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La lunga fuga dei Gallace-boys: 7 mesi di latitanza per i due broker Arcorace e Vitale

Da quando è scattata l’inchiesta “Ostro” il 29 gennaio 2025, entrambi gli indagati restano irreperibili, mentre le indagini spingono fino al Sud America

Pubblicato il: 29/08/2025 – 17:51
di Giorgio Curcio
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La lunga fuga dei Gallace-boys: 7 mesi di latitanza per i due broker Arcorace e Vitale

LAMEZIA TERME Sono latitanti da sette mesi esatti. Da quando, cioè, tra Calabria, Lazio, Piemonte e Lombardia è scattata la maxioperazione ribattezzata “Ostro” che ha visto impegnati i Carabinieri del Comando Provinciale di Catanzaro e del Ros nei confronti di 44 indagati (15 finiti in carcere, 29 agli arresti domiciliari). Per due di loro, però, l’ordine di arresto non è ancora stato eseguito.
Dallo scorso 29 gennaio 2025, infatti, si sono perse le tracce di Cesare Antonio Arcorace (classe 1989) e Bruno Vitale (classe 1997), entrambi destinatari di un ordine di carcerazione firmato dal gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Distrettuale antimafia del capoluogo.  

Operazione “Ostro”

La fuga

Sette mesi in fuga, un lasso di tempo in cui entrambi hanno fatto perdere le proprie tracce lasciando a mani vuote – finora – gli investigatori che hanno messo le mani sui presunti affari illeciti della cosca di ‘ndrangheta dei Gallace, legati soprattutto al narcotraffico internazionale di cocaina dal Sud America. Nessuno sa dove Vitale e Arcorace possano essere. Gli inquirenti evidentemente stanno scandagliando da mesi ogni possibile pista che possa portare dalla Calabria fino al Sud America, luogo in cui entrambi potrebbero aver trovato “protezione” visti i loro interessi criminali.
Intanto per entrambi le accuse sono diventate ancora più circoscritte nel corso di un secondo blitz, scattato nel frattempo in piena estate. Lo scorso 18 luglio, infatti, i militari del Servizio Centrale e del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, hanno eseguiti altri 9 arresti, tutti soggetti accusati a vario titolo di aver promosso, diretto, finanziato, organizzato e realizzato un intenso traffico internazionale di sostanze stupefacenti dal Sud America, mentre in Colombia le autorità locali non hanno mai interrotto le operazioni di ricerca di altri latitanti presenti sul loro territorio e legati alla ‘ndrangheta calabrese.

narcotraffico gallace

Alias “Kleopatra”

Con il blitz di luglio occhi puntati ancora sul narcotraffico e due nomi che ritornano: quelli di Vitale e Arcorace, ancora una volta introvabili. Arcorace, 36enne di Locri, secondo l’accusa sarebbe «partecipe alla cosca Gallace», eseguendo le disposizioni del boss, Cosimo Damiano Gallace. In un capo d’accusa, ad esempio, Arcorace avrebbe «provveduto a sostenere la carcerazione di Vincenzo Pasquino in Brasile e a custodire somme di danaro che faceva interrare». Insieme ad altri indagati, inoltre, è accusato di aver importato e introdotto in Italia «in modo illecito da Serbia e Montenegro ma anche dalla Svizzera, armi da guerra». Arcorace alias “Kleopatra sarà poi il protagonista dell’inchiesta della Dda di luglio che ha preso spunto proprio dal suo nickname. In questo frangente le accuse per Arcorace sono ancora più gravi. Per gli inquirenti, infatti, il classe ’89 sarebbe un «vero e proprio broker del narcotraffico, ritenuto «uno dei referenti più grossi della Calabria», con contatti diretti «con i fornitori di cocaina brasiliani ed ecuadoriani», gestendo poi «le operazioni di recupero del narcotico presso i porti di approdo».

Vitale “Kenzo new”

Profilo simile quello dell’altro latitante da gennaio scorso, Bruno Vitale (cl. ’97). Secondo l’accusa della Dda di Catanzaro, infatti, sarebbe «un partecipe del gruppo dei Gallace», eseguendo gli ordini del boss e «distribuiva le somme per il sostegno delle famiglie dei carcerati, concorrendo nel recupero crediti relativi ad attività criminose», oltre a detenere un numero imprecisato di armi. “Kenzo new”, questo il nickname scelto nelle chat criptate, insieme al fratello si sarebbe impegnato personalmente nella «coltivazione della canapa a Guardavalle, per poi prodigarsi anche nel successivo spaccio di marijuana, hashish e cocaina fornita da Cesare Antonio Arcorace».

I precedenti in Sud America

Per entrambi, dunque, il core business per anni sarebbe stato legato alla pianificazione e all’importazione, in Italia e nei porti europei, di ingenti quantitativi di cocaina. Nel corso delle ultime settimane sono stati numerosi gli arresti di ricercati italiani scovato in Sud America, da alias “Dollarino”, coinvolto nell’inchiesta “Hydra” della Dda di Milano, ai due broker legati alla ‘ndrangheta: Peppe Palermo e Federico Starnone. Il primo è stato catturato a Bogotà il 12 luglio ed è considerato «organizzatore, con il ruolo di intermediario e referente in Sudamerica dell’associazione», col principale compito di condurre le trattative con i narcos colombiani per conto del sodalizio. Il secondo, invece, è stato scovato a Cali l’11 agosto 2025, ed è considerato dalle autorità colombiane quale «successore di Giuseppe “Peppe” Palermo». Per gli inquirenti italiani avrebbe svolto un ruolo di «intermediazione con i narcos colombiani ed ecuadoriani». (g.curcio@corrierecal.it)

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