo – aggiunge – ho voluto conseguire l’attestato di preparatore atletico professionista dopo un corso a Coverciano (centro tecnico della FIGC ndr) e da lì è partita la mia lunga carriera, che adesso si avvicina ai 30 anni».
L’apoteosi a Cremona, col brivido finale
Un’esperienza trentennale durante la quale ha calcato campi importanti, di società storiche, da Nord a Sud: Reggina, Salernitana, Vibonese, Messina, Vicenza e Albinoleffe, fino alla Cremonese. Proprio nel club grigiorosso, pochi giorni fa, si è raggiunta l’apoteosi, col ritorno in Serie A grazie alla vittoria ai playoff contro lo Spezia. Un successo che per Saffioti, da due anni nello staff della Cremonese, non è arrivato per caso: «Non ho parole per descrivere le emozioni che ho vissuto. È la ciliegina sulla torta dopo un percorso straordinario. Abbiamo fatto un’impresa vincendo contro una squadra molto tosta, che aveva due risultati su tre a disposizione. Forse il fatto di essere obbligati a vincere ci ha spinto a dare il massimo. Raccogliamo i frutti di un lavoro intenso». Un momento di gioia che, però, stava per trasformarsi in un incubo: «Già l’anno scorso avevamo sfiorato la massima serie perdendo contro il Venezia, ho rivissuto quei fantasmi e mi sono veramente spaventato a La Spezia, perché vincevamo 3-0 ma dopo i due gol dei liguri temevo che potessero pareggiare. Un’altra rete ci avrebbe eliminato, ma abbiamo retto fino alla fine e anche in questo abbiamo dimostrato grande maturità».
Il preparatore atletico, un ruolo cambiato con l’evolversi del calcio
Una squadra di calcio che funziona non è solo quella con ottimi giocatori e un buon allenatore, ma anche quella in cui lavorano bene i componenti che agiscono “nell’ombra”: dai magazzinieri agli chef, fino ovviamente ai preparatori, oggi più che mai necessari considerando come si è evoluto questo sport. Un’evoluzione che ha avuto degli evidenti risvolti sulla professione di Saffioti: «Mi definisco un preparatore atletico tradizionale che si è saputo adattare al cambiamento dei tempi. Oggi – sottolinea – la preparazione fisica è molto più specifica, molto più indirizzata rispetto a un tempo: ci sono software e vari strumenti che ti consentono di personalizzare il più possibile la proposta di lavoro, in base alle caratteristiche e alle esigenze dei calciatori. Il calcio è diventato soprattutto fisico, quindi l’individualizzazione, per quanto si di tratti di gioco di squadra, è fondamentale. Senza considerare che ci sono molte partite ravvicinate e non è facile far arrivare i calciatori nelle migliori condizioni. Questo – spiega – è uno dei motivi per cui in un club ormai non c’è più solo un preparatore: noi ad esempio quest’anno eravamo in quattro, per assicurarci che il lavoro venisse fatto nella maniera più efficiente possibile».
Palmi e la Calabria sempre nel cuore, con un messaggio per i giovani
Nonostante il suo girare per l’Italia, Saffioti dedica costantemente anima e cuore a Palmi e alla Calabria: «Sono legatissimo alla mia terra, alle mie radici, in quanto palmese doc, tant’è vero che appena posso torno a casa. Fino a poco tempo fa insegnavo a Gioia Tauro e dal prossimo anno sarò al Liceo Scientifico di Palmi, perché voglio mettermi a disposizione della comunità. Soprattutto – evidenzia – per mandare ai ragazzi questo messaggio: nella vita tutto si può ottenere, i sogni vanno cullati e facendo sacrifici si possono realizzare. Viviamo in una terra difficile, ma meravigliosa – aggiunge – e io credo che ogni ragazzo debba avere la stessa possibilità di un coetaneo che vive a Milano o a Bologna, ma dipende tutto da noi: siamo noi infatti che dobbiamo dare quel qualcosa in più, che abbiamo quel fuoco dentro che ci consente di raggiungere gli obiettivi se vogliamo. Quindi dico ai giovani: coltivate i vostri sogni».
Il pensiero sulle squadre calabresi e un sogno nel cassetto: «Tornare alla Reggina»
Parlando di sogni, molti di questi, a livello sportivo, si sono infranti per i tifosi delle squadre calabresi. Infatti, parte il Catanzaro, arrivato ai playoff di Serie B in questa stagione, tra Cosenza (retrocesso in C), Crotone (in C) Reggina e Vibonese (Serie D), il calcio calabrese negli ultimi anni è in pieno declino. Una situazione che amareggia Saffioti, che ha vissuto praticamente una vita professionale tra Vibo e Reggio: «Rispecchia la realtà economica e sociale della nostra Regione – dice –, viviamo delle difficoltà che vengono trasferite nello sport. L’esempio lampante è quello della Reggina: ho lavorato in riva allo Stretto per 18 anni, mi sono formato come uomo e come preparatore, quindi mi dispiace vederla così, vorrei davvero che tornasse ai fasti di un tempo». Un desiderio che coincide con un altro sogno nel cassetto che Saffioti custodisce gelosamente: «Vorrei tanto tornare alla Reggina e dare il mio contributo come feci in passato, sarebbe un sogno contribuire alla crescita della mia terra. Io – conclude – non andrò mai realmente via da qui e spero che in futuro anche i nostri ragazzi la possano pensare come me».
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