Omicidio Andrea Sacchetti, il collaboratore di giustizia Nicola Acri condannato a 9 anni e 4 mesi
Il 29enne ucciso il 5 febbraio 2001 nella Sibaritide. «Cinque o sei colpi di pistola» sparati in un’azienda agricola

CATANZARO Nove anni e 4 mesi, è la pena decisa dal gup di Catanzaro, Fabiana Giacchetti, nei confronti di Nicola Acri. Al termine del processo celebrato con il rito abbreviato, il collaboratore di giustizia – in passato conosciuto negli ambienti criminali con il soprannome di “Occhi di ghiaccio”, è stato considerato tra i responsabili dell’omicidio di Andrea Sacchetti: il 29enne ucciso il 5 febbraio 2001 nella Sibaritide.
La ricostruzione del delitto
«Cinque o sei colpi di pistola» sparati al termine dell’incontro in un’azienda agricola. Il clan di Rossano aveva deciso che il 5 febbraio 2001 sarebbe stato l’ultimo giorno di Andrea Sacchetti. Un uomo – «inserito nei circuiti criminali» della città – di cui i capi non si fidavano. Quella mattina di febbraio Sacchetti, destinatario della misura di prevenzione, «esce di casa per non farvi più ritorno». Una scomparsa avvolta nel mistero per oltre vent’anni, fino a quando le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Nicola Acri e Ciro Nigro non fanno chiarezza sul “cold case” per il quale – nel 2023 – è stato arrestato Rocco Azzaro. L’inchiesta della Dda di Catanzaro era stata firmata dai pm Stefania Paparazzo, Domenico Guarascio e Parolo Sirleo insieme agli aggiunti Vincenzo Capomolla e Giancarlo Novelli e al procuratore dell’epoca Nicola Gratteri.
Nicola Acri e Ciro Nigro, i due pentiti
Il boss Nicola Acri decide di pentirsi nel maggio 2021. Ha distribuito negli anni e in più verbali le narrazioni sulla presunta operatività dell’associazione criminale degli “Zingari“, operante a Cassano allo Ionio e nei comuni limitrofi, facente capo alla famiglia Abbruzzese. Acri è considerato un esperto utilizzatore di armi da sparo, dotato di spiccata freddezza: un killer spietato. Suo fratello nel corso di un processo testimoniò sulla loro infanzia, spesa nei cortili delle caserme. Ai carabinieri del Ros che lo catturano dice: «Siete carabinieri? Complimenti siete stati bravi. Sono Nicola Acri». Aveva un covo nella zona di Comacchio, in provincia di Ferrara, dove si era trasferito per curare i propri interessi nella zona. Nel giorni precedenti era stato ripreso dalle telecamere di videosorveglianza di un centro commerciale della provincia di Ravenna con la moglie e il figlio. Ma poi aveva fiutato il pericolo e aveva deciso di darsi alla fuga. È stato fermato a bordo di una Ford Focus, in possesso di documenti falsi. Grazie anche alle sue rivelazioni ha consentito ai magistrati di ricostruire i dettagli di due casi di lupara bianca datati 2021: quello di Andrea Sacchetti e di Salvatore Di Cicco, consegnato ai cirotani e sepolto con un escavatore. (f.b.)
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