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la città risponde compatta

Reggio insorge contro il pizzo: «La città non si consegna alla ’ndrangheta»

La voce degli imprenditori minacciati e l’impegno di Libera scuotono Piazza Carmine

Pubblicato il: 26/11/2025 – 20:50
di Paola Suraci
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Reggio insorge contro il pizzo: «La città non si consegna alla ’ndrangheta»

REGGIO CALABRIA Piazza Carmine, oggi, si è trasformata in un luogo di mobilitazione popolare. Senza palco né formalità, ma con la forza della presenza collettiva, cittadine, cittadini e numerosi commercianti hanno raggiunto i gazebo di Libera per partecipare alla “Festa della REsistenza – La libertà non ha pizzo”. Una risposta concreta agli ultimi atti intimidatori che hanno colpito il tessuto produttivo reggino. La musica de I cento passi ha accompagnato una piazza che non voleva festeggiare, ma affermare con decisione un principio: la città non è disposta a piegarsi. Intorno ai gazebo si è discusso, ci si è confrontati, si è ragionato su come trasformare l’indignazione in impegno quotidiano. Le testimonianze degli imprenditori che hanno subito minacce e vandalismi – condivise direttamente tra la gente – hanno avuto il peso della realtà: la ’ndrangheta continua a mordere l’economia locale, a colpire chi lavora, a provare a imporre silenzio e paura. Ma la piazza ha risposto con l’opposto: partecipazione, solidarietà, assunzione di responsabilità.

Molte persone hanno scelto di aderire alla campagna regionale “La libertà non ha pizzo” e di sostenere il tesseramento di Libera, riconoscendo che il contrasto alle mafie non può essere delegato solo alle istituzioni, ma richiede una società civile consapevole e attiva. Tra i dialoghi che si intrecciavano nella piazza, la voce più attesa è stata quella di Mimmo Nasone, attivista di Libera Reggio Calabria, che ha offerto una riflessione lucida sulla condizione della città: «Cerchiamo di illuminare un po’ le coscienze, senza presunzione. Perché a Reggio c’è una fazione del male che è terribile. Nei volti delle persone si legge spesso una forma di rassegnazione. Poi arriva il risveglio improvviso: quando scopri, come è accaduto qui vicino, che qualcuno ha incendiato il furgone dell’imprenditore del caseificio Delizia della Natura, che aderisce alla nostra rete. Allora, come si dice in dialetto, i tri jorni da zita: per tre giorni tutti vicini, solidali. E poi tutto svanisce, tutto tace». Nasone ha spiegato anche il motivo della scelta di questo luogo centrale: «Siamo venuti proprio in questa piazza, simbolica e viva, dove la domenica c’è il mercato e c’è sempre movimento. Volevamo dire alla gente che basta: ognuno deve fare la propria parte. Non possiamo contare solo su forze dell’ordine e magistrati. Serve una presa di coscienza forte della società, di tutte le categorie, non solo degli imprenditori». Le sue parole hanno toccato uno dei nodi più delicati della lotta alla ’ndrangheta: «Non possiamo consegnare la città a personaggi subdoli che continuano a giocare con il potere e la violenza. E quando non ottengono ciò che vogliono con la pressione silenziosa, ricorrono ai metodi forti: bombe, incendi, intimidazioni». C’è anche il referente regionale di Libera Giuseppe Borrello, che spiega: «questa è un’iniziativa importante perché non vogliamo lasciare la narrazione di questa città a chi ha deciso di continuare a vivere da parassita e di sopravvivere sulle spalle degli altri. La città di Reggio Calabria, prima di essere la città dei morti ammazzati per ‘ndrangheta, la città dell’intimidazione, è una città che vuole e deve resistere a tutto ciò e abbiamo voluto rispondere a questi attentati con la nostra presenza». A portare la sua testimonianza di lotta, c’è in Piazza Carmine anche Antonino De Masi, l’imprenditore calabrese della Piana di Gioia Tauro che ha denunciato le pressioni e le estorsioni della ’ndrangheta, scegliendo di non piegarsi alle cosche. Per questa scelta vive sotto scorta da anni ed è diventato un simbolo di coraggio civile e di resistenza alla criminalità organizzata. Questa sera sta qui, in piazza tra la gente e spiega: «Viene ammazzata la speranza di ogni giovane, di ogni persona. E di fronte a queste violenze, a queste aggressioni brutali, continuiamo a normalizzare tutto. Continuiamo ad accettare di avere dei padroni, padroni che ci hanno tolto la voglia di ridere, di guardare avanti, la voglia di ambire. Non so cosa debba ancora accadere perché la gente si svegli. Io vado in giro ovunque e cerco di dire a tutti: riprendetevi, riprendiamoci l’orgoglio di essere persone libere. Per questo, a volte, non so cosa fare. Voglio gridare alla mia gente che siamo orgogliosi calabresi. Viva la Calabria! Viva i calabresi, ma abbasso gli omertosi, i codardi, e volte anche i sonnolenti cittadini che a volte fanno finta di non vedere». Restare in quella piazza, dunque, parlarci, riempirla, è stato un gesto politico: ribadire che il territorio non appartiene alla ’ndrangheta, ma alla comunità che lo abita e che oggi ha scelto di mostrarsi unita. (redazione@corrierecal.it)

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