«Padre Fedele ha portato la croce sulle strade. Vogliamo fare ciò che ci ha chiesto?»
L’omelia di Padre Giovanni Loria ai funerali del frate ultrà: «Il suo ricordo sia per tutti un segno di riconciliazione, unione e di pace»

COSENZA La chiesa del Santissimo Crocifisso non è riuscita a contenere tutti. Centinaia di persone hanno affollato il piazzale, le navate, i corridoi, strette attorno alla bara semplice e francescana di Padre Fedele Bisceglia, nel giorno dell’addio. Una città intera – quella degli emarginati, degli esclusi, ma anche della gente comune – ha risposto presente all’ultimo saluto del frate “scomodo”, ultrà, generoso, a volte spigoloso, ma autentico e profondamente cristiano.
A presiedere le esequie è stato l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano, Monsignor Giovanni Checchinato, mentre l’omelia è stata affidata al Ministro Provinciale dei Frati Cappuccini, Padre Giovanni Loria, che ha dato voce al mistero della fragilità, trasformandolo in una lezione d’amore.
La fragilità come porta al mistero
«La sua tenacia, il suo sentirsi capace di tutto, stava venendo meno. Penso che, in questi momenti di fragilità, lo abbiano aiutato ad entrare pienamente nel mistero della croce e non solo croce predicata ed indicata, ma vissuta e portata sulle strade». Padre Giovanni ha aperto la sua riflessione ricordando l’ultima stagione della vita di Padre Fedele, segnata da un corpo provato, da debolezze umane che lui stesso riconosceva, e da una fede che non lo ha mai abbandonato.
«Lo abbiamo visto – ha aggiunto Padre Giovanni – atteso, soprattutto nel letto di ospedale, alla misericordia di Dio, che voleva adottarlo attraverso la fragilità di un corpo ormai stanco ed appesantito, conformandolo al corpo glorioso di Cristo». Il dolore, la prova, il buio della malattia: tutto è stato parte del mistero pasquale – ha evidenziato il frate – della trasformazione che il cristiano vive accanto a Gesù.
«La Pasqua – ha aggiunto – è questo, cari fratelli e sorelle, la Pasqua non è solo il giorno della resurrezione. La Pasqua è il venerdì santo, il momento del buio. Pasqua è il letto della sepoltura, della tomba chiusa, Pasqua è il giorno della luce. Cristo è vittorioso perché innanzitutto è stato vittima».
L’amore che si dona e rende eterno
«Per il cristiano, la parentela con la sofferenza ed il dolore, lo dice Paolo, il momentaneo, leggero peso della tribolazione ci procura una quantità spropositata di eterna gloria e ci inserisce in sicurezza nella vita di Dio». Il cuore dell’omelia è stato l’amore, quello che Padre Fedele ha saputo offrire come strada per diventare eterno. «Ci fa credere a Dio – ha sottolineato Padre Giovanni – ci ricorda che solo l’amore, l’amore donato e offerto può renderci eterno. Per questo Gesù nel Vangelo ci ha ricordato che il giudizio sarà proprio sull’amore». Un amore che si misura nell’attenzione verso i più fragili, e che Padre Fedele ha cercato di incarnare nella concretezza della sua azione: «L’attenzione verso gli ultimi, gli abbandonati, gli esclusi, è stato l’impegno costante della vita di Padre Fedele. Tante volte, anche fuori dalle linee, con iniziative molto originali e coinvolgenti. Certamente riconosciamo che i suoi buoni sentieri hanno portato luce in una grande urgenza sociale, l’attenzione verso coloro che non hanno voce e non hanno possibilità di esprimere loro stessi perché meno, da emarginati di una società che li considera solo nella misura in cui produci e porti un profitto».
La lezione di Padre Fedele
«Vogliamo imparare, allora, una grande lezione dal padre – ha detto il frate cappuccino –. Malgrado le sue fragilità, debolezze, che riconosceva sempre, Padre Fedele ha lavorato per far riconoscere la dignità umana. Lui si è sempre detto missionario Cappuccino, anche se realmente non ha vissuto stabilmente con la missione all’estero, ma ha sempre mantenuto vivo l’impegno nella mediazione delle sofferenze fisiche dei tanti, divenendo anche medico del cuore». Nel momento del commiato, Padre Loria ha invitato tutti a volgere lo sguardo al Crocifisso, come fece Padre Fedele in tutta la sua vita: «Siamo tutti noi riuniti davanti a questo crocifisso, che tante volte ha visto Padre Fedele pregare e lodare. Siamo tutti qui intorno anche al nostro pastore, al vescovo della diocesi, come fratelli Cappuccini, a cui Padre Fedele è rimasto sempre legato, come popolo santo di Dio»
Ed è proprio alla croce che si guarda per ricevere la lezione finale: «Quella è la lezione più grande che noi possiamo imparare oggi. Ed è la lezione finale dataci da Padre Fedele e che è anche espressa nelle parole da lui stesso indicate per il manifesto, credo. Spero che lo abbiate letto. E spero che accogliamo queste sue parole, proprio come consolazione, ma anche come un invito nel vivere la nostra vita quotidiana».
«Si è posto fine ad ogni contrarietà»
«Si è posto fine ad ogni contrarietà, divisione e rancore e il suo ricordo sia per tutti segno di riconciliazione, unione, di pace e di bene». Il momento forse più intenso dell’omelia è stato quello in cui Padre Giovanni ha rivolto una domanda diretta e profonda ai presenti: «Una domanda. Vogliamo fare quello che Padre Fedele ci ha chiesto negli ultimi istanti della sua vita? Sì o no? Sì. Allora, questo sarà il dono più grande di questa giornata. Sarà il frutto più bello dell’esperienza vissuta in tanti anni per molti di voi, accanto a Padre Fedele. Questo è il frutto del mistero della Pasqua del Signore. Questo vuol dire celebrare Cristo».
«Caro Padre Fedele – ha concluso Padre Giovanni – riposa in pace. Prega per la tua città di Cosenza, che oggi ti ha onorato. Prega per tutti loro, perché possiamo anche noi essere il segno dell’amore di Dio che si esprime e ha tratto attraverso il mistero della croce Che noi oggi siamo certi che l’amore misericordioso di Dio ti abbraccia e ti illumina perché il tuo volto possa brillare in eterno della luce gloriosa del mistero di Cristo risorto, al quale sia sempre la gloria nei secoli dei secoli. Amen». (f.v.)
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