Museo del Rock, Vito Teti al Presidente Occhiuto: «Chiami Steven Tyler e lo convinca a tornare in Calabria»
L’antropologo e scrittore si rivolge al governatore per salvare il sogno del frontman degli Aerosmith a Cotronei

«Mi rivolgo a lei, nella sua veste istituzionale, e spero che lei possa coinvolgere, in questa mia modesta richiesta, tutto il Consiglio Regionale, anche i Consiglieri di opposizione e che, possibilmente, quanto scrivo possa avere un’attenzione bipartisan.
La vicenda che riguarda Steven Tyler ((Steven Victor Tallarico), frontman degli Aerosmith, sta conoscendo una grande e giusta rilevanza in Calabria, in Italia e nel mondo. E questo fa molto male, provoca amarezza, genera sconforto in quanti, come tanti di noi, da anni, senza nascondere i problemi e le criticità della Calabria, sono impegnati, in maniera plurale, ma rigorosa ed alta, aperta, ariosa, accogliente, non retorica della Calabria. Certo, in un periodo in cui io fatico a dormire e anche a scrivere perché non sopporto i drammi e le tragedie del mondo (da Gaza all’Ucraina ecc.) e che osserva, con dolore, la progressiva desertificazione del Sud e della Calabria, questa mia “preoccupazione” può apparire “fuori luogo” e tutto sommato “esagerata”, eppure io penso che non dobbiamo partire da quello che succede (e a volte non dovrebbe succedere) “qui ed ora” per poter prestare attenzione vera ai nostri luoghi, che sono luoghi del Mondo.
Steven Tyler ha origini calabresi: suo nonno è emigrato da Cotronei (Crotone) e, quindi stiamo parlando della nostra storia di calabresi. Anche mio nonno materno è emigrato negli Usa e mio padre a Toronto (negli anni Cinquanta). La mia identità di “calabrese” è anche un’identità fatta di partenze, fughe, ritorni, sogni, delusioni, successi. I figli e i nipoti di nostri emigrati, partiti con la valigia di cartone, con i soldi in prestito, in mondi sconosciuti, hanno portato la loro “Calabria” dovunque, hanno sofferto, ma hanno, con fatica e sacrificio, creato un mondo vivibile per loro e per i loro discendenti. Le seconde e terze generazioni si sono inseriti, spesso, in maniera alta, splendida, eccelsa nelle città del mondo, specie nelle Americhe: sono diventati imprenditori, scrittori, poeti, musicisti, artisti, che non hanno mai dimenticato, nelle loro opere il mondo delle origini. Pensiamo al grande John Fante, abruzzese, e al grande Gay Talese, padre di Maida, che ancora vive e scrive cose bellissime anche per farci capire come la Calabria si è dilatata, rigenerata, grazie a contadini e persone umili, spesso oggetto di esclusione e di razzismo. Ce l’hanno fatta anche per noi e di noi non si sono dimenticati. Moltissimi, non solo artisti, scrittori, musicisti, hanno una grande nostalgia delle origine, l’orgoglio delle loro radici, continuano a sentirsi parte di una storia e di luoghi che non hanno nemmeno conosciuto. Come abbiamo risposto a questi nostri fratelli, doppi, dell’altrove. Certo con affetto e con amore, ma spesso con lacrimevole retorica, con languide pacche sulle spalle, in maniera paternalistica. Senza badare alle grandi possibilità che da quella Calabria altrove ci donavano, a livello economico, di scambi, di relazioni culturali. Non abbiamo saputo rispondere adeguatamente.


E così Steven Tyler, che accetta e propone, fin dal 2009, di creare, con gli abitanti e gli amministratori di Cotronei, un “Museo del Rock” in una bel palazzo dei suoi antenati, dove avrebbe fatto confluire oggetti, suoni, immagini, video ecc., annunciando anche un mega e originale concerto in Calabria, subisce (e noi con lui) l’ennesimo “tradimento” di alcuni dei calabresi “rimasti”, sperimenta con dolore quanto in fondo sia complicato, impossibile, un “ritorno”, anche temporaneo, ma notevolmente simbolico, in paesi che si spopolano e che non riescono ad elaborare politiche di rigenerazioni.
