Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 13:11
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 2 minuti
Cambia colore:
 

l’intervista

«La speranza che prevale sul dolore»: il regista Marco Tullio Giordana racconta la storia di Lea Garofalo

Il regista ai nostri microfoni parla del senso profondo di “Lea” e della complessità di una storia che ha aiutato molte donne a ribellarsi ai contesti mafiosi

Pubblicato il: 20/11/2025 – 8:32
di Mariateresa Ripolo
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
«La speranza che prevale sul dolore»: il regista Marco Tullio Giordana racconta la storia di Lea Garofalo

ROMA «Penso che in una storia così complessa e permeata dal dolore, a prevalere sia comunque la speranza», È con queste parole che il regista Marco Tullio Giordana riassume il senso profondo del risultato del drammatico racconto che accompagna la storia di Lea Garofalo. Autore di film che toccano corde importanti, come “I cento passi” dedicato alla vita di Peppino Impastato, Giordana ai microfoni del Corriere della Calabria parla del suo film “Lea” (2015), l’opera che racconta la storia di Lea Garofalo, vittima della ‘ndrangheta.
Presente alla conferenza stampa nella sede nazionale di Libera a Roma, nel corso della quale la senatrice Vincenza Rando ha annunciato il deposito del ddl “Liberi di scegliere”, ai nostri microfoni, il regista ha parlato della complessità dell’opera che racconta la storia di una donna e di sua figlia, esempio di coraggio e voglia di riscatto. A interpretare il ruolo della protagonista l’attrice Vanessa Scalera, mentre la figlia di Lea, Denise Cosco, è stata interpretata da Linda Caridi.

La sfida e la complessità di un’opera che racconta il coraggio

Il regista ha sottolineato l’elemento di speranza che emerge dalla storia, nonostante il tragico epilogo: «Questo è un film che grazie a Libera è stato proiettato a molte donne che si sono trovate o si trovano ancora nella stessa situazione di Lea Garofalo, e le ha aiutate in un certo senso a rendersi conto di cosa significava rimanere dentro quel contesto, facendosi proteggere e uscendo dal circolo vizioso delle parentele familiari così tossiche».
Dirigere un’opera tanto delicata ha posto diverse sfide, soprattutto nel bilanciare la tragedia con il riscatto: «Tra i passaggi più complessi nel dirigere un’opera così c’è stato quello del non incappare nel vittimismo oppure nella condiscendenza, nel lamento senza redenzione», ha spiegato Giordana. «Cosa difficile perché è una storia che finisce male, per Lea che viene uccisa e addirittura smembrata, ma che finisce bene in un certo senso per la figlia che ne raccoglie il testimone e per tutte le persone che hanno cercato di aiutarla».
Giordana ha anche riflettuto sull’importanza civica della figura di Lea Garofalo: «La cosa difficile era rendere questo complesso sistema di squilibri in cui ha vissuto Lea Garofalo, tanto che la sua storia ha convinto poi a cambiare la legge».

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

x

x