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«Il nuovo Piano territoriale dell’Asp ignora la legge. Vibo così resta senza servizi»

Soccorso Capomolla, direttore del Don Mottola, chiede di modificarlo: «Esclusi due servizi obbligatori. Un paradosso per chi è incaricato di riportare legalità»

Pubblicato il: 21/11/2025 – 15:09
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«Il nuovo Piano territoriale dell’Asp ignora la legge. Vibo così resta senza servizi»

VIBO VALENTIA «C’è un fatto che non può essere taciuto: il nuovo Piano di riorganizzazione della rete territoriale dell’Asp di Vibo Valentia ignora la legge». Lo afferma Soccorso Capomolla, direttore sanitario del Don Mottola Medical Center che ieri si è riunito di fronte la sede Asp in una protesta ad oltranza in difesa della sanità vibonese. Durante il sit in, l’Azienda ha pubblicato la delibera con il nuovo piano di riorganizzazione della rete territoriale, ma fin da subito gli stessi manifestanti hanno trovato delle anomalie. Una delegazione, guidata dal dottor Soccorso Capomolla, ha incontrato i dirigenti dell’Asp. Il direttore del centro di Drapia, che da anni aspetta la firma della convenzione con l’Asp, analizzando il Piano ha evidenziato come «esclude due servizi obbligatori per legge, previsti dal DCA 197/2023, cioè la Riabilitazione Estensiva a Ciclo Continuativo (RECC) e quella a Ciclo Diurno (RECD)».

«Servizi che non compaiono, un paradosso»

«Due pilastri – spiega – della continuità assistenziale, essenziali per i pazienti più fragili. Due servizi che la Regione ha stabilito con numeri precisi per Vibo Valentia. Due servizi già presenti sul territorio grazie alle strutture accreditate. Eppure, nel Piano approvato da una Commissione straordinaria antimafia, incaricata di riportare legalità, controllo e trasparenza, questi servizi non compaiono». Per Capomolla si tratta di «un’omissione che appare inspiegabile, e che solleva interrogativi pesanti sulla credibilità della programmazione sanitaria provinciale». Per Capomolla si tratta di un paradosso: «Chi deve difendere la legalità ignora un obbligo di legge. Il DCA 197/2023 non lascia margini interpretativi: 43 posti equivalenti per RECC, 37 unità annue per RECD. Obbligatori. Inderogabili. Parte integrante della rete territoriale che ogni ASP deve attivare. Perché – si chiede – allora l’Asp di Vibo li esclude? Perché una Commissione straordinaria, chiamata a ristabilire il rispetto delle norme dopo anni difficili, approva un Piano che non rispetta una norma regionale vincolante? La contraddizione è profonda e deve essere chiarita. Perché qui non è in gioco una querelle tecnica: è in gioco il rispetto dello Stato e dei diritti sanitari dei cittadini».

«Il privato è un alleato dello Stato»

Il direttore del Don Mottola critica la mancanza di ascolto del territorio: «Le strutture accreditate esistono, ma scompaiono dal Piano. La cosa più sorprendente è che il Vibonese ha già realtà capaci di fornire RECC e RECD. Strutture accreditate: controllate dalla Regione; integrate nel SSN; con personale qualificato; con anni di esperienza sul campo; spesso radicate proprio nelle aree fragili della provincia. Eppure il Piano sembra ignorarle del tutto. Non una citazione. Non un raccordo. Non un riferimento alla capacità produttiva esistente. È come se si fosse programmato “a tavolino”, senza partire dalla fotografia reale del territorio. O peggio: come se il territorio non fosse stato considerato». «Nel Piano – continua – e nel dibattito politico-amministrativo si percepisce un sottotraccia ideologico che da anni penalizza la Calabria: la narrazione del privato accreditato come “profittatore”. Una narrazione sbagliata. Pericolosa. Fuorviante. Il privato accreditato è, a tutti gli effetti: un erogatore di funzioni pubbliche, sottoposto a tariffe e tetti fissati dalla Regione, vincolato ai LEA e ai percorsi  ssistenziali, soggetto a controlli e verifiche, parte integrante del Servizio Sanitario Nazionale. Senza privato accreditato: i territori periferici resterebbero sguarniti, le liste d’attesa esploderebbero, i pazienti fragili non avrebbero accesso ai servizi, migliaia di giovani professionisti dovrebbero emigrare. Non è un avversario del pubblico. È un alleato dello Stato. E nel Vibonese è spesso l’unico presidio stabile in aree dimenticate».