Un grande musicista come Steven Tyler si vede costretto a prendere atto che l’amore per i luoghi di origine degli antenati e del nonno, non solo non viene ricambiato, ma viene snaturato, venduto, svenduto, in maniera molto triste. Non conosco la vicenda nei suoi particolari, non amo emettere sentenze e giudizi su nessuno, certo Tyler, anche tramite qualche suo parente, ha visto che il Comune di Cotronei ha modificato e snaturato il progetto originale del “Museo del Rock” e ha diffidato il Comune. Quel che è certo che c’è un’inchiesta giudiziaria contro amministratori e persone del luogo, che hanno pensato bene di dirottare una somma cospicua (pare oltre un milione di Euro erogati o da erogare da parte della Regione) per fare “altro”, per sistemare altri immobili, che nulla hanno a che fare con il “Museo del Rock”.
Questa “politica” delle piccole furbizie, delle clientele locali, di fatto spegne, almeno, per il momento il sogno di un “museo del Rock”, che, nel panorama spesso fiacco, privo di idee, di richieste di fondi per Musei e Festival del Nulla, avrebbe potuto dare un segnale in controtendenza, sicuramente avrebbe attratto tutti quei giovani e meno giovani, che amano, come me, certo la “tarantella”, i canti e le danze tradizionali (di cui mi sono occupato fin dagli anni Settanta con Lombardi Satriani, Diego Carpitella, l’indimenticabile Otello Profazio), ma che compiono migliaia di chilometri per andare ad assistere ai concerti delle rock star, di figure mitiche del rock, che fanno parte di una loro nuova identità. La Calabria, pure con la sua resistenza al cambiamento, è cambiata, come il mondo i suoi giovani ascoltano musica rock e il variegato universo delle musiche contemporanee, vivono nel presente, conoscono i nuovi mezzi, le nuove tecnologie, i nuovi modi di fare teatro, spettacolo, musica, teatro. La fine (spero provvisoria) di questo sogno geniale di un “Museo del Rock” (nella terra dove Carpitella e Lomax, che ha influenzato Guthrie, Dylan, Springsteen, tra 1954 e 1955) hanno registrato (a Condofuri, a Cinquefrondi, a Bivona, in Arberia ecc.,), di fatto, mostra come quel richiamo alle radici, alla nostra cultura tradizionale, agli emigrati illustri, bravi, famosi, spesso siano chiacchere, slogan, pretesti per attrarre danaro pubblico per iniziative, che nulla servono alla Calabria, a contrastare lo spopolamento, a cercare di arginare l’emigrazione di tanti giovani che, spesso partono, non solo perché non riescono (senza servizi) a creare opportunità di lavoro, ma che non amano vivere il luoghi senza Musei, senza Centri di accoglienza, senza stare, senza negozi e che non tollerano più il controllo capillare della criminalità, dei signori delle clientele, di chi si adatta e si adagia senza tentare di invertire un processo di degrado, che è, prima di tutto, sociale e culturale. Un “Museo del Rock”, gentile Presidente Occhiuto, avrebbe invertito queste linee negative di tendenza? No. Ma sarebbe stato un bel segnale, sarebbe stato una traccia per altre iniziative. Solo, di sfuggita, e naturalmente senza citare i grandi cantanti e musicisti calabresi (la TV sta mettendo in programma un bel filmato su Rino Gaetano), ma solo a titolo indicativo, e con riferimento alla cultura calabrese di oltreoceano, vorrei ricordare altri grandi musicisti che non hanno nascosto, anzi rivendicano la loro origine calabrese. Little Steven, (Steven van Zand) chitarrista, compositore, attore (famoso per I Soprano), è un membro storico della “E Street Band” di Bruce Springsteen, le cui radice familiari sono legati a Lamezia Terme. Il grande jazzista Chick Corea ha origini di Albi. Albert R. “Cubby” Broccoli (produttore di James Bond) ha origini a Carolei. E di ‘Piè la terra, frazione ormai spopolata di Carolei, è originario Tony Nardi, poeta, drammaturgo, attore tra i più famosi del Nord America. E a S. Roberto (sopra Villa S. Giovanni) è nato Aldo Mazza, emigrato a Ottawa da bambino, un percussionista e batterista di fama internazionale, un mito a Cuba e in tutto il mondo. Simboleggia il successo calabrese nel campo della musica colta e internazionale, avendo collaborato con artisti come Céline Dion e James Brown, con Tullio De Piscopo e altri famosi batteristi napoletani e italiani.

