La Politica come Professione
Dalla mia posizione di “felice avvocato del Foro di Catanzaro”, osservo ,in questi giorni, l’irritante tramestio provocato dalle azioni della parte maggioritaria della politica nazionale, fatto di “m…

Dalla mia posizione di “felice avvocato del Foro di Catanzaro”, osservo ,in questi giorni, l’irritante tramestio provocato dalle azioni della parte maggioritaria della politica nazionale, fatto di “mezzucci di dozzina”, peraltro riconoscibilmente liturgici, tanto che, alle volte, puoi prevenire ciò che diranno con il loro solito e stantio politichese.
Non così per la “mossa del cavallo” posta in essere dal governatore della Calabria,al quale non può non riconoscersi una certa originalità del tratto e della manovra strategica.
Sennonché,ciò che è accaduto non è soltanto inaspettato (come afferma l’ottima Paola Militano),ma richiama un certo uso inappropriato degli strumenti costituzionali sul quale non me la sento proprio di lasciar correre.
Anche se “così fan tutte”,francamente ho provato un senso di vergogna,come cittadino,nel vedere questa rocambolesca giravolta istituzionale generata da assai discutibili -ed acrobatiche- giustificazioni.
E,benché la tempistica fosse tale da produrre la più rapida archiviazione della scelta pur di passare immediatamente alla campagna elettorale (ha deciso tutto lui,dimissioni,elezioni ed oggi pretende pure di conoscere subito il nome del suo avversario…) io penso che la scelta unilaterale del governatore Occhiuto di dimettersi e contemporaneamente ricandidarsi alla guida della Calabria,più che un gesto da viceré (come è stato sostenuto) costituisca un simpatico affresco popolaresco del “Ciccillo contento fa chello che vo’” circondato da una pletora di incoscienti -asserviti e plaudenti- piccoli interessati sostenitori dell’espedientismo dominante della politica attuale.
Niente a che vedere neanche col “politico per professione”.
Come tutti sappiamo su questo argomento -mi scusi Pino Pisicchio se non lo cito in primis…- e’ stato scritto uno dei saggi più importanti del pensiero sociologico mandiale: Politik als Beruf, di Karl Emil Maximilian Weber, meglio noto come Max Weber, uno dei maggiori sociologi tedeschi della fine dell’800.
Ovviamente non mi cimenterò nella disamina della complessa opera dell’Autore,ma vorrei avvalermene qui soltanto al fine di evidenziare alcune considerazioni che,agli occhi di persona anche di minima cultura, consentono di smascherare comportamenti non soltanto politicamente scorretti quanti e soprattutto, condotte eticamente assai reprensibili.
C’e’ infatti un unico fil rouge che lega i comportamenti di questi pseudoprofessionisti della politica: ed è quello di voler apparire corretti,trasparenti,saggi,quindi meritevoli di consenso, mentre,di regola,,essi agiscono per calcolo,in contropiede (si,come si trattasse di una partita di calcio…) ritenendosi peraltro più intelligenti degli altri…
Questi vanitosi e superbi,con le loro strategie (pur non avendo nulla in comune con Pisistrato…) pensano di cogliere in fallo i loro avversari del tutto incuranti di ciò che serve davvero alla Calabria (stabilità politica,trasparenza ed efficacia dell’azione amministrativa).
Ma,come insegnava Weber,non esiste un difetto peggiore per il politico di quello della vanità: mettere se’ stessi in primo piano,infatti,non sempre coincide con la facoltà di utilizzare utilmente prerogative istituzionali,nel senso che l’attribuzione di un potere ad una sola persona non vale ad esaltare la sua gestione monocratica ma,per così dire,l’esatto contrario,nel senso che esso impone di riconoscere l’esistenza di una situazione condivisa la quale non può essere risolta se non attraverso l’esercizio di quel potere.
Provo a fare un esempio d’attualità: se,come presidente della giunta regionale, mi trovo a non poter più gestire un programma condiviso con la maggioranza consiliare che mi sostiene,va da sé che,dopo aver coinvolto l’intero consiglio regionale ed esposti i nodi essenziali di un simile stato di cose,può non rimanere altro da fare che dimettermi,restituendo ai cittadini la responsabilità d’indicare la strada da seguire.
Ho dunque una maggioranza coesa oppure no? La coesione che invoco è soltanto quella in vista della competizione elettorale oppure cerco di allargare il raggio d’azione per rafforzare la maggioranza che mi sostiene?
Le dimissioni sono state discusse in consiglio regionale oppure l’atto più traumatico nella vita democratica regionale (le dimissioni del presidente e lo scioglimento dell’assemblea) e’ stato annunciato con uno spot placido e disteso….in un clima da primavera fescennina?
Ma se,ad esempio, la burocrazia non risponde alle direttive dell’organo politico,come tutti sanno,non saranno
certo le dimissioni del presidente ed il conseguente scioglimento del consiglio regionale, a produrre un cambio di rotta perché “i politici passano ed i burocrati restano”: forse bisognerebbe andare alla radice di questo squilibrio.
