Prima uccide il compagno, poi chiama i soccorsi in ritardo: 63enne arrestata a Gioia Tauro
Svolta nelle indagini coordinate dalla Procura di Palmi. Il procuratore Crescenti: «Omicidio frutto di continui litigi»

REGGIO CALABRIA Avrebbe ucciso il proprio compagno convivente, Maurizio Ansaloni, poi chiamato i soccorsi. Con questa accusa è stata arrestata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo della Compagnia di Gioia Tauro, con il supporto dei militari della locale Stazione, Clementina Fumo di 63 anni, raggiunta da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Palmi. La donna, infatti, è ritenuta gravemente indiziata – fatte salve le successive valutazioni nelle successive fasi processuali – dell’omicidio doloso del proprio compagno convivente, avvenuto nel gennaio del 2023, apparentemente deceduto per cause naturali.
I sospetti
I primi sospetti erano già emersi tra il personale sanitario, intervenuto dopo la segnalazione di un malore dell’uomo, trovato poi senza vita una volta arrivati sul posto. Ciò che non tornava, infatti, erano le numerose contraddizioni nelle dichiarazioni rese dalla donna e l’atteggiamento freddo e distaccato mostrato nelle fasi immediatamente successive alla morte, uniti a un inspiegabile ritardo nell’attivazione dei soccorsi, suscitarono i primi dubbi tra i militari intervenuti.
«Omicidio frutto di continui litigi»
«L’omicidio di Maurizio Ansalone matura in un contesto socialmente difficile, e non basta solo l’azione investigativa dello Stato per prevenire tali episodi». Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Palmi, Emanuele Crescenti, incontrando i giornalisti al comando provinciale dei carabinieri. Gli investigatori dell’Arma non ebbero dubbi quella mattina del 4 gennaio del 2023, quando arrivarono nell’abitazione di Gioia Tauro di Ansalone e della convivente, Clementina Fumo, 63 anni, trovandosi dinanzi al cadavere dell’uomo, senza evidenti segni esterni sul corpo. L’autopsia, infatti, ha smentito la casualità del decesso, stabilendo, invece, che la morte fu per asfissia. «Un epilogo – ha spiegato il tenente colonnello Carmine Mungiello – frutto di dinamiche di coppia, probabilmente accresciute da evidenti problemi economici».
L’indagine della Procura
I Carabinieri, sotto il costante coordinamento della Procura della Repubblica di Palmi diretta da Emanuele Crescenti, hanno avviato una complessa e articolata attività investigativa. L’indagine, condotta attraverso tecniche tradizionali ma scrupolose – tra cui sopralluoghi, perizie, audizioni testimoniali, consulenze medico-legali e accertamenti specialistici – ha permesso di raccogliere importanti elementi di prova che hanno progressivamente delineato un quadro indiziario coerente e solido nei confronti della donna. Fondamentali, ai fini delle indagini, sono risultate le perizie prodotte dai consulenti tecnici incaricati, che hanno evidenziato lesioni interne e segni sul corpo della vittima incompatibili con una morte naturale. A rafforzare l’impianto investigativo, si è aggiunta la ricostruzione temporale degli eventi che ha evidenziato un notevole lasso di tempo tra la presunta morte dell’uomo e la richiesta di soccorso. Una circostanza che, unita al comportamento della donna e alle sue versioni mutevoli, ha consolidato il sospetto che si trattasse di un omicidio camuffato da decesso accidentale. L’autopsia ha escluso che si trattasse di un decesso accidentale non compatibile con le lesioni interne e i segni sul corpo della vittima. Piuttosto Maurizio Ansaloni, secondo la perizia, era morto per soffocamento.
L’arresto
Al termine delle indagini, la Procura ha richiesto ed ottenuto l’emissione della misura cautelare in carcere, prontamente eseguita dai Carabinieri. La donna è stata quindi tradotta presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria “Giuseppe Panzera”, dove resterà a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. L’attività investigativa condotta dall’Arma dei Carabinieri, ancora una volta, dimostra l’efficacia dell’approccio investigativo fondato sull’esperienza, la capacità d’osservazione e la tenacia nel superare le apparenze. In questo caso, una morte inizialmente considerata improvvisa ha trovato una spiegazione molto più drammatica, rivelando un crimine consumato tra le mura domestiche, nel silenzio e nella solitudine.
Si precisa che, allo stato attuale del procedimento penale, la persona arrestata è da ritenersi presunta innocente fino a sentenza definitiva di condanna. (redazione@corrierecal.it)
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