Don Ciotti: «La memoria non basta se non si trasforma in giustizia. Insieme dobbiamo disarmare le mafie»
Libera compie 30 anni, tra obiettivi raggiunti e da raggiungere. Il fondatore: «Se c’è bisogno di un grande progetto, lo si faccia con i giovani, sui giovani»

ROMA «C’è ancora tanta strada da fare, ma ne vale davvero la pena. Dobbiamo disarmare le mafie togliendo gli strumenti del loro potere». È un bilancio che guarda sia ai tanti successi ottenuti in trent’anni di impegno sul territorio, sia però a tutto quello che c’è ancora da fare e da migliorare. Ma quello di don Luigi Ciotti non è solo un bilancio degli ultimi trent’anni, con l’associazione Libera contro le mafie, nata nel 1995 per dare sostegno ai familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata: è un impegno che parte da molto prima. Da sempre in prima linea per le battaglie sociali, contro malaffare e corruzione, al fianco di giovani e donne in difficoltà, don Ciotti, che quest’anno ha festeggiato 80 anni, è fondatore anche del Gruppo Abele, che rappresenta un altro traguardo con ben 60 anni di attività.
Ai nostri microfoni, a margine dell’evento organizzato nella sede nazionale di Libera a Roma, dal titolo “Tracce libere”, don Ciotti parla di «gioia per le cose positive», ma anche della «consapevolezza che molte cose che abbiamo fatto, oggi non reggono più l’urto del tempo. C’è una lettura – spiega il fondatore di Libera – della realtà di oggi che impone uno scatto in più, e anche di rinforzare la nostra lotta, di modificare molti dei nostro interventi, di leggerli rispetto ai mutamenti che ci sono nella società, anche dei mutamenti che ci sono all’interno delle azioni criminali del nostro Paese». Un bilancio sincero come nello stile di don Ciotti, perché «i bilanci – afferma – servono se sono onesti».

Tra obiettivi raggiunti e da raggiungere: 30 anni di impegno
Tra gli obiettivi e i risultati raggiunti quello di far istituire una giornata dedicata alle vittime innocenti delle mafie, che ogni anno da trent’anni si celebra in una città italiana diversa, nel 2026 il corteo sfilerà a Torino. «Libera – afferma – è un’associazione di associazioni che in questi trent’anni ha messo insieme i familiari delle vittime innocenti, che ha lottato perché lo Stato riconoscesse una Giornata della Memoria e dell’Impegno per le vittime innocenti dei mafie, senza dimenticarci mai delle vittime del terrorismo, del dovere, delle grandi stragi, delle vittime sul lavoro». «Un altro nostro grande impegno – aggiunge don Ciotti – è stato lottare per la legge per la confisca e l’uso l’uso sociale dei beni: è importante rendere ancora più forti, più accessibili, e più veloci». E ancora: «Terzo grande impegno, il lavoro nelle università, con il mondo della scuola. E’ la cultura che dà la sveglia alle coscienze, l’educazione che è generatrice di vita e di cambiamento».
Libera porta avanti anche la sua battaglia per la giustizia sociale e ambientale: «Lotta alle mafie – spiega don Ciotti – vuol dire politiche sociali, vuol dire lavoro e casa, vuol dire sanità per tutti, vuol dire cultura e scuola, vuol dire non perdere pezzi per strada dei nostri ragazzi. E allora oggi se c’è bisogno di un grande progetto, lo si faccia con i giovani, sui giovani, perché li stiamo perdendo. Sono migliaia i giovani che sono costretti ad andare lontano per trovare un lavoro sicuro, e impoveriscono la ricchezza del nostro Paese e delle nostre regione. Creiamo le condizioni perché non debbano andarsene: i ragazzi quando trovano dei punti di riferimento veri, coerenti e credibili ci sono. Questa è una società che si preoccupa dei giovani, ma in fondo non se ne occupa come dovrebbe».
«Per le vittime innocenti non ci può essere giustizia senza verità»
Ma don Ciotti, nel corso del suo intervento a Roma, ha parlato anche di un percorso ancora lungo da fare per assicurare giustizia alle vittime innocenti: un percorso di “fame di verità e di giustizia”, come il titolo dell’iniziativa portata avanti da Libera. Da qui l’appello alla politica, affinché assuma un impegno preciso: «Non c’è mai stato e non c’è ancora oggi un elenco ufficiale delle vittime. È un gesto di rispetto per le vittime e per i loro familiari. Quei nomi devono restare nella coscienza degli italiani. Non ci può essere giustizia senza verità . Non c’è una risposta alle famiglie delle vittime, per alcuni di loro tutto è perso, dimenticato. L’80% non conosce la verità, da qui quel grido si alza, perché hanno diritto alla verità, chiedono di sapere chi ha ammazzato la persona cara». Perché, rimarca don Luigi: «La memoria da sola non basta, se non si trasforma in giustizia concreta rischia di essere sterile».
E sui conflitti, che nel mondo provocano milioni di vittime ogni anno, don Ciotti ha detto: «Il 90% sono civili. I massacri sono perennemente sotto i nostri occhi. C’è un dato che fa riflettere: le vittime oggi che si accumulano per la fame e sete, le malattie, i maltrattamenti, le guerre, ogni anno provocano non meno di 40 milioni di morti l’anno. Queste vittime rappresentano le cicatrici dell’umanità».
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato