Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 23:51
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 7 minuti
Cambia colore:
 

Fine corsa

Falcomatà lascia Palazzo San Giorgio tra le macerie del PD

A Reggio esplode la resa dei conti nel Partito democratico, tra dossier, rimpasti e accuse di gestione personalistica. Brunetti reggente fino al voto di primavera

Pubblicato il: 13/11/2025 – 10:20
di Paola Suraci
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Falcomatà lascia Palazzo San Giorgio tra le macerie del PD

REGGIO CALABRIA Lunedì a Palazzo San Giorgio si consumerà l’atto formale della decadenza di Giuseppe Falcomatà da sindaco di Reggio Calabria, dopo la proclamazione a consigliere regionale per il Partito Democratico. E’ convocato, infatti, il Consiglio comunale per contestare la causa di incompatibilità e per le comunicazioni del primo cittadino. Un passaggio istituzionale che, nella sostanza, segna anche la fine di un ciclo politico e l’inizio di una stagione nuova, ancora tutta da scrivere, per il centrosinistra calabrese.
Ma più che un normale avvicendamento amministrativo, quello che si consuma a Reggio è un regolamento di conti politico dentro il Partito Democratico. Una frattura che affonda le radici ben prima del recente rimpasto di Giunta, e che oggi esplode apertamente, lasciando un partito diviso e un’amministrazione ferita, proprio alla vigilia della lunga marcia verso le elezioni di primavera.

La distanza tra Falcomatà e il PD

La distanza tra Falcomatà e il PD regionale non è un fatto improvviso. È il risultato di una diffidenza reciproca maturata nel tempo: da un lato, il sindaco che si è sentito progressivamente isolato dal gruppo dirigente del partito; dall’altro, un apparato che non ha mai del tutto digerito l’autonomia politica e lo stile personalistico del primo cittadino e adesso è nero su bianco nella nota della Federazione Metropolitana di Reggio Calabria: «I fatti odierni, unitamente alle recenti riunioni convocate dal sindaco per sostituire i vertici di alcune partecipate, rivelano un uso personalistico del potere e un metodo politico divisivo, in aperto contrasto con i principi di collegialità e di trasparenza che devono guidare l’azione amministrativa e la vita democratica di una comunità».
Già nella fase pre-elettorale, la mancata candidatura di Falcomatà alla presidenza della Regione era apparsa al primo cittadino come una scelta “punitiva”. L’esclusione dai ruoli di rilievo nella minoranza a Palazzo Campanella, dopo la proclamazione, e le manovre sotterranee sul voto per la vicepresidenza del Consiglio regionale dove parte della maggioranza ha scelto di sostenere Ranuccio (Pd), restituendo il favore a Cirillo (FI), sono state la testimonianza di alleanze tattiche che vanno oltre i confini formali dei gruppi, hanno poi confermato la sensazione di un PD chiuso, prigioniero delle proprie logiche interne, e non disposto a riconoscere a Falcomatà un peso politico proporzionato alla sua storia.
Dietro i comunicati ufficiali, le parole di circostanza e le dichiarazioni di unità, le linee di faglia erano già nette.
Il sindaco reggino, eletto due volte e simbolo del centrosinistra urbano, si è ritrovato progressivamente marginalizzato, fino a reagire con un gesto politico forte: la sostituzione di due assessori comunali, Anna Briante e Paolo Malara, con figure a lui più vicine come Alex Tripodi, ex segretario provinciale di Articolo Uno e figura dell’ala falcomatiana dei Democratici, candidato ideale agli occhi del sindaco per guidare la federazione metropolitana e la docente universitaria Annamaria Curatola.
Un atto che il PD metropolitano ha bollato come «unilaterale» e «in contrasto con la collegialità», ma che Falcomatà ha rivendicato come un diritto-dovere del sindaco, sancito dal Tuel, e come un segnale di «allargamento della rappresentanza democratica» dentro la Giunta. Aggiungendo anche che: «Evidentemente a qualcuno dà fastidio se il Partito cresce all’interno delle istituzioni, così tanto da arrivare ad un pubblico violentissimo attacco che rischia di minare la stabilità dell’unica grande città calabrese guidata dal Partito Democratico».
Dietro le parole, però, si legge altro: la rottura di un equilibrio e la fine del rapporto di fiducia con il gruppo dirigente provinciale e regionale.