È importante anche perché è il fondatore della prestigiosa accademia KoSA a Montréal, che opera in tutto il mondo. Con suo fratello, Antonino Mazza (scomparso dieci anni fa, poeta, scrittore, traduttore in lingua inglese di Montale e Pasolini, autore di un libro su un altro grande poeta di origine calabrese, Saro D’Agostino) ha realizzato uno dei più belli CD di musiche e poesie che viaggiano tra mondi, identità plurali, ricerca delle origini e nuove forme di appaesamento. La cosa bella, praticamente ignorata, è che Aldo Mazza torna spesso in Calabria, ha comprato una casa a Sersale, e da due anni, organizza, senza sostegno e finanziamento, un raduno internazionale di musica, cucina, con concerti e scuola di strumenti come la batteria, i tamburelli, quel tamburello dell’Aspromonte, con cui sua madre in Canada, suonò durante le registrazioni del disco dei figli. Chi si accorgerà di Aldo Mazza? E chi di Joseph Maviglia, il cui padre è partito negli anni Cinquanta da Brancaleone, è che ora scrive bellissime poesie, ed è uno dei cantautori (tra Calabria e Canada, tra musiche tradizionali e Dylan e Springsteen) che sognerebbe un “ritorno” in Calabria anche per costruire qualcosa di stabile e di duraturo?
Potrei continuare, Presidente Occhiuto, ma ci saranno altre sedi, adesso mi rivolgo a Lei e agli altri uomini e donne delle istituzioni, per cercare di vedere se sia possibile riprendere l’idea (e la realizzazione) di un “Museo Rock”, magari cercando di capire cosa sia successo a Cotronei, accertando (visto che i fondi sono regionali), per gli aspetti di sua competenza, eventuali errori e responsabilità di chi ha vanificato questo bel progetto, e se da lì non sia possibile, con un’altra idea e un’altra visione etica, ripartire per “ricostruire” e “inventare una nuova immagine della Calabria nel mondo e “qui ed ora”. E se questo non dovesse essere possibile, faccia un passo necessario, di alto valore simbolico. Contatti Steven Tyler, lo ringrazi e gli chieda scusa a nome di tutti quei calabresi che lo stimano e vivono con vergogna, imbarazzo, disagio quanto è accaduto. Cerchi di convincerlo a “tornare” in Calabria. Se non a Cotronei, in un paese “interno”, di grande valore simbolico, dove costruire un “Museo del Rock” o un “Museo delle identità”, un “Museo della mobilità calabrese”, un “Polo Culturale dell’Identità Globale Calabrese”, “Le onde sonore di chi parte e di chi resta” (i nomi non mancano), trasformando un fallimento locale in un’iniziativa regionale e nazionale, una “maledizione” in opportunità, un luogo che dia qualche opportunità di lavoro a qualche giovane appassionato e competente, che attragga tutti i calabresi, i meridionali, i giovani di Europa. La Calabria ha una storia musicale di grande interesse mondiale. Da intrecciare e mescolare con le vicende musicali della “Calabria altrove” che ama anche qui. Da legare a ricerche sui paesi, sulle musiche, sul teatro, sui suoni della Regione. Un “Museo del Rock” che faccia volare verso il cielo i suoni del Rock, del jazz, delle “tarantelle”, dei nuovi autori e cantautori della Regione. Un modesto, spero non invadente, consiglio. So bene che quelli che “restano” (per cambiare) non possano che essere i protagonisti di queste rigenerazioni comunitarie, ma non tutti quelli che restano sono uguali e sono animati dalla voglia di fare costruire, affermare un’altra idea di Calabria, con competenza, fantasia, senso etico e della giustizia.
Se possibile, non guardi le appartenenze politiche (come, peraltro, ha mostrato di saper fare), coinvolga tutti i politici di buona volontà, individui i faccendieri locali, che stanno stravolgendo l’uso dei fondi del PNRR, si affidi a donne, ai giovani, meno giovani esperi, che hanno già dato buona prova di sé, museografi, studiosi del territorio, etnomusicologi, musicisti, cantanti, cantautori, conoscitori degli strumenti tradizionali. Naturalmente, chi scrive, si limita a dare questo suo contributo con questo sentito e accorato appello. E davvero, largo, ai giovani, ai meritevoli, alle competenze. Chiami, mi scusi, a dirigere questo nuovo “Museo Rock” il nostro Steven Tyler, che, forse, potrebbe diventare uno dei migliori messaggeri delle Calabrie nel mondo, la nostra, le altre, quelle che parlano di mescolanze e di “successo” vero, che ci raccontano e ci rappresentano, di cui siamo orgogliosi».
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