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Debolezze e punti di forza

La lezione del Covid: più diagnosi e collaborazione ma «preoccupa la resistenza antimicrobica»

A Gizzeria l’evento 2025 di Simit con il confronto sulle nuove sfide dell’infettivologia. «Serve un’unica voce scientifica»

Pubblicato il: 29/11/2025 – 9:45
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La lezione del Covid: più diagnosi e collaborazione ma «preoccupa la resistenza antimicrobica»

GIZZERIA L’edizione 2025 del convegno regionale della Simit, la Società italiana di malattie infettive, ha posto quest’anno particolare attenzione alle problematiche infettivologiche di maggiore attualità, a partire dall’eredità lasciata dal Covid-19 ai reparti di Malattie infettive. Negli ultimi anni il panorama dell’infettivologia ha concentrato il proprio interesse su fenomeni di enorme rilevanza clinica e sanitaria, in particolare l’antimicrobico-resistenza e le infezioni correlate all’assistenza (ICA). Due aspetti che incidono pesantemente sia sulla mortalità sia sui costi dei sistemi sanitari. La resistenza antimicrobica, in particolare, è oggi una delle principali minacce per la salute pubblica: si stima che ogni anno circa cinque milioni di decessi siano associati alle infezioni batteriche resistenti, di cui un milione direttamente attribuibile alla resistenza. Un fenomeno che comporta anche un forte impatto economico, legato all’uso – talvolta inappropriato – di antibiotici ad alto costo e all’aumento dei ricoveri e delle giornate di degenza.

L’impegno delle società scientifiche e delle unità operative

Lorenzo Surace, infettivologo dell’Asp di Catanzaro e responsabile scientifico dell’evento, ha aperto i lavori sottolineando il valore dell’appuntamento: «Questo convegno non è importante solo per analizzare il post-Covid, ma anche per tutto ciò che sta emergendo come impegno delle società scientifiche e delle unità operative coinvolte nell’assistenza sanitaria. Il nostro obiettivo è promuovere temi di grande impatto scientifico e sociale e confrontarci per ottimizzare i percorsi dedicati alle malattie infettive, a beneficio dei pazienti». Surace ricorda come la pandemia abbia evidenziato debolezze ma anche punti di forza del sistema sanitario: «Il Covid ha messo sotto stress l’intero sistema, ma ha anche generato una maggiore compattezza tra i reparti e favorito un’interazione ospedale–territorio che, fino a pochi anni fa, sembrava impensabile». Un altro tema centrale è quello della resistenza agli antibiotici. «Sicuramente il problema dell’antimicrobial stewardship è uno degli argomenti che sta più a cuore agli infettivologi, perché l’utilizzo inappropriato delle terapie antibiotiche comporta conseguenze negative: l’aumento di germi sempre più resistenti, un incremento dei decessi e un impatto rilevante in termini di farmaco-economia. Sappiamo bene che i nuovi antibiotici hanno costi notevoli e devono essere utilizzati con raziocinio e logica scientifica. Inoltre, tutto il fenomeno della farmacoresistenza comporta indirettamente un elevato numero di ospedalizzazioni, degenze più lunghe e, quindi, un maggiore spreco di denaro pubblico».

«Dal Covid è nata una sorta di pandemia silente»

A questo si collega il cuore della lectio di Antonio Vena (collaboratore del professor Matteo Bassetti) che ha analizzato le eredità positive e negative degli anni della pandemia. «Tra gli aspetti positivi c’è la maggiore capacità diagnostica nelle infezioni virali, grazie a tecniche introdotte durante il Covid e prima non disponibili. C’è stata anche una collaborazione più solida tra specialisti ospedalieri e medici di medicina generale, ancora oggi presente in molte realtà», spiega Vena. Ma la pandemia ha lasciato anche conseguenze critiche. «Dal Covid è nata una sorta di pandemia silente: l’aumento delle infezioni nosocomiali da germi multiresistenti, cresciute durante il periodo pandemico. E poi il sommerso dell’HIV: molte diagnosi sono state mancate negli anni del Covid e oggi emergono casi in fase più tardiva». Accanto agli aspetti clinici, Vena richiama un altro nodo strategico: quello dell’informazione scientifica. «Durante il Covid abbiamo visto come informazioni non verificate circolassero in modo incontrollato, generando incertezza. La comunità scientifica deve parlare con un’unica voce e basarsi sulle evidenze: è l’unico modo per recuperare fiducia e migliorare la gestione delle malattie infettive nel futuro».

«L’appuntamento con la Simit, sezione Calabria, è importante non solo per il post-Covid, ma anche per tutto ciò che sta emergendo come impegno delle società scientifiche e delle unità operative coinvolte nell’assistenza sanitaria». A dirlo è il presidente nazionale di Simit, Roberto Parrella. «Parliamo anche dei progetti futuri che riguardano la lotta all’antibiotico-resistenza, la prevenzione vaccinale e, in generale, tutto ciò che può contribuire a migliorare la salute della comunità. Sicuramente non bisogna dimenticare lo stress che l’epidemia da Covid ha comportato per il sistema sanitario nazionale. Da un lato è emersa la fragilità del nostro sistema, ma dall’altro la risposta è stata immediata e pronta da parte di tutte le realtà infettivologiche — e non solo — del sistema sanitario italiano. È venuta fuori una forza, una resilienza che devono essere patrimonio comune e slancio per il futuro».
E poi c’è anche un’altra battaglia, oltre a quella scientifica: quella informativa, che oggi si combatte contro fake news e notizie incontrollate che circolano sui social, mentre la comunità scientifica deve lavorare insieme per garantire un’informazione corretta. «Abbiamo visto quanto fosse traballante durante il Covid, quando informazioni non verificate venivano recepite e rilanciate, creando incertezza in una comunità che faticava a distinguere la vera scienza dalle falsità. La sfida è importante, perché solo con la forza delle prove scientifiche possiamo andare avanti nelle progettualità e nelle proposte di salute».
Dobbiamo ricordare che solo pochi mesi fa la Simit «è riuscita a realizzare, grazie all’interessamento dell’Università Magna Graecia e agli sforzi dei colleghi locali, la prima Summer School. Un’iniziativa che punta sui giovani, sulla loro formazione e su quello che sarà il futuro dell’infettivologo nei prossimi anni, una figura chiamata ad affrontare sfide sempre più complesse. La prima Summer School ha riunito tutte le scuole di specializzazione d’Italia, con la partecipazione dei docenti e degli specializzandi, ospitati qui per una settimana grazie all’attività dell’Università Magna Graecia. Un’occasione preziosa per confrontarsi sui temi più rilevanti dell’infettivologia e costruire una rete nazionale di giovani professionisti». (Gi.Cu.)

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