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la requisitoria

Omicidio Rocco Gioffrè, il pm chiede l’ergastolo per Tiziana Mirabelli

L’imputata è accusata della morte di Rocco Gioffrè, 75enne ucciso il 14 febbraio 2023 nello stabile popolare di via Monte Grappa a Cosenza

Pubblicato il: 16/07/2025 – 11:43
di Fabio Benincasa
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Omicidio Rocco Gioffrè, il pm chiede l’ergastolo per Tiziana Mirabelli

COSENZA Ergastolo. E’ la richiesta pena invocata dalla pm del tribunale di Cosenza, Marialuigia D’Andrea, nei confronti di Tiziana Mirabelli accusata di omicidio. In Corte d’Assise a Cosenza è in corso il processo che mira a far luce sulla morte di Rocco Gioffrè, 75enne ucciso con 41 coltellate il 14 febbraio 2023 nello stabile popolare di via Monte Grappa a Cosenza. Reo confessa dell’omicidio è l’unica imputata, che ha sempre sostenuto di aver agito per legittima difesa. Il difensore delle parti civili, l’avvocato Francesco Gelsomino, ha richiesto la massima pena per l’imputata.

Il giorno dell’omicidio

Secondo la ricostruzione proposta da Mirabelli, nel corso dell’udienza dove ha reso dichiarazioni spontanee, la mattina del delitto Gioffrè l’aveva invitata a prendere un caffè: «L’ho trovato con la schiuma da barba sul viso. Mi ha detto ancora una volta che lo prendevo in giro. Ero stanca delle sue minacce».
Poco dopo, l’uomo sarebbe arrivato a casa sua: «Stavo rifacendo il letto. Lui mi è arrivato alle spalle e mi ha puntato un coltello alla gola. L’ho deviato d’istinto, mi sono girata e gli ho dato un pugno. Abbiamo lottato. Ho cercato di afferrargli il polso e il coltello è caduto. Mi ha detto che quel giorno non sarebbe finita bene e l’ho colpito».
La ricostruzione si è soffermata anche sulle ferite: due tagli alla mano sinistra, uno al dito e uno alla base del pollice. «Non ricordo dove l’ho colpito – ha detto ancora -. Lui, dopo le coltellate si è accasciato e non l’ho più colpito. Il sangue non l’ho visto nell’immediatezza, ero sconvolta. Il piumone del letto pieno di sangue l’ho messo nella vasca. Poteva essere anche il mio, non ci ho pensato. Ma ovviamente poteva essere anche il sangue di Gioffrè». «Mi difendevo – ha aggiunto – avevo paura. Non volevo morire».

Il contesto familiare e la dinamica psicologica

Mirabelli ha dichiarato di aver continuato ad avere rapporti amichevoli con Gioffrè solo per paura, ha affermato che l’uomo le offriva denaro per avere rapporti sessuali: «Mi proponeva mille euro al mese per andare a letto con lui quattro volte, ma io gli ho sempre detto di no. Mi controllava, sapeva anche quando avevo il ciclo. Si masturbava sui miei assorbenti». In un passaggio ha aggiunto: «Io gli ho dato 300 euro al mese per smetterla di tormentarmi, ma lui non ha rispettato l’accordo». Secondo l’imputata, l’uomo beveva ogni giorno una bottiglia di whisky.
La presidente Lucente ha chiesto perché non si è mai rivolta alle autorità. «Avevo paura – ha risposto la donna – non mi sarebbero servite le denunce. Perché non ho detto nulla ai miei fratelli? Volevo proteggerli, io da sorella maggiore li aiutavo sempre sia economicamente che moralmente».
A domanda ancora della presidente Lucente: «Quindi, tra denunciare e morire, ha preferito morire?», Mirabelli ha risposto: «Non volevo mettere nei guai la mia famiglia».

Abusi, controllo e isolamento

«Gioffrè aveva messo una microspia in casa mia – ha rivelato ancora Mirabelli –. Diceva che se non andavo a casa sua, mi avrebbe attaccato la corrente. Aveva un’ascia sotto il cuscino, in casa coltelli, scuri. Mi ha anche regalato dei coltelli». E ancora: «Mi diceva che dovevo far ricoverare il figlio perché voleva restare da solo. Dopo la morte della moglie, era diventato ingestibile. Lui voleva eliminare la famiglia, voleva che si facesse un Tso al figlio, e mi accusava di non averlo aiutato, di non aver mantenuto la promessa». (f.b.)

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