“Il Giardino di Orsola” e la Calabria saccheggiata
Del libro mi piace l’idea di smuovere l’oblio (contrastando il Nulla che avanza e dalla Rete dilaga infinitamente) da vicende cruciali del ‘900 calabrese, coniugando attendibilità scientifica ed effi…

Del libro mi piace l’idea di smuovere l’oblio (contrastando il Nulla che avanza e dalla Rete dilaga infinitamente) da vicende cruciali del ‘900 calabrese, coniugando attendibilità scientifica ed efficace divulgazione.
E poi, tra le tante storie nel Marchesato (tra cui quella delle “aggiustate”, le contadine che si accordavano per un compenso forfettario, dell’operaio della Pertusola, Pino Greco, che nel 1984 diede del tu, in rappresentanza della classe operaria, a papa Giovanni Paolo II in visita a Crotone e quella del “treno dei ricordi di Luigi Siciliani”, poeta e sottosegretario di Stato del primo governo Mussolini che torna a Cirò), proposte dal Rotary Club di Crotone in un “poliedrico lavoro di ricerca e scrittura” coordinato dallo storico Christian Palmieri, particolarmente mi piace la storia straordinaria di Orsola Marrazzo (il saggio “Il Giardino di Orsola” è firmato dal prof. Francesco Cosco).
La donna (classe 1934) è l’ultima rappresentante vivente dell’epopea industriale (nella Sila piccola) dell’azienda “So. Fo. Me”, le cui vicissitudini s’intrecciano con i successi e i rovesci della “Società Forestale Meridionale”, diventata nel 1925 “Rueping” e che, dal 1908 al 1949, diede vita a un’attività di sfruttamento industriale del legname per costruire traverse per le strade ferrate.
In breve: la storia di «migliaia di persone che cento anni fa si radunarono per un progetto comune» che impiantò segherie, teleferiche e ferrovie a scartamento ridotto per trasportare i tronchi semilavorati alla stazione di Cropani, da dove coi treni merci finivano a Napoli, e a quella di Crotone per le destinazioni nazionali e internazionali; e che coinvolse, oltre a manodopera specializzata proveniente dalle regioni del Nord, oltre 1300 operai.
Fino a quando la società fu requisita dal comando inglese (tra il ’46 e il ’47) e sottoposta al controllo degli esperti britannici, cosicché, dopo lo smontaggio dei materiali, i contadini, diventati frattanto teleferisti , telefonisti, boscaioli, meccanici, macchinisti e carpentieri, furono a costretti a cercare lavoro negli Stati Uniti e (in Italia) nelle fabbriche di Torino, Milano e Genova.
Toccò a Orsola Marrazzo (come ricorda nei suoi due magnifici e autobiografici libri: “Gariglione: sulle ali della memoria” e “Là dove svetta Il Gariglione”), nata in una baracca di boscaioli a Macchia dell’Orso (comune di Mesoraca), copiare con la macchina per scrivere le centinaia di lettere di ex lavoratori della “Sofome” che cercavano un ingaggio nelle fabbriche di tutto il mondo.
Metafora eloquente e,insieme, dolente di una Calabria intraprendente e combattiva di cui la memoria collettiva dovrebbe andar fiera, costretta tuttavia alla fuga non dal destino cinico, ma da scellerate scelte economiche e politiche che l’hanno deliberatamente sedotta e abbandonata.
“Storie del ‘900 nel Marchesato e Oltre” (Carratelli editore) mi è stato donato dalla nipote di Orsola, l’avvocato Candida Marrazzo, dinamica presidente del Rotary Club di Petilia Policastro.
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