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Screening mammografico precluso a oltre 2 milioni di donne

In Italia esistono profonde disuguaglianze nella prevenzione del tumore del seno

Pubblicato il: 11/06/2025 – 14:48
Screening mammografico precluso a oltre 2 milioni di donne

ROMA In Italia esistono ancora profonde disuguaglianze nella prevenzione secondaria del tumore del seno. Attualmente, in alcune Regioni, il programma di screening inizia a 45 anni, in altre solo dai 50; in alcune arriva fino ai 69 anni, in altre si estende fino ai 74. Differenze che creano un”ingiustizia strutturale’ nel sistema sanitario, influenzando direttamente le possibilità di individuare precocemente il carcinoma più frequente in Italia. La prevenzione della malattia è, infatti, preclusa a oltre due milioni di donne nel nostro Paese. Parte quindi la nuova campagna di Europa Donna Italia per sensibilizzare opinione pubblica e istituzioni sulla disomogeneità dell’età di accesso allo screening mammografico. Si chiama ‘La Fortuna Costa (La Sfortuna Di Piu’)’ e chiede che il diritto alla prevenzione sia uguale per tutte, indipendentemente da dove si vive. In Italia oggi ci sono cittadine ‘fortunate’ perché risiedono nelle poche Regioni – appena 6, su 20 – che hanno adottato la piena estensione della fascia di età dello screening dai 45 ai 74 anni, e cittadine ‘sfortunate’ perché abitano in Regioni in cui tale estensione è solo parzialmente attiva, o non lo è del tutto. “La possibilità di prevenire un carcinoma mammario però non può dipendere dalla fortuna – commenta Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia – sono disparità che non possiamo accettare perché disattendono le Linee guida europee, che fin dal 2017 chiedono di ampliare la fascia di età dello screening mammografico dai 45 ai 74 anni. Inoltre – continua – creano differenze reali tra le cittadine circa le possibilità di salute e anche di salvezza dal tumore al seno. Ci uniamo cosi’ alla voce del presidente Mattarella, nel ricordare che la copertura universale e l’accesso uniforme alle prestazioni sull’intero territorio della Repubblica sono obiettivi irrinunciabili del nostro Servizio Sanitario e i divari regionali nella sanità devono essere superati al piu’ presto”. 
Paola Mantellini, direttrice dell’Osservatorio Nazionale Screening, evidenzia: “Con oltre 53.600 nuove diagnosi registrate nel 2024, in Italia il tumore al seno si conferma il piu’ frequentemente diagnosticato tra le donne e, purtroppo, anche il piu’ frequente per mortalita’. Se viene intercettato agli esordi pero’ tutto cambia: si puo’ curare con terapie meno invasive e piu’ efficaci, interventi chirurgici piu’ conservativi e una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi che nel nostro Paese supera ormai il 90%. Per questo lo screening puo’ essere un salvavita, e l’estensione della sua fascia di eta’, come anche documentato dalle Linee guida Europee e Italiane, e’ cruciale per garantire maggiore quantita’ e qualita’ di vita. Per questo motivo e’ importante, inoltre, dare una formalizzazione a questa proposta introducendo l’ampliamento nei Livelli Essenziali di Assistenza, facilitando quindi l’allargamento anche nelle Regioni in cui vigono i piani di rientro”. Silvia Deandrea, presidente della Federazione delle Associazioni degli Screening Oncologici e del Gruppo Italiano Screening Mammografico, aggiunge: “Il programma di screening mammografico organizzato chiama periodicamente le donne a effettuare una mammografia, garantendo che l’esame venga eseguito in modo totalmente gratuito, secondo parametri certificati di qualita’ ed efficacia. Le immagini radiologiche sono interpretate ‘in doppio cieco’ da due radiologi indipendenti per massimizzare l’accuratezza diagnostica e i centri in cui viene svolto lo screening sono direttamente collegati alle Breast Unit, strutture multidisciplinari specializzate che assicurano una presa in carico tempestiva e completa in caso di diagnosi”. D’Antona conclude: “Ampliare la fascia di eta’ in cui lo screening viene garantito rappresenta certamente un costo per il Servizio Sanitario Nazionale ma non farlo sarebbe un clamoroso autogol. A pagarne le conseguenze sarebbero in primo luogo le donne, private della possibilita’ di intercettare per tempo una malattia che, se diagnosticata precocemente, puo’ essere curata. Ma a perdere e’ anche l’intera collettivita’: investire nella prevenzione significa infatti evitare i costi, ben piu’ alti, che si sosterrebbero a curare tumori scoperti in fase avanzata a causa di diagnosi tardive. Ci teniamo a sottolineare che quando parliamo di costi, non ci riferiamo solo a quelli economici, ma anche a quelli sociali, lavorativi, psicologici e, non ultimi, affettivi: quando una donna si ammala, tutto il sistema di relazioni e affetti intorno a lei ne e’ colpito”.

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