Infanticidio di Pellaro, Sara rompe il silenzio e risponde a tutte le domande del gip
La strategia del silenzio nel caso Sara Genovese, accusata di infanticidio. Ancora pochi indizi, tanti interrogativi

REGGIO CALABRIA Bocche cucite. È questa, al momento, la linea scelta dagli avvocati Carlo Morace e Giuseppina Quattrone, difensori di Sara Genovese, la giovane di 25 anni accusata di infanticidio, che stamattina al Cedir ha risposto a tutte le domande poste dal gip Claudio Treglia e dal pubblico ministero Chiara Greco. Interrogatorio alla presenza dei legali di difesa. Per un’ora e mezza Sara Genovese ha fornito la sua versione sui fatti contestati. L’avvocata Giuseppina Quattrone spiega al Corriere della Calabria che «la ragazza ha risposto a tutte le domande del Pm e dei difensori. Una ragazza fragile che certamente non era serena».
Avvocata chiederete una nuova perizia sulla capacità di intendere di Sarà? «Siamo ancora nella fase di indagine, sulla strategia difensiva – sottolinea l’avvocata Quattrone – valuteremo sicuramente cosa fare. In questo momento è importante mantenere il massimo riserbo». Dunque nessun nuovo dettaglio sulla vicenda che si è consumata in contrada Figurella di Pellaro, periferia a Sud di Reggio Calabria, ancora avvolta in una fitta nebbia di interrogativi, e che ruota attorno alla drammatica morte dei gemellini, due maschietti, partoriti da Sara la sera dell’8 luglio 2024 e ritrovati senza vita dalla madre della ragazza nell’armadio della stanzetta, il 14 luglio 2024, e che subito chiamò la polizia.
Il medico legale, dottor Andò, eseguì un primo esame esterno sui corpi
Constatate le condizioni dei resti, il medico ha preferito limitarsi a una valutazione preliminare, riservandosi ogni conclusione all’esito dell’autopsia. Il primo dei due corpicini, indicato dagli investigatori con la lettera “A”, “appariva lungo circa 49 centimetri. Era già in avanzato stato di putrefazione, rigidità cadaverica nulla con presunta lussazione della spalla destra”. I medici legali hanno ipotizzato una lussazione alla spalla destra. Accanto a lui, avvolto in un telo di colore rosa, giaceva l’altro neonato, identificato come “B”. Misurava circa 53 centimetri e si trovava anch’egli in stato avanzato di putrefazione, privo di qualsiasi rigidità. Anche in questo caso, i periti hanno riscontrato presenza di meconio, mentre su diverse aree del corpo erano visibili larve di colore bianco, testimonianza del processo di decomposizione ormai avviato da diversi giorni. Due piccoli corpi, simili, silenziosi, ritrovati a una settimana esatta dal parto. Secondo quanto è scritto nelle carte dell’inchiesta “l’esame autoptico effettuato indicava la verosimile causa di morte dei neonati in un’azione di soffocamento da parte di un adulto”.
Gli accertamenti scientifici: “Segni compatibili con soffocamento”
La relazione medico-legale depositata dai consulenti tecnici d’ufficio, i dottori Andò e Catalioto, ha confermato che i due neonati avevano respirato: lo provano i test, oltre alla presenza di infiltrazioni ematiche nei tessuti del capo. Gli esperti hanno escluso cause patologiche o incidenti legati al parto, scrivono: “Tale conclusione è avvalorata dal fatto che gli accertamenti permettevano di escludere che il decesso fosse dovuto ad eventuali patologie sofferti dagli stessi, é sono emerse ulteriori cause accidentali, eventualmente connesse a una non corretta gestione del parto”.
Il fidanzato e la relazione serena
Nel corso dell’interrogatorio, Annunziato Nucera ha raccontato di essere fidanzato con Sara Genovese dall’estate del 2021. Una relazione, ha precisato, “serena e ufficiale”, caratterizzata da un legame stabile e riconosciuto da entrambe le famiglie, che si frequentavano abitualmente. Il giovane ha confermato i progetti di vita comune: lui e Sara avevano da poco acquistato una casa e stavano pianificando di andare a convivere e sposarsi. Nucera ha anche ammesso di intrattenere rapporti sessuali con la fidanzata, smentendo quanto dichiarato in precedenza dalla stessa. L’esame del Dna effettuato sul fidanzato Annunziato Nucera ha permesso di accertare inequivocabilmente che era il padre dei due neonati morti.
I sospetti della sorella
Scrivono gli inquirenti: nel giugno del 2024, Domenica Genovese aveva inviato un messaggio alla sorella Sara, chiedendole apertamente se fosse incinta. Una domanda diretta, forse dettata dall’intuizione o da un sospetto maturato nel tempo. Sara aveva negato, con la naturalezza di chi non vuole ammettere una verità troppo grande da gestire. Poco dopo, le due si erano videochiamate. È in quell’occasione — annotano gli investigatori — che Domenica avrebbe osservato attentamente la sorella, notando i cambiamenti fisici di un corpo ormai prossimo al parto. Eppure, scrivono, “invece di cogliere l’occasione per confidarsi, Sara continua a mentire”.
Perché Sara Genovese è ai domiciliari
Il giudice ha disposto per Sara Genovese la misura cautelare degli arresti domiciliari, con braccialetto elettronico e divieto di comunicare con persone estranee al nucleo familiare, anche attraverso mezzi telefonici o telematici. Nell’ordinanza si legge che non è stata ritenuta necessaria la custodia in carcere, come invece richiesto dal pubblico ministero. Il tribunale ha infatti considerato la particolare natura della vicenda, strettamente legata al rapporto di procreazione e di filiazione, e ha valutato come remoto il rischio di reiterazione del reato.
Secondo il giudice, la giovane – sottoposta al controllo costante del braccialetto elettronico e vincolata alla permanenza in casa – non presenterebbe la possibilità concreta di “lasciarsi andare a ulteriori rapporti non protetti” che possano portare al ripetersi di fatti analoghi.
Al contrario, altre misure meno restrittive, come l’obbligo di firma o il semplice divieto di espatrio, sono state ritenute inadeguate a garantire le esigenze cautelari individuate dal tribunale, che ha ravvisato la necessità di un controllo costante sulla persona indagata. Nel provvedimento si specifica inoltre che non sussistono i presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena, né per altre forme di attenuazione delle misure previste dal codice di procedura penale, in considerazione della gravità dei reati contestati – tra cui l’infanticidio – e del rischio, seppur limitato, di reiterazione.
Sara Genovese resterà dunque ristretta nella propria abitazione, sotto sorveglianza elettronica, fino a nuova decisione dell’autorità giudiziaria. Un equilibrio delicato, quello trovato dal giudice: tra la tutela della collettività e la consapevolezza di trovarsi di fronte a una vicenda “eccezionale”, dove il confine tra colpa, fragilità e tragedia umana resta sottile.
Cosa succede adesso
Per Sara Genovese, attualmente ai domiciliari con braccialetto elettronico, si apre ora la fase successiva delle indagini. La Procura completerà gli accertamenti medico-legali e ascolterà testimoni e familiari per ricostruire le ore del parto e chiarire le responsabilità. Una volta chiusa l’inchiesta, il pubblico ministero potrà chiedere il rinvio a giudizio, aprendo la strada all’udienza preliminare davanti al GUP. Solo dopo questa fase potrà iniziare il processo, che – considerata la complessità del caso – difficilmente partirà prima della metà del 2026. Fino ad allora, la giovane resterà reclusa nella propria abitazione, in attesa che la giustizia faccia il suo corso. (redazione@corrierecal.it)
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