La Calabria e quel timore a definirsi come valore primario
Insomma forza Calabria, secondi a nessuno. Aspettiamo il Cirò Wine festival da organizzare a Merano. E magari qualcuno da lassù si lamenterà. Beviamoci su

Per anni ho avuto, nella cucina della casa dove sono nata, un cestello con sei bottiglie di Cirò. Saranno state degli anni Settanta, gli anni in cui mio padre girava tutte le regioni del Sud per vendere mobili e quasi sempre tornava a casa il fine settimana con una specialità del posto. Da Catania portava le pecorelle di zucchero, dalla Calabria quasi sempre bottiglie di Cirò e, per fortuna, “pacchetti vacanza” a casa dei suoi rappresentanti di Reggio Calabria. Nel mio ristretto lessico infantile quel “Cirò” era una variante con l’accento del tipico nome napoletano, Ciro. I due nomi, tra l’altro, non hanno neppure la stessa etimologia, ma finché non ho scoperto la Calabria, ho avuto la falsa convinzione che la regione e i suoi abitanti fossero solo una variante, un rimodellamento di altro, senza una forza autonoma di accreditamento e di riconoscibilità.
Naturalmente non è così, eppure quello che sembrava un pregiudizio – il pregiudizio di non essere all’altezza di una primogenitura, ho verificato, ancora oggi, che è una specie di timore, che si accompagna a un atavico e forse inconscio senso di colpa storico. Vabbè, io ho le mie fissazioni sul peso dell’eredità greca e considero la Calabria il più grande teatro del “Pathei Mathos”. Volendo essere più concreti e contemporanei è chiaro che se dici “Calabria”, cosa esporta la Calabria ti viene in mente la ’nduja e, ahimè, un’altra cosa che inizia sempre con ’nd.
Però non è che la Calabria deve scontare un “fine pena mai”. E l’attività di riaccreditamento che è in corso – in ogni settore, ma certamente quello culturale e festivaliero– prima o poi dovrà osare il salto, esportando un proprio modello fuori dalla Calabria, un proprio nome, e non più solo importandolo. Ammetto che quando ho letto del Merano wine festival Calabria non riuscivo a capire cosa significasse “Merano”, cioè non sono proprio andata con la testa al paese dell’Alto Adige che collego alle cliniche del benessere dove i ricchi vanno per dimagrire. Ho fatto lo stesso errore che facevo da ragazza, pensare che Cirò fosse un Ciro accentato. Invece il nome Cirò è così potente che si può esportare in maniera autonoma nelle altre regioni, in maniera generativa al contrario. Attenzione, non voglio trovare il pelo nell’uovo e, a proposito, bellissimo Borgo Saverona, e chi lo conosceva (qui un bellissimo video di Meraviglie di Calabria), più autentico di…ops…stavo per dire Borgo Egnazia. Ecco questo errore bisogna evitare. Definirsi per differenza significa avvertirsi come entità debole, significa che non hai una chiave primaria univoca, e ti definisci in riferimento ad un’entità “forte”, atra da te, da cui trai valore.
Insomma forza Calabria, secondi a nessuno. Aspettiamo il Cirò Wine festival da organizzare a Merano. E magari qualcuno da lassù si lamenterà. Beviamoci su. (redazione@corrierecal.it)
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