Visite inesistenti e malattie «decise a tavolino»: nel sistema delle truffe lo studio medico «come un negozio»
Il sistema delle false certificazioni rilasciate da medici nella Locride. I pazienti “ordinavano” e le professioniste eseguivano. «Bontà dottoressa…»

LOCRI Visite inesistenti o dalla durata «fulminea». Diagnosi di malattie «quasi decise a tavolino», mentre chi avrebbe dovuto visitare i pazienti non distoglieva nemmeno «lo sguardo dal monitor del computer». Tra le diagnosi “Lombosciatalgia persistente con parestesie arti inferiore” , oppure “lombosciatalgia con limitazione funzionale”. E ancora: “Cefalea muscolo tensiva, disturbo d’ansia”. Nel caso del giovane il cui certificato era stato ritirato direttamente dalla madre, la diagnosi era “sindrome ansioso depressiva”.
L’inchiesta
Sono decine gli episodi passati in rassegna dagli investigatori e che hanno portato alla scoperta da parte della Guardia di Finanza di un vero e proprio sistema di rilascio di certificazioni mediche false da parte di medici di base a Bovalino. Due le dottoresse finite agli arresti domiciliari, mentre per una terza il gip ha respinto la richiesta di misura cautelare in quanto ormai in pensione. Sono in totale 144 gli indagati nell’inchiesta della Procura di Locri. I soggetti destinatari delle certificazioni false erano per la maggior parte braccianti agricoli che sfruttavano le tutele assistenziali assicurate dallo Stato, come l’indennità di malattia erogata dall’Inps a soggetti impediti al lavoro da motivi di salute. I certificati – hanno dimostrato le indagini – venivano rilasciati in tempi rapidi e spesso si basavano su semplici conversazioni tramite piattaforme di messaggistica telefonica o demandando a terzi il ritiro di certificati già precompilati.
Le visite inesistenti e le malattie decise a tavolino
Un modus operandi che le dottoresse in questione, stando a quanto emerge dalle numerose intercettazioni alla base dell’inchiesta, utilizzavano sistematicamente. «Non devono capitare tutti nello stesso giorno», la constatazione di una delle professioniste nel proprio studio medico.
E analizzando i dialoghi captati emerge come in un caso, un paziente si fosse presentato presso lo studio medico comportandosi – si legge nell’ordinanza – «quasi come se si trovasse in un esercizio commerciale al dettaglio dove, alla disponibilità palesata dall’esercente (“dite“), egli risponde ordinando quanto desiderato (“malattia”)». Insomma, i pazienti ordinavano e le dottoresse eseguivano attraverso il rilascio del certificato. Nessun legame, inoltre, tra la durata della prognosi e la malattia del paziente, quest’ultima – appuntano gli investigatori – «inesistente o, anche a volerla per assurdo ritenere esistente, manca totalmente, da parte delle due dottoresse, l’accertamento medico propedeutico alla diagnosi”.
Nel caso in questione la dottoressa chiede «Che problema avete?» al paziente, il quale risponde ironicamente: «ho questa allergia che “pari mai”, dottoressa». Subito dopo la professionista assegna la diagnosi di ‘‘lombosciatalgia”. E quindi un’esclamazione che secondo chi indaga dimostra come il paziente «riconoscesse in quelle diagnosi di malattia un atto di generosità del medico curante anziché il mero risultato di un accertamento approfondito svolto secondo scienza medica»: «bontà dottoressa». (m.r.)
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