L’impatto sull’economia locale

«Le strutture accreditate non sono solo presidi sanitari: sono pezzi di economia locale. Offrono lavoro a giovani fisioterapisti, infermieri, logopedisti, OSS, terapisti, amministrativi. Sorreggono micro-economie territoriali. Mantengono viva l’occupazione in zone dove il lavoro manca. Producono sviluppo reale e non delocalizzabile. Ogni giovane che trova lavoro in una struttura accreditata è un giovane che rimane nella sua terra con dignità, con prospettiva con futuro. Questa è una dimensione che una programmazione responsabile deve considerare. Non censurare. Oltre 1.600.000 € di mobilità passiva. Il Vibonese registra ogni anno quasi 1,6 milioni di euro di mobilità passiva riabilitativa. È denaro dei cittadini vibonesi che finisce in altre province o in altre regioni. Escludere RECC e RECD dal Piano non solo è illegittimo, ma è anche un boomerang finanziario. Più servizi si negano, più cittadini saranno costretti a curarsi altrove. Più cittadini emigrano per curarsi, più la sanità vibonese perde risorse. È un circolo vizioso che favorisce chi già è più forte e penalizza chi è più debole.

Le criticità del Piano

Capomolla chiede che il Piano venga cambiato: «Un Piano territoriale deve  rispettare la legge, valorizzare le risorse esistenti, ridurre le diseguaglianze, tutelare i cittadini più fragili, sostenere lo sviluppo locale. Il Piano dell’ASP di Vibo, così com’è, non fa nessuna di queste cose. Esclude ciò che è obbligatorio. Ignora ciò che già esiste. Indebolisce il territorio. Aumenta la mobilità passiva. E tradisce lo spirito del commissariamento, nato per riportare lo Stato dove serve. Tale postura trova soltanto giustificazione nell’irrazionale comportamento di frattura verso gli operatori che hanno creduto in questa terra, ma di più che hanno deciso di restare in questa terra,   affrontando un rischio imprenditoriale per dare un offerta sanitaria dignitosa; sono  che con il suo lavoro quotidiano supportano la crescita sociale di questo territorio offrendo opportunità di lavoro, a giovani destinati a lasciare la propria terra e onorando quelle tasse necessarie a supportare una governance che dimenticando di avere una delega del potere se ne appropria ed ordisce pugni di forza e guerre di principio, lasciando lungo il percorso detriti e macerie. Cosi un avviso pubblico di 600.000 euro finalizzato a ristorare la povera gente con il dramma della malattia è stato bloccato   con la giustifica che tali fondi non c’erano, fatto salvo poi  pubblicare il 17 settembre  2025 nel bilancio preventivo 2025 una residuo in cassa di 608 mila euro. Cioè sono stato mantenuti i soldi in Cassa e costretto la gente a pagare di tasca propria i LEA. Ma ancora di piu’ dinnanzi al governo territoriale si trova la pezza che tale cifra è residuata nel 2024 a seguito di controlli eseguiti nel 2024 dalla struttura semplice asp che valuta l’appropriatezza. Peccato che tale Struttura semplice è stata creata in settembre 2025. Non è una questione politica.

«Vibo merita molto di più»

«Non è una questione privata. È una questione di diritti, di legalità e di buon governo. Vibo Valentia merita molto di più. E soprattutto merita un Piano che parta da un principio semplice: la legge si rispetta, il territorio si ascolta, i cittadini si tutelano. Gli operatori privati si rispettano. Una delibera sulla programmazione dell’offerta territoriale chiesta  dalla regione da 15 mesi, tenuta nel tiretto, elaborata  ripetutamente non per dare servizi al territorio ma per penalizzare il privato che osato rivendicare un equo accesso al diritto della salute. In una provincia che fatica da decenni a trovare equilibrio e stabilità, non si può ricostruire la fiducia lasciando fuori dal Piano ciò che la legge impone. Non si può parlare di legalità se non si rispettano i decreti regionali, Non si può parlare di territorio se non si valorizza ciò che nel territorio già esiste, Non si può parlare di equità se si escludono servizi obbligatori. E soprattutto non si può costruire un sistema sanitario moderno contrapponendo pubblico e privato, quando entrambi sono – e devono essere – parti dello stesso progetto. Ricostruire lo Stato significa includere, non escludere riconoscere, non negare. Rafforzare, non indebolire ed è da qui che Vibo e le sue istituzioni devono ripartire». 

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