Ci sono molti modi di fare battaglia politica
Le femministe che hanno lottato, molto prima di noi e per tutte e tutti noi, ci hanno insegnato che la lotta non si divide

Ci sono molti modi di fare battaglia politica.
Il mio è iniziato anni fa quando, alle manifestazioni pro Palestina, non mancavo mai di trovare Enza Bruno Bossio con la kefiah al collo, proprio come me e i miei amici. E fu così che mi convinsi a iscrivermi al PD, che altrimenti mi sarebbe sembrato un partito di sinistra troppo “tiepido”. E non fui deluso: quando, poi, fu eletta in Parlamento, basta fare ricerca: non c’è stato anno dal 2014 a oggi in cui non abbia espresso una dichiarazione, un voto e non sia stata presente ad una manifestazione pro Palestina. A proposito: in missione in Palestina, Enza c’è stata. Poteva limitarsi a parlarne da lontano ma non l’ha fatto. Non solo: Enza è stata una delle prime persone “adulte” alla quale mi son sentito libero di raccontare non solo quello che sarei voluto essere, ma quello che sono, fedele a me stesso. E poi, quando tempo dopo, mi ritrovai in Parlamento a fianco a lei assieme agli amici, amiche, compagni e compagne dei Giovani Democratici cosentini e ai militanti e agli attivisti di Arcigay Roma e del Circolo Mario Mieli a distribuire le coccarde arcobaleno il giorno dell’approvazione della Legge sulle Unioni Civili, quando la vidi mettere la sua come la seconda firma dopo quella di Zan alla legge contro l’omolesbobitrasfobia, a presentare quella sull’educazione sessuale nelle scuole, sulla legalizzazione cannabis, a votare contro i decreti sicurezza Minniti prima e Salvini poi, lì imparai come si fa battaglia politica nelle Istituzioni.
Dove a volte vinci e a volte perdi ma sempre dalla stessa parte, anche quando questa sbaglia, come diceva Togliatti.
Ma non si può essere femminista senza essere transfemminista. In questo orizzonte socio-politico in cui le persone trans vengono sempre più marginalizzate da politiche di estrema destra, non ci possiamo permettere di fare lo stesso.
Essere trans è di per sé rivoluzionario quanto problematico perché se da una parte mette in discussione la mascolinità e la femminilità come metri di giudizio dello stare in questa società, dall’altro non si può “scegliere” di non esserlo. E di persone trans ne ho viste tante trovare “casa” a casa sua. In quanto a politiche Trans, in Calabria, siamo carenti sotto molti aspetti; escluso qualche esempio virtuoso di applicazione delle cosiddette buone prassi (identità alias) nei rapporti con la pubblica amministrazione, per il lato della sanità e lavoro c’è moltissimo da fare.
E si può fare! Con servizi e strumenti già applicati in altre regioni senza raccontarci ancora che “le priorità sono altre” perché nella Calabria che creeremo assieme non si lascia più nessuno al margine.
Ma la battaglia non deve dividerci. Le femministe che hanno lottato, molto prima di noi e per tutte e tutti noi, per il divorzio, per l’aborto, per l’Università a Cosenza – e per molto altro ancora – ci hanno insegnato, che la lotta non si divide. E se c’è qualcuno che, sono certo, la battaglia politica è in grado portarla fino in fondo, questa è Enza.
(Con un pensiero ai Palestinesi)