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‘ndrangheta nella Sibaritide

Omicidio Gaetani, il collaboratore di giustizia Maestri: «Ho esploso un intero caricatore della pistola calibro 9»

La vittima uccisa nel 2020. Le indagini sul delitto sono arrivate ad una svolta anche grazie alle dichiarazioni dei pentiti

Pubblicato il: 04/10/2025 – 14:05
di Fabio Benincasa
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Omicidio Gaetani, il collaboratore di giustizia Maestri: «Ho esploso un intero caricatore della pistola calibro 9»

CASSANO ALLO IONIO Un passato criminale da rapinatore, poi una “carriera” spesa tra estorsioni, affari di droga e ricettazione fino alla decisione di pentirsi, di chiudere con la mala e di rendere dichiarazioni utili ai magistrati antimafia a ricostruire organigramma e modus operandi delle cosche. Gianluca Maestri, coinvolto nell’inchiesta denominata “Reset” contro le cosche cosentine viene descritto dagli investigatori come «organizzatore» all’interno del «gruppo riconducibile alla famiglia dei “Banana”, i cugini omonimi degli Abbruzzese di Lauropoli». In primo grado, per Maestri è arrivata la condanna a 14 anni e 10 mesi di reclusione. Un anno prima, era finito tra gli indagati dell’operazione nome in codice “Athena”, al termine del processo è stato condannato perché ritenuto «membro stabile dell’associazione dedita al traffico di stupefacenti, diretta dagli Abbruzzese». Seguirà la scelta di collaborare con la giustizia.


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Omicidio Gaetani, i ruoli

Nei giorni scorsi, il nome di Maestri è ritornato d’attualità in relazione alla svolta nelle indagini sull’omicidio di Giuseppe Gaetani, freddato nel dicembre 2020 a Cassano allo Jonio . Una esecuzione in piena regola completata con una scarica di 14 proiettili sparati da una pistola semiautomatica calibro 9×21. Lo stesso collaboratore di giustizia riferisce, in un interrogatorio reso nel dicembre 2024, di essere stato «autore materiale dell’omicidio», precisando come lo stesso fosse «voluto da Pasquale Forastefano (indagato), indicato dal collaboratore come il mandante» mentre «ad ingaggiare Maestri era stato, in precedenza, Nicola Abbruzzese (indagato) alias “Semiasse”».

La dinamica del delitto raccontata dal pentito

Quanto confessa il collaboratore di giustizia in relazione al fatto di sangue è utile per chi indaga non solo per cristallizzare i presunti responsabili, ma anche per ricostruire l’esatta dinamica dell’omicidio. Maestri riferisce di non conoscere la vittima, ma di essere a conoscenza del fatto che fosse «uno stretto collaboratore del boss Portoraro a sua volta ucciso tempo prima» e prosegue: «Salimmo quindi a bordo di un Ducato o comunque di un furgoncino bianco che era parcheggiato all’interno del capannone, io e i due soggetti incappucciati nel vano posteriore». Il racconto continua. «Arrivati nei pressi dell’abitazione della vittima, abbiamo aperto il portellone laterale scorrevole, che se non ricordo male era a due ante, ci siamo accostati all’autovettura della vittima che se non sbaglio era una Mercedes di cui non ricordo il colore essendo buio».
La narrazione prosegue. «Io ho esploso un intero caricatore della pistola calibro 9 che impugnavo e che mi era stata data in precedenza all’interno del capannone. La vittima è stata colpita mentre era ancora nell’abitacolo della macchina e stava per scendere. Anche i due soggetti incappucciati avevano delle armi al seguito, se non sbaglio dei Kalashnikov anche questi consegnati loro poco prima nel capannone». Maestri ha modo di confessare di non aver ricevuto somme di denaro per compiere l’azione omicidiaria ma che “Semiasse” «lo aveva premiato aumentandogli lo stipendio mensile, arrivando a consegnargli anche cifre tra 5 e 6.000 euro» e «aveva usufruito di periodi di vacanza gratuiti in strutture alberghiere dislocate, in generale, nel territorio della Sibaritide». (f.benincasa@corrierecal.it)

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