La parabola di Falcomatà: da promessa del centrosinistra a “uomo solo al comando”

Per anni, Giuseppe Falcomatà è stato considerato il volto nuovo del PD calabrese, il simbolo della rinascita democratica dopo la stagione commissariale. Figlio di un’eredità politica importante, suo padre è stato il sindaco della Primavera di Reggio, Italo, ha cercato di tenere insieme il civismo di base con la tradizione del centrosinistra. Ma col tempo, quel modello si è logorato.
Il partito – secondo Falcomatà – non lo ha sostenuto pienamente nella sfida alle Regionali, e lui, a sua volta, ha scelto di agire sempre più in autonomia, affidandosi a un cerchio ristretto di fedelissimi e “briciando nomi sul campo”.
Dal vice sindaco il professore universitario Tonino Perna ad Angela Martino, passando per Irene Calabrò, Rocco Albanese, Costantino e Zoccali, il lungo elenco di ex assessori racconta uno stile di governo consolidato: revoche e rimpasti, decisi in modo centralizzato e spesso unilaterale. Assessori con esperienza e rapporti consolidati sul territorio sono stati, dunque, estromessi, spesso senza coinvolgere il Partito Democratico, consolidando l’immagine di Falcomatà come “uomo solo al comando”.
Oggi, il PD lo accusa di gestione personalistica, lui replica parlando di apparato chiuso e autoreferenziale e di una nota “bislacca”.  Il risultato è un partito spaccato, in cui la leadership territoriale si misura più sui comunicati che sulle scelte condivise.
In questo contesto, la polemica sulla Giunta è solo l’ultimo capitolo di una lunga incomunicabilità, una frattura che nessun vertice di partito sembra in grado di ricomporre.

Brunetti, il reggente: da civico a democratico

Nel mezzo della crisi, si inserisce la figura di Paolo Brunetti, vicesindaco e proveniente da Italia Viva, e ora destinato a reggere la città fino alle prossime elezioni amministrative di Primavera. L’adesione in queste ore al Partito Democratico è stata letta da Falcomatà come un segnale di rafforzamento dell’area di governo, ma all’interno del PD c’è chi teme che si tratti dell’ennesimo tentativo del sindaco uscente di blindare il proprio perimetro politico.
Brunetti, dal canto suo, ha scelto toni concilianti: «L’ingresso nel PD – ha detto – rappresenta un ritorno ai valori del riformismo e un contributo di lealtà al centrosinistra reggino».
Ma la sfida che lo attende non è semplice: dovrà traghettare un’amministrazione in equilibrio instabile, tra un partito diviso, un’eredità ingombrante e una campagna elettorale che si annuncia durissima.

Reggio, specchio del PD calabrese

Quello che accade a Reggio Calabria non è un caso isolato, ma lo specchio fedele delle contraddizioni del PD calabrese. Un partito spesso chiuso nei suoi meccanismi interni, più attento ai pesi correntizi che ai percorsi di rappresentanza territoriale. Falcomatà ne è al tempo stesso vittima e protagonista: penalizzato dal sistema, ma anche incapace di costruire una squadra larga e condivisa.
Ora, con la sua uscita da Palazzo San Giorgio e l’ingresso in Consiglio regionale, si apre una fase nuova. Da un lato, Brunetti dovrà garantire stabilità amministrativa e continuità; dall’altro, il PD sarà chiamato a decidere se ripartire da una stagione di confronto o se proseguire lungo la strada della contrapposizione interna.
La sensazione è che, anche stavolta, la partita vera non si giochi nei consigli o nelle giunte, ma nei rapporti di potere dentro il partito, che fino ad ora ha presentato una “timidezza” nella leadership. E che Reggio, ancora una volta, sia destinata a diventare il teatro simbolico delle fragilità di un centrosinistra che fatica a riconoscersi in un’unica direzione politica. Una fragilità che peserà davvero nei prossimi mesi, quando si entrerà nel vivo della campagna elettorale, e lo scontro sarà con un centrodestra che è unito e forte. Intanto, si legge nella nota della Federazione Metropolitana: «Nelle prossime ore, il Partito Democratico renderà pubbliche ulteriori valutazioni e decisioni politiche», che potrebbe significare anche una “espulsione” dal partito per Giuseppe Falcomatà… Il PD, però, adesso deve decidere se difendere la propria leadership sulla città metropolitana di Reggio Calabria, conquistata in quasi undici anni di governo, o continuare a farsi travolgere dalle divisioni interne, rischiando di consegnare la città al centrodestra alle elezioni di primavera. (redazione@corrierecal.it)

Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

x

x