Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 8:27
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

la riflessione

Kevin Marulla e l’ultima goccia di cosentinità (perduta) del Cosenza calcio

L’uscita di scena del team manager è molto più di un semplice addio: è l’indicatore di una crisi profonda che coinvolge non solo la gestione tecnica, ma anche il rapporto con la città e i tifosi

Pubblicato il: 09/07/2025 – 9:34
di Francesco Veltri
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Kevin Marulla e l’ultima goccia di cosentinità (perduta) del Cosenza calcio

COSENZA L’addio di Kevin Marulla al Cosenza Calcio è molto più di una semplice separazione professionale. È un atto simbolico, quasi una dichiarazione definitiva di frattura tra ciò che il Cosenza è stato e ciò che oggi appare essere. Un addio che pesa, come pochi altri, perché coinvolge una figura che più di ogni altra rappresentava il legame identitario tra squadra, città e tifoseria.
La lettera dell’ormai ex team manager è stata composta, misurata, priva di accuse dirette, ma per chi conosce la storia recente del club e il contesto che lo circonda, è carica di sottintesi pesanti. Le parole sono state scelte con cura, ma il messaggio è chiaro: nel Cosenza attuale non ci sono più le condizioni umane e professionali per restare.
«Finché mi è stato concesso» ha scritto. Un’espressione che suona come un’accusa sottile a chi oggi gestisce il club silano, suggerendo che lo spazio per chi ama davvero questi colori sia stato progressivamente ridotto. La rottura non arriva all’improvviso, ma dopo tredici stagioni molto intense, che lo stesso Marulla definisce «segnate da difficoltà in campo e fuori».

Un club smarrito, ostile al proprio popolo

L’uscita di scena di Marulla arriva in uno dei momenti più cupi della recente storia rossoblù. A meno di una settimana dall’inizio del ritiro estivo (16 luglio), il club non ha ancora ufficializzato né l’allenatore né il direttore sportivo, dopo una stagione chiusa con un tracollo sportivo e relazionale. La piazza è sfiduciata, l’ambiente è lacerato, e la proprietà appare in piena rotta di collisione con la tifoseria e con le istituzioni cittadine che, però, finora non hanno fatto nulla di concreto per invertire la rotta.
Il patron Eugenio Guarascio continua a mantenere una posizione chiusa, distante, provocatoria, respingendo le critiche e lasciando trasparire un’inquietante indifferenza verso il malcontento popolare. In questo contesto, la permanenza di una figura come Kevin Marulla – figlio di Gigi, bandiera e leggenda del Cosenza scomparsa proprio nel luglio di 10 anni fa – appariva quasi come una contraddizione vivente, un ponte fragile tra la “cosentinità” storica e una gestione aziendalista e impersonale.
La sua uscita di scena rappresenta un doppio messaggio. Da un lato, è un gesto di coerenza e di dignità: Marulla non accetta più di far parte di un progetto che ha perso ogni riferimento ai valori e all’identità del club. Dall’altro lato, è un atto di rassegnazione. Arrivato forse tardi, dopo anni in cui ha tentato di tenere accesa una scintilla di passione e appartenenza. Ma arrivato. Nel momento più drammatico, proprio quando servirebbe uno scatto d’orgoglio collettivo.
In molti, negli ultimi tempi, si chiedevano cosa ci facesse ancora lì un uomo con la sua storia, con il suo cognome. Kevin Marulla era diventato una sorta di anima resistente all’interno di una struttura svuotata di identità, testimone di un’altra idea di calcio, fatta di legami con la città, rispetto per la memoria, e responsabilità verso la comunità. Una figura sempre presente anche nei momenti più bui, sempre pronta a metterci la faccia.
Con la sua partenza, il Cosenza perde l’ultimo simbolo riconosciuto e condiviso dal popolo rossoblù. Rimane un vuoto devastante, simbolico. E rimane una società sorda, incapace o non interessata a costruire un dialogo autentico con chi ama questi colori.
La decisione di Kevin Marulla può segnare la fine definitiva del rapporto tra la cosentinità e il Cosenza calcio per come oggi è gestito. Ma potrebbe anche rappresentare – almeno questo è l’augurio di molti – l’inizio di una nuova fase di consapevolezza, un punto di non ritorno che costringa finalmente tutti – istituzioni, tifosi, imprenditori – a pretendere un cambio radicale.
La sensazione è che il tempo della sopportazione sia finito. Se anche chi ha servito il club per 13 anni con amore e fedeltà decide di andare via, allora forse è giunto davvero il momento di voltare pagina. O di prenderne atto, e iniziare a costruire, dal basso, un Cosenza che torni a essere dei cosentini. (f.veltri@corrierecal.it)

Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

x

x