Se,però,questo squilibrio risulta oggettivamente smentito da un’enorme quantità d’iniziative di governo portate a compimento (e delle quali si mena vanto,tanto che,in un’altalena d’argomenti fra di loro confliggenti, si annunciano le dimissioni in un cantiere appena completato di un’opera strategica per il capoluogo della Calabria),riesce un po’ complesso riconoscere una contestuale paralisi amministrativa dell’ente (trattandosi di affermazioni chiaramente contraddittorie).
Il senso di responsabilità (nella lingua di Weber, Verantwortungsgefühl),una delle qualità essenziali dell’uomo politico,impone,quindi,in tali casi ed aldilà dell’elaborazione di argomentazioni minimamente coerenti e logiche,di valutare vantaggi e svantaggi per la terra che si dice di amare e di voler servire.
E lo scioglimento del consiglio regionale in una fase di esecuzione del PNRR (e Dio sa quanto ne abbiamo bisogno),a conti fatti vale ben più di tre mesi di “fermo”: si può affermare,allora,che una tale decisione si coniughi con l’interesse attuale della Calabria?
L’avviso di garanzia (anche su questo ha deciso tutto lui: quando dovesse essere interrogato,l’auspicio e la comunicazione urbi et orbi della prossima archiviazione, le iniziali e stizzite repliche ad un Ufficio giudiziario circa una pretesa scorrettezza le quali,addirittura,imposero a quel galantuomo di Salvatore Curcio di spiegare perché dalla Procura non vi erano state fughe di notizie né “giustizia ad orologeria”…):
se davvero è fondato soltanto su “stronzate” (ipse dixit),perché mai i “logoratori di professione” (che,del resto,da che mondo è mondo,sono sempre in agguato…), dovrebbero averla vinta?
Si poteva continuare in questa “marcia trionfale” per il bene della Calabria e,al termine naturale della legislatura,farsi valutare dagli elettori per continuare a guidare questa terra “amara e bella”,non vi pare?
Invece,stoppiamo tutto: la legge lo consente e “buttiamo la croce” sulla burocrazia, la quale resterà muta,come sempre,purché serva.
Tutti comprendono che dietro questa decisione c’è dell’altro ed a me,tuttavia, non interessa capire cosa sia (se non che “tutta la città ne parla” e non si può fare a meno di sentire…).
M’interessa invece evidenziare altri due aspetti,così cari a Weber,in quanto qualità decisive dell’uomo politico:
la passione (sachliche Leidenschaft) e la lungimiranza (ein distanziertes Augenmaß).
Se vengo controllato,al giorno d’oggi,è facile che perda la serenità (si può capire ma non condividere);c’è che oggi, comunque, a fronte dell’avanzata dell’autoritarismo, ogni controllo pare indebito perché all’evidenza “disturba il manovratore”.
La vicenda del rifiuto del controllo giurisdizionale sulla valutazione dei “paesi sicuri”…e relative decisioni politiche unilaterali…la cancellazione dell’abuso d’ufficio, la riforma costituzionale della separazione delle carriere imposta a colpi di maggioranza,la dicono lunga sul fastidio che non cerca nemmeno di nascondere chi crede che governare significhi fare ciò che si vuole.
Direbbe Gaber (condivido la passione per lui con l’Arcivescovo di Cosenza-Bisignano): “una stretta di mano virile e fascista,che vuol dire non sono un pederasta”. L’uomo forte.
Ma se ci si affanna a dire che “la coscienza è tranquilla” mi chiedo perché mai la passione politica esiga simili scelte radicali e sopratutto monocratiche essendo,peraltro, lo scioglimento dell’assemblea regionale notoriamente l’atto ablativo di maggiore gravità per la comunità territoriale.
E quanto è lungimirante per la Calabria una simile decisione?
Chi compie tale scelta guarda a lungo per se’ o per tutti noi?
Si valutino dunque con attenzione le conseguenze di tali azioni.
Da ultimo una riflessione tecnica sulla quale chiamerei a pronunziarsi quantomeno i nostri giovani e valenti costituzionalisti delle Università calabresi.
Certamente mi sbaglierò ma penso che non una qualsiasi causa (gli atti personalissimi esclusi) che giustifichi la decisione di produrre lo scioglimento del consiglio regionale,sia in sé legittima: se così fosse sarebbe un automatismo del tutto arbitrario e quindi illegale.
Le dimissioni non possono non costituire un atto politicamente motivato; e questa motivazione deve riguardare il bene comune non l’interesse di uno solo (il quale teme di “farsi rosolare” dalle conseguenze -soltanto politiche?- di una inchiesta che,viceversa,afferma di non temere).
Ed ancor di più sarebbe da avversare se una tale decisione fosse frutto di una mancanza di responsabilità che porti qualcuno ad aspirare al potere soltanto per il potere stesso (Weber).