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La ferita che non guarisce

Gli occhi lucidi mentre il capo della Procura ed il Sostituto titolare del processo, illustrano la dichiarazione di ricusazione nei Suoi confronti… Antonio Baudi, in quel momento è presidente del col…

Pubblicato il: 25/06/2025 – 12:36
di Nunzio Raimondi
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La ferita che non guarisce

Gli occhi lucidi mentre il capo della Procura ed il Sostituto titolare del processo, illustrano la dichiarazione di ricusazione nei Suoi confronti…
Antonio Baudi, in quel momento è presidente del collegio giudicante.
Sono passati oramai molti anni ma non posso dimenticare quel giorno buio nell’aula magna del nostro Palazzo di giustizia.
Il presidente Baudi ascoltava, apparentemente impassibile, ma gli occhi lucidi tradivano il tumulto che quelle parole, come chiodi appuntiti, penetravano nel Suo cuore.
Ora che Egli vede Dio è giusto dire, da chi lo ha conosciuto (in un mondo nel quale in molti parlano di persone che non hanno veramente conosciuto), del cuore di Antonio (Tony) Baudi.
Ero molto giovane ed andavo in Tribunale pieno di entusiasmo perché, dopo l’amorevole sollecitudine di Roberto Trovato -che frequentai per motivi familiari fin da piccolo- m’imbattei in due magistrati da tutti ritenuti le “colonne portanti” della “giudicante” del nostro -allora- prestigiosissimo Tribunale.
Uno di questi era proprio Antonio Baudi, uomo intellettualmente generoso e pronto al dialogo con tutti, senza distinzioni.
L’altro punto di riferimento imprescindibile era il presidente Vecchio, un altro numero uno!
Siamo stati davvero fortunati a conoscere e praticare persone di questo altissimo livello umano e morale oltreché, s’intende, di enorme spessore intellettuale.
Antonio Baudi, in particolare, era un ragionatore; sempre anteponeva una logica spinoziana alle sue riflessioni, le sue decisioni raramente venivano riformate in quanto fondate sul primato della dimostrazione, prim’ancora che sulla corretta interpretazione ed applicazione della legge.
Lo dico perché, se mi guardo in giro, vedo che questo prerequisito della logica nel ragionamento giuridico (benché obbligatorio sin da Aristotele) per ogni giurista che si rispetti, è andato nel tempo declinando, fino a scomparire del tutto in alcuni purtroppo non rari casi….
E’ quindi giusto mettere in evidenza, non solo la pur prolifica produzione scientifica, l’impegno nella formazione (non solo per la Camera penale ma soprattutto per la nostra prestigiosa Università -come dimenticare il ciclo di seminari del 2003 intitolati suggestivamente “Il processo tra fatto e diritto: viaggio nel mondo della prova”- e per il CSM),i numerosi provvedimenti costituenti vere e proprie pietre miliari della giurisprudenza penale, quanto – e soprattutto -, se non si vuole rimanere in superficie (con le solite frasi di circostanza…), quel suo dono stupendo sul discorso e sulla ragione che costituiva, a mio parere, il tratto più bello della Sua multiforme personalità.
Ed ancora più arricchente era la dimensione relazionale nella quale ti accorgevi che Egli non era geloso custode degli esiti delle sue riflessioni ma le elargiva a tutti, perfino a coloro che, fino in fondo, non le capivano….
Segno questo che davvero, per Antonio Baudi, “i doni di Dio crescono tanto più quanto più sono condivisi” (PP Leone XIV).
L’altro tema di cui vorrei dire -nei tantissimi ricordi che affollano la mia mente e di cui narro spesso, in riservatezza, ai miei più stretti collaboratori- è quello al quale ho fatto cenno in principio.
Vedete, Antonio Baudi era un uomo molto sensibile ed eticamente irreprensibile: il fatto di aver ricevuto una ricusazione (a motivo del coinvolgimento in una indagine) dai suoi colleghi della Procura e sulla base di un pregiudizio inqualificabile (che, difatti, di esaurì in un breve volgere di tempo), fu per Lui un’ulcera sanguinante: una ferita che non guarisce.
Da quel momento in poi, l’uomo dell’affidamento all’indipendenza ed all’autonomia della giurisdizione, della gioiosa condivisione del Sapere non fu più lo stesso.
Quell’ombra, ingiusta e calunniosa, quantunque spazzata via dai giudici, non gli fece rialzare quel capo chino.
C’era di più in Lui che urlava di sofferenza per quella insozzatura invereconda dei fondamenti stessi della sua vita di Magistrato!
Pian piano la sua gioia di condividere la Sapienza che il buon Dio gli aveva elargito con magnanimità, andò affievolendosi, fino a quando, nel 2005, non lasciò anticipatamente e definitivamente la Magistratura.
E ciò benché i Suoi collaboratori lo avessero implorato di resistere.

Ecco le loro parole contenute in una lettera accorata:

“Caro presidente, abbiamo appreso della sua decisione di lasciare la Magistratura e ciò per noi, che la conosciamo e la stimiamo come uomo e come Magistrato, rappresenta una notizia inaccettabile. La sua intelligenza, il suo coraggio, la sua bontà, a sua dignità di uomo e di giudice da lei infinite volte dimostrata deve continuare ad essere, ora più che mai, il segno e l’anelito della profonda speranza che tutti i cittadini devono nutrire nei confronti della giustizia. L’esperienza storica ci insegna che i grandi magistrati, come lei, vengono ricordati solo perché colpiti dalla mano della criminalità organizzata.

Presidente la preghiamo, con tutto l’affetto che forse non le abbiamo sempre dimostrato ma che nutriamo profondamente, di ritornare sulla decisione. Non ci lasci soli, presidente! Abbiamo condiviso con lei le difficoltà all’interno della sezione Gip-Gup e all’interno di tutto il palazzo di Giustizia ma, soprattutto, non lasci soli i cittadini senza punti di riferimento così autorevoli come lei, non lasci soli i giovani magistrati che non troveranno più una fonte così autorevole da cui apprendere l’insegnamento non solo giuridico ma anche morale. Signor presidente si ricordi sempre che il diritto non è solo logica e ritorni presto ad indossare quella toga che assolutamente non può appendere. Le vogliamo tanto bene”.

La verità è che, non tanto le ragioni organizzative per un Ufficio da sempre in sofferenza, ma la lezione che gli veniva dall’aver dovuto constatare che neanche il coraggio delle sue decisioni, frutto della Sua intelligenza ed indipendenza, erano riusciti a riportare la Sua toga intemerata alla luce che le spettava.
Se ne andò silenziosamente, come fanno i grandi, senza strepito e reazioni scomposte.
Questo è stato Tony Baudi, cuore grande ed etica inflessibile, prim’ancora che giurista impareggiabile.
Dio vede e provvede, caro Presidente, sei in Paradiso.

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