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processo radici

‘Ndrangheta, la «malavita del signor Serra»: dagli autotrasporti agli affari con i Pesce-Bellocco

Nelle motivazioni dei giudici, i racconti del pentito Mantella. «Doveva rimpiazzare Ventrici finito ormai nella blacklist»

Pubblicato il: 26/08/2025 – 18:29
di Giorgio Curcio
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‘Ndrangheta, la «malavita del signor Serra»: dagli autotrasporti agli affari con i Pesce-Bellocco

LAMEZIA TERME «Il mandato è stato quello di investire i capitali nel settore degli autotrasporti perché doveva rimpiazzare Ventrici (…) che ormai apparteneva alla “black list”». E ancora: «Si è sviluppato con i soldi dei Mancuso, perché era un apprendista elettrauto e suo suocero lo tira dentro a questa massomafia e si sviluppa nel nord Italia…». A parlare è il collaboratore di giustizia Andrea Mantella e il riferimento è a Saverio Serra, vibonese classe ’71, condannato a 13 anni e 3 mesi nel corso del processo “Radici”, nato dall’omonima inchiesta della Dda contro la presenza, in Romagna e in Riviera, di soggetti appartenenti alla ‘ndrangheta calabrese.

Il processo

La ricostruzione di Mantella, ascoltato nel corso del dibattimento, è parte integrante delle motivazioni della condanna. E hanno aiutato inquirenti e giudici a delineare la figura di Serra, soggetto di primissimo piano negli scenari criminali della cosca di Limbadi “esportata” in Riviera. Secondo il pentito Serra e il suocero «comprano autoarticolati, un autoarticolato costa 300.000 euro per intenderci, non è che… anche se c’è il leasing, voglio dire. Comprano tir, cose, si dedicano al trasporto della droga per la cosca Molè – Piromalli – Pesce, e si evolve così l’attività malavitosa del signor Serra…».



Il legame coi Pesce-Bellocco

Come riportano i giudici nelle motivazioni, a riscontro della ricostruzione di Mantella c’è, in particolare, una intercettazione tra lo stesso Serra e un pluripregiudicato. I due parlano di «merce […] prodotto […] materiale» del valore di 160mila euro. Il soggetto con cui discute Serra «nella conversazione si qualifica quale rappresentante degli interessi criminali di soggetti riconducibili ad una ‘ndrina di Rosarno». Non è un caso, dunque, se è stato indicato dal collaboratore Moscato Raffaele quale «affiliato al clan Pesce-Bellocco». Per i giudici, dunque, «in ciò si spiega l’importanza del ruolo di Serra, ormai sganciato dalla ascesa nelle doti di ‘ndrangheta conosciute».



I legami dei famigliari “a disposizione”

Sulla base del racconto del pentito Mantella, i giudici arrivano ad un’altra conclusione. L’ingresso del vibonese Saverio Serra nel clan Mancuso «lo si deve proprio al suocero Giuseppe Gramendola, che già fungeva da prestanome per Mancuso Pantaleone, alias “Vetrinetta”, ritenuto storico membro di grado apicale dell’omonima consorteria criminale». Nello stesso senso si è espresso ancora Mantella rispetto all’altro ramo di parentela di Serra, acquisita tramite il matrimonio della sorella con Antonio Scrugli (cl. ’66), quest’ultimo coinvolto nell’inchiesta “Rinascita-Scott” e già condannato in primo grado e riconosciuto dall’altro pentito, Raffaele Moscato, «come soggetto impegnato nel settore ortofrutticolo» e padre di Michele, «entrambi appartenenti ad una famiglia di “soggetti a disposizione” della ‘ndrangheta pur non sapendo precisare il clan in particolare», riportano i giudici nelle motivazioni.
Tutto ciò spiega – come scrivono i giudici – nel contesto dell’associazione presa in esame nel presente processo, «perché sia emerso un ruolo decisamente verticistico di Saverio Serra nel sodalizio criminoso, proprio quale espressione della sua affiliazione con la consorteria ’ndranghetista dei Mancuso di Limbadi». (g.curcio@corrierecal.it)

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