Da ladro di motorini a “re” del narcotraffico: la caduta del broker e ‘ndranghetista Bruzzaniti che diceva: «Milano mi spetta di diritto»
Il cinquantenne di Locri, già condannato a Torino e Milano, ha alle spalle una latitanza terminata a Beirut. Storici gli affari con Rocco Morabito e Raffale imperiale e la coca venduta a due agenti s…

LAMEZIA TERME La sua è una carriera criminale lunghissima, iniziata da minorenne, nel 1991, con la denuncia per il furto di una Vespa. Quello stesso anno è denunciato per favoreggiamento per aver riferito informazioni sbagliate agli investigatori che indagavano sul suo ferimento a colpi di arma da fuoco avvenuto la notte di Natale ad Africo Nuovo. Nel 2001 è stato indagato per associazione mafiosa nell’ambito dell’indagine “Sim card” della procura di Reggio Calabria relativa al possesso di cellulari nelle disponibilità del boss Antonio Pangallo mentre era recluso nel carcere milanese di San Vittore. Nella serata di ieri l’ultima condanna: 20 anni di reclusione. Quelli rimediati al termine del processo celebrato con rito abbreviato e nati dall’imponente inchiesta “Eureka” della Distrettuale antimafia di Reggio Calabria, capace di inquadrare – con il coordinamento dell’aggiunto Giuseppe Lombardo – l’esistenza e l’operatività di tre maxi-associazioni criminali finalizzate al traffico internazionale di droga, facenti capo alle più potenti famiglie di ‘ndrangheta dell’area ionica. L’inchiesta “Eureka”, infatti, ha riguardato le cosche Pelle, Strangio, Nirta, Giampaolo, Mammoliti e Giorgi, che hanno sedi decisionali nel reggino e ramificazioni e basi logistiche in varie regioni d’Italia e all’estero.
Il “re” del narcotraffico Bruzzaniti
E tra le pene più severe c’è quella inflitta dal gup a Bartolo Bruzzaniti. Classe 1975, considerato un elemento di spicco della cosca Bruzzaniti-Morabito-Palamara operante ad Africo Nuovo e località limitrofe e capeggiata da Giuseppe Morabito alias “Tiradritto”, Bruzzaniti è stato latitante dall’ottobre 2022 fino all’estate del 2023. La sua fuga è terminata a Beirut, in Libano, quando è stato individuato e catturato in un noto ristorante di Jounieh, al termine di una complessa indagine dei militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria (con il supporto delle più importanti Istituzioni ed Agenzie europee ed internazionali impegnate nel contrasto dei crimini transnazionali). Si trattava, all’epoca, dello sviluppo investigativo legato all’inchiesta “Levante” ma Bartolo Bruzzaniti, in Italia, era già coinvolto in inchieste in materia di narcotraffico condotte dalle Procure Distrettuali di Milano, Genova e Napoli.
L’inchiesta Eureka
Nell’inchiesta “Eureka”, in particolare Bartolo Bruzzaniti «rappresenta il depositario del potere decisionale del gruppo», che si manifesta nelle trattative con i soci-fornitori, con i clienti e con il coordinamento dei diversi associati «per quanto attiene alla gestione dello stupefacente ed alla raccolta dci proventi illeciti che convergono in un’unica “cassa” dalla quale vengono effettuati i pagamenti, i “transfert” di denaro, ai fornitori». Ma Bruzzaniti è molto di più. Per sua stessa ammissione, infatti, è un trafficante di stupefacenti di comprovata esperienza, considerato che opera in questo settore illecito da ormai diversi anni e, nonostante ciò, tranne che per alcune vicende giudiziarie, al momento dell’arresto nell’operazione “Eureka” era ancora in stato di libertà.
«È 30 anni che facciamo sto lavoro!»
In una intercettazione, mentre parla con un altro associato al gruppo criminale, dice lui stesso: «È 30 anni che facciamo sto lavoro!». Il core business è, dunque, il narcotraffico internazionale mentre il suo habitat è Milano. È qui che Bartolo Bruzzaniti ha costruito le sue fortune. Un dato che emerge dai messaggi criptati scritti dallo stesso Bartolo che, proprio da questa località, coordina, ad esempio, l’operazione di scarico di una importante partita di 1.1 tonnellate di cocaina nello scalo portuale di Gioia Tauro a dicembre 2020. Secondo l’inchiesta in Calabria avvenivano le operazioni di introduzione dello stupefacente attraverso il porto di Gioia Tauro dove, come accertato, operava una squadra per l’esfiliazione della cocaina dalle navi poi suddivisa tra gli originari acquirenti. Questi ultimi, poi, provvederanno a rifornire le proprie strutture criminali ma una grossa parte dei carichi arrivava in Lombardia dove esisteva «la più vasta rete di stoccaggio e distribuzione dello stupefacente proveniente via TIR dal Nord Europa». Bartolo Bruzzaniti è dunque l’indiscusso referente lombardo del traffico di stupefacenti sia in relazione ai quantitativi ingenti che arrivano direttamente al porto di Gioia Tauro sia dei quantitativi provenienti dal Nord Europa, questi ultimi gestiti da altri pezzi grossi nel narcotraffico.
I contatti con Rocco Morabito
Durante l’indagine, inoltre, gli inquirenti sono riusciti a ricostruire i legami intrecciati tra Bartolo Bruzzaniti e il fuggitivo “Tamunga” Rocco Morabito. Nelle chat SkyEcc decriptate, infatti, sono stati trovati migliaia di messaggi in cui proprio Bruzzaniti «sembra porre le basi per un nuovo business legato agli stupefacenti attraverso un intermediario». Dalle chat gli inquirenti capiscono molto di più: l’intenzione di Bartolo Bruzzaniti di trovare un canale idoneo per le operazioni di “bajada” ovvero di ingresso dello stupefacente in Europa, sfruttando un contatto “latino” (inteso latitante) da 18 anni che si trova a Dubai Il riferimento è a Raffaele Imperiale, uno tra i più quotati e importanti broker internazionali dei traffici di stupefacenti con cui Bruzzaniti entrerà in affari, sfruttando l’ormai nota “rotta africana”.
La droga venduta ai poliziotti under cover
Sulle spalle di Bartolo Bruzzaniti pesa anche l’inchiesta della Distrettuale antimafia di Torino che lo vedrà condannato a 10 anni e 8 mesi «quale fornitore di ingenti quantitativi di cocaina» sulla piazza torinese, aggiungendo ulteriori elementi circa la sua appartenenza alla ‘ndrangheta. Si tratta di un’attività d’indagine compiuta anche grazie all’apporto di due agenti sotto copertura, capaci di entrare in contatto diretto con la cosca calabrese dalla quale il «terminale attivo su Torino era un tale Luigi Cirillo si riforniva». C’è un incontro davvero emblematico per gli inquirenti ed è l’incontro avvenuto a gennaio del 2020 con gli emissari della famiglia della ‘ndrangheta al quale proprio Cirillo aveva accompagnato gli agenti under cover, presso il ristorante “Jonio Blu” di Milano, allora base logistica della famiglia Bruzzaniti. «Tu non ti preoccupare, è tutta roba nostra, chi deve venire?». Così Bartolo Bruzzaniti di rivolgeva agli agenti sotto copertura parlando sia di un affare di droga – una partita di 10 kg – sia della costruzione di un villaggio turistico in Calabria, rispondendo alla «perplessità circa il rischio di investimenti in Calabria a causa dell’intimidazione criminale». (g.curcio@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato