Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 23:51
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

la diatriba

Polsi, il sacro e gli ideologi della modernità

Posizioni che scontano una grave ignoranza in tema di antropologia, filosofia, psicologia e storia delle religioni

Pubblicato il: 03/09/2025 – 10:16
di Francesco Bevilacqua*
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Polsi, il sacro e gli ideologi della modernità

Le polemiche di questi giorni sulla sospensione delle celebrazioni al Santuario di Polsi, a San Luca d’Aspromonte, hanno scatenato i detrattori dell’arcaicità della Calabria. Tra questi ci sono i soliti ideologi di quelle “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità che Giacomo Leopardi (non uno qualunque) dileggiò ne “La ginestra”. Lo si è visto in particolare in alcuni commenti ai post di chi perorava la causa di Polsi. Fra questi commenti ci sono quelli degli incrollabili razionalisti di turno, che bollano la difesa del sacro (in Calabria) come oscurantismo. Quelli che dicono, testualmente: “certi riti vanno consegnati al passato senza rimpianti”, “siamo in pieno identitarismo, e riscopriamo pure Polsi!” Come se Polsi e la sua gente meritassero non la sospensione delle celebrazioni, ma addirittura la cancellazione. In altri termini, questi soloni neo-illuministi vorrebbero costringerci a mettere da parte tradizioni, credenze, modi di vedere il mondo, perché Polsi sarebbe la causa dei rigurgiti identitari, autoritari e razzisti che circolano sul Pianeta (anche questo hanno scritto).
La verità è che ci sono persone che vivono in Calabria e ce l’hanno con la Calabria. Perché per loro è solo una prigione. O perché sono costretti a rimanerci facendosi tanti complessi. O perché vorrebbero trasformarla in una metropoli progressista dove tutto è velocità, efficienza, sicurezza, vitalismo, omologazione, modernità. E magari sarebbero capaci di chiedere la demolizione del santuario di Polsi, la rieducazione di chi crede nella Madonna, l’arresto immediato di chi partecipa ai riti non solo per concorso esterno in associazione mafiosa (altro tema ricorrente quando si parla di Polsi) ma anche per attentato alla scienza, alla ragione, al progresso.

Ora, queste posizioni scontano una grave ignoranza in tema di antropologia, filosofia, psicologia e storia delle religioni. Se i detrattori avessero letto qualche pagina di Rudolph Otto, Mircea Eliade (il quale dimostrò come perfino il marxismo, formalmente ateo, era invece intriso di modelli di pensiero religioso), Carl Gustav Jung, Emile Durkheim, Walter Burkert, Julien Ries, Ernesto De Martino (il quale, fra l’altro, scandalosamente attestò “la realtà dei poteri magici”) o, per citare un contemporaneo, Umberto Galimberti, sarebbero rimasti tranquilli al mare invece di avventurarsi in giudizi sommari su questioni per le quali non dovrebbero nutrire alcun interesse viste le loro posizioni riduzioniste (il riduzionismo è quella forma di pensiero che riduce, appunto, la realtà solo a ciò che è misurabile, calcolabile, sperimentabile).
Per secoli l’uomo ha intuito che l’oggettività (o presunta tale) non basta a saziare la sete di senso e, stando a certi esiti della fisica quantistica, neppure a comprendere completamente la materia e l’origine dell’universo. E per questo l’immaginazione dell’uomo ha prodotto un’idea che travalica le apparenze, va oltre l’oggettività, placa quella sete. Sto parlando del sacro, da “sacer” che significa separato, nel nostro caso rispetto al profano. Il sacro si muove su tre binari fondamentali: simboli, ossia segni che richiamano altro da sé; miti, cioè racconti fondativi di una comunità; riti, che altro non sono che ripetizioni di miti.       
A Polsi – come in migliaia di altri luoghi del mondo – convergono tutti e tre i binari e si rappresenta il sacro nella sua dimensione assoluta, ancor più amplificata dalla fede di tanta gente semplice e dalla bellezza struggente dei paesaggi d’Aspromonte. Mercé la tradizione, che tanto dà fastidio ai presunti modernisti.

madonna di polsi foto giancarlo parisi


Sullo specifico di Polsi andrebbe letto – a parte quel che narrativamente hanno scritto autori come Alvaro, Perri, Seminara etc. e dal punto di vista antropologico Teti ed altri – quantomeno “Storia e leggende a Polsi d’Aspromonte” di Salvatore Gemelli, che, per altro, era un importante medico chirurgo italiano e quindi un rappresentante di quel mondo della scienza che tanto piace a coloro che osteggiano la religione.
Per concludere, cari detrattori di Polsi, sappiate che in quel luogo – che voi probabilmente non avete mai visto se non in qualche real sui social – si fa esattamente ciò che l’uomo fa almeno dal paleolitico medio (Ries), ossia venerare la divinità, dare un senso alle proprie vite, tenere insieme una comunità (Durkheim). E se è vero che Claude Lévi Strauss pensava che nessuno può capire l’umanità senza capire le sue fedi ed i suoi miti, allora è anche vero che capire Polsi serve ancora – e servirà in futuro – a capire la Calabria e i calabresi. Fatevene, dunque, una ragione.

*Avvocato e scrittore

Foto di Giancarlo Parisi

LEGGI ANCHE: La strada che porta a Polsi. Una metafora della Calabria

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato  

Argomenti
Categorie collegate

x

x