Estradati in Italia i tre latitanti arrestati a Ibiza: erano legati alla cosca dei Marando
Atterrati ieri a Roma dopo l’arresto di Ferragosto, Marco Lenti, Federico Mennuni e Alessio Di Pietro erano ricercati dal blitz dell’operazione “Anemone”

Sono stati estradati ieri in Italia i tre latitanti arrestati a Ibiza lo scorso 15 agosto nel corso di un’operazione congiunta tra il Ros dei Carabinieri e la polizia spagnola, coordinata nell’ambito del progetto I-Can contro la ‘ndrangheta. Marco Lenti, Federico Mennuni e Alessio Di Pietro, tutti e tre originari di Roma, sono atterrati all’aeroporto di Fiumicino sotto scorta e sono stati affidati alla Polizia Penitenziaria per essere poi condotti in tre carceri di massima sicurezza.
L’arresto e l’estradizione sono legati all’operazione “Anemone”, scattata lo scorso 8 luglio su disposizione della Dda di Roma: un’indagine che ha svelato l’esistenza di una rete criminale di matrice ‘ndranghetista, attiva nella Capitale ma con profonde radici in Calabria, riconducibile alla potente famiglia Marando di Platì.
La rete dei Marando a Roma
I tre giovani estradati, tutti sotto i 40 anni, avrebbero avuto ruoli chiave nella gestione della droga nel quartiere San Basilio, storico fortino dei Marando nella Capitale. Secondo l’accusa, il gruppo gestiva una fitta rete di spaccio, basata su una struttura piramidale con vedette, pusher, trasportatori e contabili. I contatti con i vertici calabresi sarebbero stati mantenuti attraverso criptofonini forniti dalla cosca. Alessio Di Pietro, detto “Bruscolino”, viene indicato nell’ordinanza come organizzatore della piazza, con compiti di coordinamento e gestione operativa della rete. Si sarebbe occupato personalmente del confezionamento e della distribuzione della cocaina. Marco Lenti, anch’egli legato ai Marando, è accusato di aver ricevuto almeno cinque panetti di cocaina con il marchio distintivo del quadrifoglio e di averne custodito mezzo chilo per il mercato al dettaglio.
Torture e video: la violenza del gruppo
Il profilo più inquietante è quello di Federico Mennuni, coinvolto – secondo gli inquirenti – in un rapimento punitivo ordinato dalla cosca. La vittima, un pusher sospettato di essere un “infame”, fu sequestrata e torturata per oltre un’ora. Le violenze sono state documentate in 10 video trovati sull’iPhone di Francesco Marando, ritenuto uno dei capi del gruppo. Mennuni, in particolare, è accusato di aver spruzzato una bomboletta urticante negli occhi della vittima, per poi bruciargli capelli, mani, genitali e polpacci. Una punizione brutale, accompagnata da insulti e umiliazioni. «Ora mi guardi e mi dici che sei un pezzo di merda», gli avrebbe ordinato uno dei presenti nel video.
Il blitz a Ibiza
La latitanza dei tre era durata poco più di un mese. A Ferragosto, una task force italo-spagnola li ha localizzati in un’abitazione di lusso a Ibiza, dove conducevano una vita agiata e protetta. Nel blitz, oltre agli arresti, sono stati sequestrati 35.000 euro in contanti, gioielli, documenti falsi, droga e materiale elettronico ora al vaglio degli investigatori.
Traffico internazionale e base a Roma
Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia, la rete sgominata dall’operazione Anemone non operava solo a livello locale. Il gruppo gestiva un traffico internazionale di stupefacenti, con diramazioni in Albania, Spagna e Sud America, e vantava una struttura operativa stabile nella Capitale. La misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Roma ha colpito 28 persone, tra italiani e albanesi, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, traffico di droga, sequestro di persona, estorsione e detenzione illegale di armi. (f.v.)
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