L’alleanza parallela alla ‘ndrangheta: un “esercito” per gestire il traffico di droga
Svelato un progetto criminale che mirava a creare un’organizzazione sovraordinata rispetto ai clan tradizionali. Dopo l’arresto, è crollato tutto

LAMEZIA TERME Uomini, mezzi e risorse finanziarie: quanto serve per comporre un’associazione pronta ad operare al di sopra dei diversi sodalizi di ‘ndrangheta che gestiscono il traffico sul territorio nazionale. Il traffico è ovviamente quello della droga, l’associazione, invece, è qualcosa che va oltre i locali di ‘ndrangheta. Insomma, una struttura criminale non coincidente con le quelle “tradizionali” ma complementare. I segnali sono arrivati agli inquirenti della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria mentre stavano indagando sui traffici di droga e sulle ramificazioni dei clan in Lombardia.
Il dialogo intercettato
Gli inquirenti intercettano due soggetti, Giuseppe Barbaro (cl. ’56) di Platì e un altro pregiudicato, deceduto nel 2022, e si imbattono così in un dialogo dalle sfumature molto interessanti in termini investigativi, ma non solo. Barbaro, infatti, parla di «un’alleanza» creata prima del suo arresto e sancita da «un patto». È ancora Barbaro a spiegare che questa sorta di “alleanza” avrebbe dovuto gestire il traffico degli stupefacenti in maniera unitaria con l’obiettivo di garantire a tutti i guadagni frutto dell’ingente e remunerativo traffico di droga.
Il boss Giuseppe Barbaro
Il protagonista del dialogo non è un soggetto qualunque, ma colui che è considerato a capo dell’articolazione armata di ‘ndrangheta riconducibile al casato dei Barbaro “Castani”, attivi nella zona di Platì, Ardore e territori limitrofi, nonché nei locali di Volpiano e Buccinasco. E così proprio Barbaro, mentre discute con l’amico, spiega anche i contorni dell’alleanza: sarebbero stati inseriti diversi soggetti operanti, in termini di affiliazione, in diverse articolazioni della ‘ndrangheta unitaria, occupando così «precisi ruoli in seno a una vera e propria organizzazione dotata di uomini, mezzi e risorse finanziarie». Un unico “corpo” costituito «nella mia montagna» come dice proprio Giuseppe Barbaro che avrebbe anche fatto da garante, rispettando e rispondendo alle regole che sono alla base delle relazioni tra gli esponenti delle varie strutture ‘ndranghetiste.
«Mi hanno arrestato ed è finito tutto»
Sulla carta un progetto criminale ben congeniato ma che sarebbe naufragato proprio dopo l’arresto di Giuseppe Barbaro. «(…) hanno arrestato me ed è finito tutto» confessa il classe ’56, «arrestano me compare e finiscono tutti i patti e sono finite tutte cose, esco fuori ed è tutto praticamente rovinato…».
Nel dialogo intercettato gli investigatori sottolineano come Barbaro parlasse esplicitamente di “squadra” da identificare, secondo gli inquirenti, in “gruppi base” ovvero formazioni organizzate con compiti e funzioni comuni facenti parte della più ampia organizzazione definito “esercito militare” che avrebbe operato sopra ai diversi sodalizi che gestiscono il traffico di droga. «(…) noi all’epoca avevamo parlato e ho praticamente 5 uomini a disposizione, questi 5 uomini hanno la bocca, hanno famiglia e devono mangiare… questi sono 5 militari nella zona dove sei tu, prendine altri 5 e sono 10 militari., altri 10 militari li abbiamo da quella parte., noi abbiamo 20 militari, quanto fanno 20 militari dei nostri non fa praticamente un esercito militare…».
Il Sud America e l’organigramma
Base di partenza, come al solito, il Sud America. È il luglio del 2021 quando Giuseppe Barbaro, spiegando al socio «l’unione di intenti criminali insistenti tra i vari sodalizi», lo informa allo stesso modo delle possibilità di inserirsi nel traffico di stupefacenti, affidandogli anche l’organizzazione del trasporto dei carichi di droga. Punto di contatto un tale “Oscar”, rimasto sconosciuto agli inquirenti, col quale avrebbero potuto avviare le trattative per «sopperire alla richiesta di un ingente quantitativo di sostanza stupefacente». Un paio di mesi dopo, gli inquirenti capiscono qualche dettaglio in più: c’è “Oscar” in Colombia, deputato a procurarsi la droga e trasportarla in Portogallo; c’è poi “Matteo” in Spagna e pronto ad occuparsi del pagamento della merce e del suo spostamento dal Portogallo; infine, tale “Michele” che si sarebbe poi occupato del trasporto del prezioso carico di droga dalla Spagna in Italia. (g.curcio@corrierecal.it)
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