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LA LEZIONE

Eugenio Barone dalla Calabria alla Sapienza: «La ricerca nasce dalla passione, non siamo topi da laboratorio»

Il docente di Biochimica e divulgatore scientifico 44enne, nato a Paola, dopo gli studi all’Unical ed esperienze all’estero (Usa e Svizzera) è diventato uno dei massimi esperti di Alzheimer

Pubblicato il: 30/11/2025 – 17:59
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Eugenio Barone dalla Calabria alla Sapienza: «La ricerca nasce dalla passione, non siamo topi da laboratorio»

COSENZA «La ricerca richiede studio, tenacia e impegno, ma soprattutto passione. E poi bisogna divertirsi in quello che si fa, perché si tende a pensare che i ricercatori siano topi da laboratorio ma non è così…». Parola di Eugenio Barone, ricercatore e divulgatore scientifico, nato a Paola 44 anni fa e oggi docente di Biochimica alla Sapienza di Roma: una laurea con lode in CTF (Chimica e Tecnologie Farmaceutiche) all’Unical, il dottorato in neuroscienze alla Cattolica di Roma, poi gli anni di ricerca negli Stati Uniti (a Lexington, Kentucky) e in Svizzera (Scuola politecnica di Losanna), fino al rientro in Italia, dove è divenuto uno dei più giovani professori ordinari nel suo settore.  
Barone venerdì scorso è stato ospite all’istituto “Da Vinci–Nitti” di Cosenza (foto in basso) dove ha catturato subito l’attenzione degli studenti raccontando il proprio percorso personale: la passione precoce per chimica e biologia, la scelta – inizialmente obbligata – di restare all’Unical, svolgendo la tesi e il dottorato con il compianto professor Nevio Picci. È poi arrivata l’esperienza Erasmus, che ha definito «uno dei momenti più formativi» della sua vita.
Entrando nel merito scientifico, il prof. Barone – che è anche inventore di un brevetto per il trattamento di disabilità intellettiva e malattie neurodegenerative in soggetti con Sindrome di Down – ha guidato gli studenti, attraverso un’introduzione chiara e mai troppo accademica, al funzionamento dei neuroni e ai meccanismi di comunicazione cerebrale, dove l’area compromessa nel caso dell’Alzheimer e demenza è l’ippocampo, e ai processi che portano alla degenerazione cellulare.

Ha aperto il suo intervento con i numeri di un’emergenza: «Oggi in Italia un milione di persone sono ammalate di demenza e tre milioni di persone sono impegnate nella loro assistenza come caregiver. Sono numeri importanti – ha detto –. E la prevenzione è il farmaco più potente che possa esistere: uno stile di vita corretto, dall’alimentazione all’attività fisica alla socializzazione, potrebbe prevenire il 45% dei casi nel mondo. Voglio aggiungere un altro dato che è importante conoscere alla vostra età: la bassa istruzione è uno dei fattori di rischio noti» ha ammonito. 
Scienza, entusiasmo e testimonianza personale nella lezione al “Da Vinci–Nitti”, dove il dirigente scolastico Damiano De Paola ha introdotto il convegno ringraziando ospiti e studenti per la loro partecipazione e sottolineando l’importanza di portare tra i banchi figure di alto profilo scientifico.
Barone dal canto suo ha spiegato il legame tra sindrome di Down e Alzheimer, mostrando come alcune alterazioni genetiche possano anticipare l’insorgenza della malattia. Ha illustrato analogie e differenze tra i vari tipi di demenza e il ruolo delle due proteine chiave dell’Alzheimer: i dati presentati dal professore mostrano chiaramente come la diffusione delle demenze sia in costante aumento, rendendo fondamentale investire in ricerca e prevenzione. Nel suo intervento ha dedicato attenzione anche alle differenze tra uomini e donne in relazione alle malattie neurodegenerative: ha spiegato che le donne, specialmente dopo la menopausa, sono più esposte al rischio di Alzheimer mentre gli uomini presentano con maggiore frequenza demenze di tipo vascolare, spesso legate a fattori cardiovascolari e metabolici. Comprendere tali differenze, ha sottolineato il professore, permette di sviluppare strategie di prevenzione più precise e personalizzate.

Il fenomeno in cifre e l’assenza di supporto

Centoquaranta milioni di persone, nel mondo, saranno ammalate di Alzheimer entro il 2050: queste la cifra monstre. In Calabria ci sono circa 64mila casi di demenze (circa 700mila le persone colpite in Italia), il 3,8 per cento sulla popolazione totale, ma la rete di supporto ai caregiver è quasi inesistente. A fronte di questi dati, infatti, sono soltanto 20 i centri diurni per accogliere i malati e dare sollievo alle famiglie.
Il prof. Barone ha evidenziato quanto gli stili di vita incidano sulla salute cerebrale: seguire un’alimentazione equilibrata, praticare attività fisica costante, stimolare la mente, mantenere relazioni sociali attive, e controllare il sistema cardiocircolatorio. Sono elementi che possono rallentare l’insorgenza di processi degenerativi, ha chiosato il luminare.
«Un esempio concreto di come la scienza possa essere non solo studio e sacrificio, ma anche una straordinaria avventura umana e professionale» ha commentato la docente Patrizia Murano. L’iniziativa ha suscitato entusiasmo e grande partecipazione da parte degli studenti degli indirizzi di Chimica e Biotecnologie Sanitarie, che hanno potuto ascoltare il racconto diretto di un ricercatore calabrese affermato a livello internazionale. (redazione@corrierecal.it)

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