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UN’OTTIMA ANNATA

Il vino calabrese è più forte dei dazi di Trump: produzione (e qualità) in crescita

Il clima favorirà la vendemmia 2025: fino al +20% di risultati. La giusta conferma per un prodotto che in Ue viene non solo riconosciuto ma anche venduto

Pubblicato il: 10/08/2025 – 18:33
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Il vino calabrese è più forte dei dazi di Trump: produzione (e qualità) in crescita

COSENZA Nei giorni in cui Trump minaccia dazi in Ue al 15% (ma è ancora una nebulosa il futuro di vini e acciaio), c’è un’altra percentuale che sta rendendo più felice la vigilia di vendemmia ai vignaioli calabresi: un aumento a due cifre per la produzione, un boom che non andrà a intaccare la qualità – tutt’altro.
La vendemmia 2025, dalle prime stime effettuate, si accinge ad essere infatti una buona annata, con vigneti che si presentano in buona salute e con un carico di uva equilibrato, superiore al 2023 e 2024, ed in perfetto stato fitosanitario. La produzione prevede una crescita dal 10/15% fino al 20% in più sullo scorso anno. Se i mesi di settembre e ottobre decorreranno positivamente – annotano analisti ed esperti – le stime qui riportate potrebbero anche essere aumentate.

Un nuovo racconto del vino (non solo Cirò)

Un sigillo ulteriore al momento d’oro del movimento vino in Calabria, un indotto con punte d’eccellenza – basti pensare al Cirò tra riconoscimento Ue e Docg pronta a decollare – e territori in crescita – Reggino e Vibonese dopo l’exploit della Dop Terre di Cosenza – o ancora il bis appena incassato del Vinitaly and the City a Sibari, per non parlare del Cirò Wine Festival al via domani e una miriade di micro-eventi sparsi per i borghi calabresi dove la modalità sagra degli anni passati sta lasciando sempre più spazio a divulgazione non improvvisata e consapevolezza tanto nelle premesse quanto negli esiti.

Le previsioni: andamento climatico perfetto

Se nell’ultimo biennio (soprattutto nel 2023) peronospora ed eventi climatici estremi avevano compromesso le vigne dei produttori calabresi, per la campagna viticola 2025 facendo i dovuti scongiuri le previsioni in Italia indicano condizioni climatiche variabili da nord a sud, ma generalmente favorevoli, con alcune differenze regionali nel ciclo vegetativo, nella gestione fitosanitaria e nelle stime produttive. A fare il punto della situazione, attraverso i propri accademici, nei giorni scorsi è l’Accademia Italiana della Vite e del Vino che, territorio per territorio, ha analizzato lo stato delle uve dello Stivale con un aggiornamento al 3 agosto.
«Non vogliamo fare un bollettino della qualità della vendemmia del 2025 consapevoli che l’andamento climatico in fase finale di maturazione sarà fondamentale sulla sanità, quantità e qualità delle uve – ha spiegato il Presidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino, Rosario Di Lorenzo, commentando lo studio di una rete di docenti universitari ed esperti, tutti accademici –  sappiamo che la qualità sarà determinata anche dal lavoro che sarà svolto durante l’ultimo periodo di maturazione e per questo torneremo a fine vendemmia con un report ancora più vicino alla realtà».

In Calabria

Nel quadro diviso per macroaree produttive e con vendemmie sempre più anticipate causa cambiamenti climatici, la Calabria è associata a Puglia e Basilicata: nelle tre regioni del sud l’andamento climatico eccezionale di questa annata ha lasciato il segno. La fase di germogliamento è avvenuta in un clima ideale, con giornate soleggiate e temperature mitigate dal vento di tramontana. Clima ideale per germogliamento e fasi fenologiche regolari, caldo torrido ma ventilato, stato fitosanitario molto sano, assenza quasi totale di malattie fungine, alcune grandinate lievi. Le operazioni di raccolta per le uve precoci Chardonnay, Sauvignon, Pinot per le basi spumanti inizieranno dai primi giorni di agosto, in seguito le uve autoctone. 
In Calabria la produzione vinicola regionale è destinata a crescere almeno tra il 10% e il 15% rispetto al 2024 con picchi fino al 20%, con una qualità delle uve giudicata tra il buono e l’ottimo. È un’annata di conferme e di rinascita – ha commentato nei giorni scorsi Coldiretti – nonostante le gelate primaverili che hanno penalizzato il Crotonese, zona ad alta vocazione, dove si stima una perdita di raccolto che però non intacca la qualità anzi la eleva.

Qualche cifra

La superficie vitata in Calabria è di circa 9mila ettari. Le etichette delle varie aziende sono in crescita costante, pur rappresentando lo 0,7%, con circa 270mila ettolitri di produzione nazionale (la produzione ancora esigua è uno dei “crucci” dell’assessore regionale Gallo, mitigata solo in parte da carte dei vini che almeno nei ristoranti calabresi iniziano a “parlare” sempre più calabrese, erodendo in un quarto di secolo quote al provincialismo di proposte orientate sulla triade canonica Toscana, Piemonte, Veneto).
Il Cirò Classico, prima Docg calabrese riconosciuta ufficialmente lo scorso 25 luglio dalla Commissione Europea, resta il re assoluto del nostro movimento enoico: la denominazione – con cui la Calabria sale a 19 denominazioni nel comparto vino – si applica esclusivamente ai comuni di Cirò e Cirò Marina (provincia di Crotone), fino a un’altitudine massima di 462 metri sul livello del mare, il vitigno principale è il Gaglioppo minimo il 90% e i vitigni complementari Magliocco e greco nero fino al 10%, l’affinamento minimo è 12 mesi di cui quattro in legno.
La sfida adesso, “posizionato” il prodotto vino dal Pollino allo Stretto e – non senza difficoltà – sempre più nei confini extraregionali, resta l’export: tornando al punto da cui siamo partiti, se sugli Usa si addensano le nubi dei dazi è forse il momento di corroborare le nicchie di mercato europee, dove le aziende calabresi stanno portando avanti da anni un lavoro costante e certosino, magari silenzioso, dalla Svizzera alla Germania. (redazione@corrierecal.it)

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