Borsellino, ritrovati i brogliacci delle intercettazioni su mafia e appalti
Si conferma che nessuno ha mai dato seguito alla disposizione di distruggere le bobine perché irrilevanti

PALERMO Sono stati ritrovati dalla Guardia di Finanza i brogliacci delle intercettazioni effettuate negli anni ’90 nell’ambito delle indagini sulle infiltrazioni di Cosa Nostra nel settore imprenditoriale e, in particolare, nelle aziende del Gruppo Ferruzzi. Si tratta dell’attività che era stata disposta dalla procura di Palermo nell’inchiesta mafia-appalti che secondo alcuni, sarebbe il vero movente della strage di via D’Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino. La scoperta conferma quanto già accertato e cioè che nessuno ha mai dato seguito alla disposizione (prassi dell’epoca in caso di irrilevanza delle registrazioni) di smagnetizzare le bobine e distruggere i brogliacci, tesi inizialmente avanzata dai pm di Caltanissetta. Le bobine erano già state trovate mesi fa negli archivi della Procura di Palermo, ora sono venuti fuori anche i brogliacci contenuti in quattro buste di colore giallo con ancora i timbri della Guardia di Finanza apposti nel 1992, ricoperte di polvere e lasciate a terra. A fare la scoperta è stato il Gico della Guardia di Finanza di Caltanissetta, su delega della Dda. Il ritrovamento è arrivato al termine di ricerche durate più di due anni e che hanno comportato la consultazione di 2000 faldoni con centinaia di migliaia di pagine di documenti.
Indaga Caltanissetta
La vicenda delle intercettazioni disposte dai pm di Palermo che negli anni ’90 indagavano sulle infiltrazioni mafiose nell’imprenditoria del nord è finita al centro delle nuove indagini sulla strage di via D’Amelio. I pm nisseni, che stanno cercando di accertare se ci siano stati nessi tra la vecchia inchiesta e l’eliminazione di Borsellino, mesi fa hanno iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento a Cosa nostra l’ex pm antimafia palermitano Gioacchino Natoli e l’ex procuratore Giuseppe Pignatone. L’ipotesi formulata era che Natoli, su input di Pignatone e dell’allora capo della Procura Pietro Giammanco, avesse ordinato la distruzione delle intercettazioni e dei brogliacci dell’inchiesta sull’ imprenditore mafioso Antonino Buscemi nel tentativo di affossare gli accertamenti sul costruttore. Per i pm nisseni Natoli, esecutore del disegno altrui, avrebbe voluto dunque “occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci”. La difesa dell’ex pm dimostrò invece che in realtà quello della distruzione era un provvedimento prestampato che, all’epoca, – parliamo degli anni ’90 – veniva usato in tutti i casi di archiviazione e nei processi definiti. La cancellazione dei nastri, dunque era una prassi – l’aveva detto lo stesso Natoli audito dalla commissione nazionale Antimafia – ed era legata all’esigenza di riutilizzare le cassette. Inoltre, una volta smagnetizzati i nastri, evidentemente ritenuti non rilevanti, conservare i brogliacci sarebbe stato inutile. E comunque nel caso in questione l’ordine di distruzione era stato disatteso. La scoperta dei brogliacci consentirà alla magistratura nissena di capire se le intercettazioni fossero irrilevanti, come ritenne la procura di Palermo, o se al contrario possano contenere elementi utili mai approfonditi. (Ansa)
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