Regionali, il caso Calabria nel risiko delle altre sfide
Dopo l’annuncio di dimissioni di Occhiuto si vota a ottobre, forse anche in Toscana. Tutte le partite

ROMA Per la ricerca del bis di Roberto Occhiuto è già tutto pronto: candidatura blindata, campagna elettorale di fatto già iniziata con la kermesse di Forza Italia a Reggio Calabria – organizzata con fortuito tempismo proprio all’indomani dell’annuncio delle sue dimissioni – e finestra per il voto già individuata, all’inizio di ottobre. Ma per le altre regioni nel centrodestra l’intesa sembra ancora in alto mare, con il vertice dei leader che continua a rimanere in standby e i partiti, sui territori, che confidano oramai nel “dopo Ferragosto” per avere l’ufficialità dei nomi che si contenderanno la prossima tornata elettorale. Con un rebus su tutti che rimane irrisolto, quello del Veneto. Idem nel centrosinistra che, per il momento, ha lanciato la corsa del solo Giovanni Manildo proprio per Palazzo Balbi, oltre a quella di Matteo Ricci, nella speranza che non venga troppo appannata dalle inchieste. Le Marche però andranno al voto per prime (insieme alla Valle d’Aosta) a fine settembre, quindi era indispensabile avviare per tempo la campagna elettorale. Nell’attesa che Occhiuto formalizzi il passo indietro, probabilmente a inizio della prossima settimana, gli avversari si scagliano contro l’addio “prematuro” che sembra più “una furbata”, come dice Pasquale Tridico, tra i papabili contendenti: lì la coalizione parte da Pd, M5s e Avs ma si confida di allargarla e di chiudere sul nome prima di metà agosto.
Toscana alle urne con la Calabria?
Per le altre, dicono da entrambi gli schieramenti, “c’è tempo”. La Toscana potrebbe andare alle urne insieme alla Calabria (Eugenio Giani, governatore uscente che sta aspettando di sapere se sarà effettivamente ricandidato, ha già individuato il 12 ottobre). Mentre Luca Zaia, che dopo 15 anni non si può più ricandidare, sarebbe orientato a indire le elezioni regionali nell’ultimo fine settimana utile, quello del 23 novembre. E come lui dovrebbero fare anche Puglia e Campania. Entrambe, come il Veneto, ancora in attesa che gli schieramenti mettano il sigillo sulle candidature. Dal 4 a 1 sognato dal centrosinistra “si potrebbe arrivare alla fine a un 3 a 3”, dice un dirigente di maggioranza che confida nella vittoria di Francesco Acquaroli e dello stesso Occhiuto, oltre a darla per scontata in Veneto, qualunque sarà il candidato. Nelle file del partito di via Bellerio si continua a insistere (e mano a mano che passano le settimane cresce anche la convinzione) sulla candidatura in continuità, quindi leghista. E in pole resta sempre Alberto Stefani, deputato, segretario veneto e vice di Matteo Salvini.
Tra i meloniani invece ancora le scommesse sono aperte e c’è chi sostiene le ragioni di un riequilibrio (Fdi non governa nessuna grande Regione del Nord e in Veneto ha incassato le percentuali tra le più alte d’Italia) e chi dell’equilibrio, della coalizione in questo caso, che potrebbe subire uno scossone in caso di candidatura non leghista. Con un occhio anche alla Lombardia, che però va al voto nel 2028 salvo dimissioni anticipate di Attilio Fontana. Una ipotesi quest’ultima che sarebbe pure stata esplorata ma, pare, senza concretezza. La Liga veneta nell’attesa si sta comunque organizzando. Lunedì si chiude la finestra per le auto-candidature e la prossima settimana ci dovrebbe essere un direttivo locale per iniziare a vagliare le liste. In attesa del vertice dei leader, che nel frattempo saranno tutti e tre (Meloni, Salvini e Antonio Tajani) lunedì nelle Marche. (Silvia Gasparetto – Ansa)