Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 15:03
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 2 minuti
Cambia colore:
 

L’inchiesta reggina

Riciclaggio e fatture false, la rete economica che ripuliva i soldi della ‘ndrangheta: 15 indagati – I NOMI

La Procura di Reggio Calabria ha chiuso le indagini su una associazione per delinquere «collegata e servente» alle cosche reggine

Pubblicato il: 14/11/2025 – 18:45
di Mariateresa Ripolo
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Riciclaggio e fatture false, la rete economica che ripuliva i soldi della ‘ndrangheta: 15 indagati – I NOMI

REGGIO CALABRIA Riciclaggio, auto-riciclaggio e reimpiego in attività imprenditoriali di proventi di attività delittuose, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, usura, intestazione fraudolenta di beni e valori. Sono le accuse mosse dalla Procura di Reggio Calabria nei confronti di persone accusate di far parte di una associazione per delinquere «collegata e servente» alla ‘ndrangheta. La procura reggina ha chiuso le indagini per 15 persone accusate di reati inerenti alla gestione di flussi economici, da e verso l’estero, utilizzando falsa documentazione fiscale, contabile e di traporto merci, per imprese in Italia e all’estero. 

Le accuse

Il modus operandi dell’organizzazione, secondo l’accusa, consisteva nella gestione di società cantiere in Italia e all’estero – soggette a progressivo rinnovamento tramite la costituzione di nuove società attraverso le quali gestivano flussi finanziari, giustificati da apparenti rapporti commerciali, attestati da falsa documentazione contabile, fiscale e di trasporto, operando alla stregua di una società di servizi illeciti a cui si rivolgevano stabilmente e continuativamente, imprenditori che avevano la necessità di gestire e ripulire proventi di attività delittuose. L’associazione, secondo l’accusa, avrebbe agevolato gli interessi economici della ‘ndrangheta, anche garantendo all’organizzazione criminale la possibilità di riciclare e reimpiegare i proventi delle attività delittuose, oltre che di infiltrarsi nel settore degli appalti pubblici.

La rete Scimone e Bruschi

Tra gli indagati c’è l’imprenditore Antonio Scimone, classe ’75 di Melito Porto Salvo, considerato capo e promotore dell’associazione. Centrale anche la figura di Michele Bruschi, classe ’73, secondo l’accusa avrebbe collaborato attivamente, secondo le direttive impartite da Scimone. Inoltre, «quale maresciallo dei carabinieri forniva consigli in ordine alle strategie da adottare per eludere le investigazioni». Tra le accuse contro Bruschi anche quella di aver abusato dei «poteri connessi alla funzione, per compiere un atto contrario ai doveri del proprio Ufficio, consistente nel far assumere Scimone nei Servizi Segreti, bypassando la procedura di reclutamento». (m.ripolo@corrierecal.it)

Gli indagati:

Michele Bruschi (cl. ’73)
Gaetano Sergio Castagnino (cl. ’61)
Agostino Cosenza (cl. ’75)
Roberto Ferrario (cl. ’60)
Paolo Mesiti (cl. ’68)
Rocco Mollica (cl. ’96)
Giuseppe Nirta (cl. 76)
Maria Cristina Popa (cl. 93)
Giuseppe Pulitanò (cl. ’88)
Antonio Scimone (cl. ’75)
Emiliano Torricella (cl. ’74)
Vincenzo Muià (cl. 69)
Antonio Catafio (cl. ’88)
Giuseppe Amaleo (cl. ’74)
Lorenzo Zucco (cl. ’78)

Argomenti
Categorie collegate

x

x