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Preferenze, percentuali e paradossi: guida al rebus elettorale

Un’analisi dei meccanismi elettorali calabresi. Per molti aspiranti consiglieri, la vera arma non è l’urna ma la calcolatrice

Pubblicato il: 29/08/2025 – 7:05
di Danilo Monteleone
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Preferenze, percentuali e paradossi: guida al rebus elettorale

LAMEZIA TERME In politica, ed in particolare nelle elezioni regionali, i protagonisti che ambiscono a recitare un ruolo di primo piano hanno tre essenziali preoccupazioni.
Intanto quella di spuntare un posto in lista, poi augurarsi che la lista sia giusta con riferimento al quorum ed a quelle percentuali che determinano vita o morte dell’aspirante consigliere, ed infine – last but not least – quella di ottenere i consensi necessari dai cittadini.
Quest’ultimo potrebbe apparire l’elemento decisivo ma, a causa delle leggi elettorali, che in Italia nei loro bizantini meccanismi sono tanto demoniache e poco democratiche, ottenere più voti non è l’elemento decisivo, almeno per buona parte di quelli che poi saranno eletti. Facciamo esempi concreti.
Può accadere che un candidato nella lista ufficiale del PD o di Forza Italia ottenga anche il doppio o il triplo dei voti rispetto a chi invece corre nella lista satellite (Democratici e Progressisti o Forza Azzurri), con il risultato di non essere eletto. Nell’assise di Palazzo Campanella infatti si entra in forza non solo del numero dei voti (personali e di lista) ma in ragione di percentuali che determinano poi l’attribuzione dei seggi, a cui si aggiunge l’ulteriore calcolo relativo ai seggi ripartiti nelle tre circoscrizioni, anche in questo caso in ragione delle percentuali ottenute dalle singole liste. Un rompicapo.
Esempi eclatanti? A decine. Chi non ricorda, ad esempio, il caso di Arturo Bova eletto nel 2014 consigliere nella circoscrizione Centro per la lista “Democratici e Progressisti” con appena 2.953 preferenze e, nella stessa circostanza, la mancata elezione di Francesco De Nisi che, nonostante gli 8.779 voti conquistati (5.826 in più di Bova) nella lista del Partito Democratico, rimase fuori da Palazzo Campanella? Un meccanismo di ripartizione dei seggi che a volte è davvero mefistofelico, ed è temuto dai candidati più di ogni altra cosa. Pensate ancora alle ultime elezioni regionali: nella lista di Coraggio Italia il secondo in termini di preferenze fu Frank Mario Santacroce, che incassò ben 6.982 preferenze ma, avendo la lista ottenuto solo un seggio nell’area centrale, non fu eletto. A Palazzo Campanella, invece, il seggio conquistato dal Movimento Cinquestelle, sempre nell’area centrale, consentì a Francesco Afflitto di varcare la soglia dell’Astronave con appena 1.987 voti.
Consigliere regionale con un soffio di voti, dietro nelle urne di quasi 5mila preferenze ma davanti per l’agognato palazzo. Ecco perché, al netto di ciò che viene raccontato su scelte ideali e di convinzione e senza tenere conto delle “teste di serie” nelle liste ufficiali dei partiti, la vera preoccupazione di queste ore per i tanti aspiranti candidati non riguarda le urne ma, più prosaicamente, la calcolatrice. Unita, quest’ultima, ad una difficile ed ardua previsione del futuro.
I sussurri danno infatti conto di lotte spietate, attese dell’ultimo minuto per scegliere la lista giusta, tribolazioni di chi, pur forte di un pacchetto di voti magari anche abbastanza consistente, si sente “condannato” ad essere inserito in una lista troppo competitiva dove affrontare i caterpillar delle preferenze. Vero è che da questa consiliatura regionale i calcoli sono per un verso più favorevoli, per altro ancor più aritmeticamente complicati. L’entrata in vigore del consigliere supplente amplifica un po’ le speranze di chi, immaginando la nomina assessorile del primo della lista, conta sulla circostanza che dà al primo dei non eletti la possibilità di entrare in Consiglio.
I calcoli, insomma, sono frenetici, le richieste – ed in qualche caso le suppliche – costanti, tra somme, sottrazioni, previsioni, attesa di conoscere l’elenco dei candidati per poi fare, se possibile, la scelta giusta. In molti, moltissimi casi alla fine avviene però ciò che, con il nero umorismo inglese, descrisse bene Winston Churchill, vittima – come pochi altri – della mobilità del consenso a dispetto dei meriti, della mutevolezza dell’opinione pubblica: «l’abilità in politica consiste nella capacità di prevedere ciò che accadrà domani, la settimana prossima, il mese prossimo, l’anno prossimo. E successivamente nell’essere in grado di spiegare perché non è avvenuto». (redazione@corrierecal.it)

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