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i numeri allarmanti

Un giro d’affari miliardario e lavoratori senza diritti: la piaga del caporalato in Calabria

Infortuni nascosti, niente tutele e inquinamento del mercato. Come la criminalità sfrutta una delle regioni più povere d’Europa

Pubblicato il: 24/08/2025 – 15:17
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Un giro d’affari miliardario e lavoratori senza diritti: la piaga del caporalato in Calabria

Nei mesi estivi la Calabria sembra un altro mondo: centinaia di migliaia di turisti, il ritorno (seppur per poco) degli emigrati, giornate che si allungano e – cinicamente – più soldi e lavoro che girano. E in un territorio segnato dalla forte povertà economica e sociale ogni tipo di lavoro viene visto, da chi ne ha bisogno, come un’occasione da non lasciar andare. È in questo contesto, di una delle regioni più povere d’Europa che prospera il fenomeno del lavoro nero e del caporalato, tra chi sfrutta le necessità delle famiglie e le organizzazioni criminali che si infiltrano in ogni settore.

La ricerca di manodopera a basso prezzo

Dal turismo all’agricoltura, la carenza di “manodopera” ha spalancato le porte all’arrivo di migranti dall’estero, in particolare dall’Africa o dal Sudamerica, con un boom di argentini nell’ultimo anno arrivati in terra calabra anche per cercare di ottenere l’ambita cittadinanza italiana. E se comunque resta in grande maggioranza chi assume in modo legale, sono ancora tanti i datori di lavoro che si affidano al lavoro nero o, ancora peggio, ai “caporali” capaci di portare manodopera a basso prezzo. L’ultimo intervento in ordine cronologico è avvenuto nel Reggino, lungo la costa vicino Melito Porto Salvo, dove nel corso di alcuni controlli relativi a uno spettacolo non autorizzato in una struttura balneare sono stati anche trovati due dipendenti di origine straniera, lavoratori in nero che alla vista dei Carabinieri hanno tentato la fuga.

La commissione a Gioia Tauro e gli ultimi dati allarmanti

Le condizioni di lavoro sono poi particolarmente allarmanti nella piana di Gioia Tauro, con la filiera agricola condizionata in modo forte dal caporalato. Sono alte le percentuali che vedono la presenza di lavoratori irregolari, per lo più stranieri, nei campi: secondo un rapporto della Cgia di Mestre, risalente all’anno scorso e relativo a dati del 2021, la Calabria registra che oltre il 19% tra gli occupati non è in regola. Numeri che quasi doppiano la media nazionale ferma all’11% e classificano la regione al primo posto per lavoro nero. Un giro d’affari che in Italia ammonta a 68 miliardi di euro, 23 nel Mezzogiorno e 2,5 miliardi in Calabria, che se rapportato al valore aggiunto totale della regione rappresenta comunque la percentuale più alta (8,3% rispetto a una media del 4,2%). Ancora più allarmanti i dati dei sindacati, con la Fai Cisl che denuncia come «quattro lavoratori su dieci sono irregolari». Un fenomeno che a fine luglio è finito anche nel mirino della commissione parlamentare d’inchiesta in visita a Gioia Tauro. Ma lavoro nero, soprattutto quello in mano alla criminalità, significa anche meno tutele per i lavoratori e più infortuni: in Calabria, segnala l’ultima relazione annuale dell’osservatorio regionale, questi ultimi sono cresciuti del 2% rispetto all’anno precedente. Da questi vanno esclusi quelli neanche denunciati, un fenomeno diffuso nel caporalato e nel lavoro nero, dove anche gli infortuni mortali rischiano di essere occultati. (ma.ru.)

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