Bruscolino, Brigante e Mennuni: game over per gli uomini dei Marando latitanti in Spagna
Operazione della polizia spagnola a Ibiza. Sequestrati contanti, gioielli e droga. I tre sono legati alla potente cosca di ‘ndrangheta attiva a San Basilio

LAMEZIA TERME Fine della corsa per tre importanti uomini legati alla cosca dei Marando. Mentre in Italia si pensava a festeggiare Ferragosto, in Spagna un importante dispiegamento di forze di polizia ha messo fine alla latitanza di Marco Lenti (classe 1988 di Roma), Federico Mennuni (classe 1997 di Roma) e Alessio Di Pietro (classe 2001 di Roma) ricercati dallo scorso 8 luglio quando all’alba era scattata l’operazione “Anemone” contro le attività criminali nel quartiere San Basilio di Roma, fortino del potente clan di ‘ndrangheta dei Marando. Nessuna traccia al momento dell’arresto, ma la fuga non è durata troppo tempo.
La cattura
Il dispositivo di polizia a Ibiza ha riguardato anche una serie di perquisizioni che ha consentito di sequestrare in totale 35.000 euro in contanti, gioielli di grande valore – tra cui due orologi, uno dei quali del valore di 120.000 euro – documenti di identità falsi, sostanze stupefacenti, dispositivi mobili e documentazione di interesse, che sono ora al vaglio degli agenti.

Gli uomini dei Marando
Bruscolino e Brigante. Nomi noti a San Basilio, tutti dentro alla ristrettissima cerchia dei Marando. Il primo, Alessio Di Pietro, per gli inquirenti della Dda di Roma «in qualità di organizzatore» si sarebbe occupato di «gestire la piazza di spaccio, sovrintendendo alle attività dei pusher, delle vedette e di soggetti da impiegare». Inoltre, “Bruscolino” sarebbe stato impiegato nel «confezionamento e il trasporto di sostanza stupefacente per il rifornimento dei pusher, nonché, in taluni casi, alla cessione in prima persona dello stupefacente agli acquirenti», annota il gip nell’ordinanza che ha portato all’operazione “Anemone”. Sono numerosi i capi di imputazione che vedono protagonista Di Pietro, quasi tutti legati alla cessione di diversi quantitativi di cocaina, suddivisa poi in dosi da 5 e da 0,5 grammi, la cui cessione doveva poi essere “rendicontata” a Francesco Marando «attraverso i criptofonini» in uso all’organizzazione e forniti proprio dalla famiglia calabrese.
Al pari di Bruscolino, anche Marco Lenti è uno degli uomini dei Marando a San Basilio. In alcuni capi d’imputazione l’accusa gli contesta la ricezione da parte di Rosario e Francesco Marando di cinque panetti di cocaina marchiati con un quadrifoglio, nonché la detenzione di 500 grammi di cocaina dalla quale sarebbe riuscito a ricavare oltre mille dosi pronte per il mercato “al dettaglio”.

Il rapimento del pusher «infame»
E c’è poi Mennuni, il cui nome emerge soprattutto nella vicenda legata al sequestro e alla tortura di un soggetto di San Basilio. Ovviamente su ordine dei Marando. Si trattava, in particolare, di un pusher considerato dal clan di ‘ndrangheta un «infame», un’accusa che per il gruppo sarebbe bastata a giustificare un’aggressione vile e violenta, durata per oltre un’ora e accompagnata da ogni tipo di dileggio e mortificazione. L’evento è stato immortalato attraverso 10 video ritrovati poi dagli inquirenti estrapolando i dati dall’iPhone X sequestrato a Francesco Marando. E, proprio nel primo video, sarebbe stata immortalata la vittima mentre veniva avvicinata da un’auto quando uno degli indagati, proprio Federico Mennuni, utilizzando una bomboletta spray gli spruzza qualcosa sugli occhi. Mennuni avrebbe continuato ad «ustionare la vittima con una bomboletta spray, bruciandogli capelli, genitali, mani e polpacci» scrive ancora il gip. «(…) allora te adesso mi guardi e mi dici che sei un pezzo di merda…» gli dice Ciccio Marando. (g.curcio@corrierecal.it)
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