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la riflessione

L’astensionismo e la disfunzione della democrazia

di Francesco Bevilacqua*

Pubblicato il: 10/06/2025 – 10:59
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L’astensionismo e la disfunzione della democrazia

La debacle degli ultimi referendum riporta in auge la riflessione sull’astensionismo. Quando i costituenti imposero il quorum per i referendum abrogativi, come sostiene Sabino Cassese, lo fecero a ragion veduta: leggi votate dal Parlamento eletto dal popolo abbisognano di maggioranze nette e chiare per essere cancellate dal popolo stesso direttamente. Quindi non è con il quorum che dobbiamo prendercela. E nemmeno possiamo tacciare di qualunquismo o di irresponsabilità chi non va a votare: faremmo torto a quasi l’80% degli italiani. Né possiamo additare chi ha fatto campagna per l’astensione: ricordiamo che, a seconda della convenienza, l’hanno fatto tutti. Perché è una possibilità prevista dalla Costituzione, per quanto astenersi è pur sempre un lavarsene le mani, un rinunciare a un diritto. Ma quando l’esercizio di un diritto non porta ad alcun risultato, allora, è comprensibile che qualcuno si astenga. Quindi niente moralismi.

Penso invece che così tanta gente non vada più a votare non proprio perché, come dicono in molti, non ha fiducia nella politica. Lo fa, piuttosto, perché non ha più fiducia nella democrazia, ossia in quella forma di organizzazione della società che ha il suo fulcro nella possibilità che col voto si possano realmente cambiare le cose. E nella produzione di questa sfiducia la responsabilità maggiore è della sinistra. A partire da quando essa inaugurò il suo nuovo corso – in Italia, per intenderci, da Prodi in avanti – che avrebbe dovuto garantire cambiamenti e non l’ha fatto.

Cambiamenti rispetto a cosa? Rispetto all’onda lunga del pensiero unico neo-liberista dell’epoca Thatcher-Regan, passato, in Italia, dall’edonismo berlusconiano sino alla presa del potere da parte dei post-fascisti. Ed invece, la sinistra è divenuta il cane da guardia più feroce di quello che Luciano Gallino definiva “finanz-capitalismo” e che Shoshana Zuboff chiama, con una visione ancor più attuale, “il capitalismo della sorveglianza”.

Questo tradimento della sinistra, questa sua abiura dei valori fondanti della socialdemocrazia, ha fatto credere alla gente che votarla per combattere le disuguaglianze sia inutile. La sinistra ha finito così per incarnare nell’immaginario collettivo (e anche nella realtà) una brutta copia, ipocrita e supponente, della destra. Il lungo periodo di potere che attende la destra dovrà servire alla sinistra per proporsi come alternativa vera e credibile non alla destra ma ad un intero sistema. La sconfitta è sempre una grande opportunità, perché ti mette nelle condizioni di capire i tuoi errori e correggere il tiro. Ma, francamente, non credo che la sinistra imparerà la lezione. Non per un bel po’ di anni. Non con l’attuale classe dirigente.

*Avvocato e scrittore

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