Sandokan girato in Calabria mostra una capacità di marketing territoriale che smonta la narrativa dello spreco
Apologia di Mabel Bocchi, la migliore cestista del mondo che ha deciso di morire da noi

“Sale e scende la marea” ed è di nuovo effetto Sandokan che, da sceneggiato di successo anni ’70, diventa serie del nuovo secolo, sempre su Rai, a produzione Bernabei.
Prima puntata con 6 milioni di spettatori e il 34 di share che, al tempo moderno, significa successo alla Montalbano. Facile spiegare i numeri considerando che l’antesignano illustre di Sollima, con soli due canali, la domenica sera ospitava nel tinello di casa 27 milioni di italiani. Questione diversa per il gradimento. È un po’ come per gli appassionati di Eduardo De Filippo che non sono soddisfatti delle nuove versioni che guardano in televisione. Esiste l’effetto nostalgia della propria adolescenza: quando ci siamo identificati con Kabir Bedi e Carole Andrè e tutto il resto eravamo giovincelli e quelle stagioni, nel tempo, erano la scoperta visiva di un mondo che spesso avevamo già letto nei romanzi su regalo e consiglio dei padri.
E qui sono buon testimone, avendone scritto nel mio libro “Cosangeles” (chiedo scusa per l’autopromozione), in quel 1976, di quello che accadde nella mia Cosenza quando una leggenda urbana fece impazzire i centralini di tutti gli alberghi locali perché si era diffusa la falsa voce che Kabir Bedi fosse arrivato in città. Certo, molta critica adulta ha sparato sul bersaglio, a iniziare da Aldo Grasso che ha definito Can Yaman “impacciato e poco espressivo” e, a suo dire, “non basta citare Shakespeare per essere un bravo attore”, mentre io concordo con la nostra corrierista calabrese Concetta Guido che, da par suo, ha riconosciuto la “Commedia degli equivoci”.
A ciascuno il suo nel confronto con la nostra gioventù, con l’intramontabile colonna sonora rimasta a far da refrain ai boomer. Personalmente ho apprezzato alcune citazioni del postmoderno, come quando Lady Marianna odia il corsetto, pari pari Rossella O’Hara di “Via col Vento”, e nella descrizione delle miniere che sfruttano gli indigeni ho visto un autorevole citazionismo dei reportage del grande fotografo Salgado. Parliamo di Sandokan in questa rubrica perché girata in Calabria non per caso ma per volontà di realizzare un prodotto audiovisivo che sarà esportato in tutto il mondo senza marchio di ’ndrangheta, questa volta.

E se Fiorello alla Pennicanza dice che i tigrotti di Mompracem li hanno presi dall’“Aspromompracem”, nonostante la varietà di luoghi adoperati, vuol dire che, dal punto di vista del marketing territoriale, molto ha funzionato. Siamo in presenza di un punto nodale per la costruzione di un’industria dell’audiovisivo in una regione che ha molti punti di forza per stare in un quadrante economico da non trascurare.
I soldi investiti dalla Regione non sono stati buttati dalla finestra. Attorno alla produzione milionaria hanno lavorato molte ditte calabresi. Dietro le telecamere del set ci sono lavori per movimento terra, si installano reti elettriche e collegamenti fognari e di Internet. Le maestose scenografie hanno avuto bisogno di operai locali e di costruzioni di ponteggi e muri perimetrali da rendere realistici. E poi i servizi: la vigilanza, lo smaltimento dei rifiuti speciali, l’installazione dei bagni chimici.



Altra parte del finanziamento è certamente andata a spese locali, alle strutture ricettive impiegate per accogliere cast e maestranze e uguale voce di spesa va assegnata ai servizi di catering per migliaia di pasti da consumare durante la lavorazione sul set e anche nei locali che spero avranno lasciato buon ricordo — e sarebbe bene raccogliere testimonianze su questo aspetto. Gran lavoro anche per l’agenzia di viaggi locale che ha curato i trasferimenti con la capitale. E poi ci sono le maestranze tecniche e artistiche. Per chi si affaccia o continua il lavoro in questo mestiere, avere certificato nel curriculum di aver lavorato a “Sandokan” è credenziale di rilievo. Provate a chiedere al location manager e all’art director locale, insieme a ispettori di produzione, attrezzisti, elettricisti, macchinisti e persino acrobati, e anche al veterinario e all’infermiere professionista che sta fisso sul set, insieme alle decine di manovali che servono in queste imprese. E sono state regolarmente retribuite le centinaia di comparse che tecnicamente si chiamano figurazioni che, oltre a conservare un bel ricordo, hanno fatto una buona esperienza guidata nelle scene da capi struttura presi in loco e non arrivati da Roma, come spesso avviene. È un settore che conosco personalmente, per averne fatto parte professionalmente, e quindi so abbastanza bene che la casistica dice che, per ogni euro investito, ne restano sul territorio, in modo diretto, almeno cinque ad essere stretti.
E poi c’è il ritorno indiretto, quello d’immagine legato al cineturismo: è la condizione che ha fatto la fortuna di Montalbano e che conduce lo spettatore moderno a voler vedere i luoghi dove è stata girata la finzione amata. Saranno luoghi da ricercare: la splendida Le Castella, Santa Maria dell’Isola a Tropea, Grotticella a Capo Vaticano, Gizzeria Lido, il bel tratto di mare nei pressi della spiaggia Timpa Janca, tra Pizzo e Vibo Marina, dove navigano le navi d’epoca. A tal proposito sono stati impiegati anche servizi nautici calabresi di trasporto dedicati che aggiungono altri euro al PIL calabrese.
Sul versante cineturismo, operazione intelligente è stata quella di rendere fruibili i set costruiti a Lamezia Terme, in luoghi dove morì uno dei sogni industriali calabresi del Novecento. Raramente un’operazione del genere avviene in concomitanza con la visione del prodotto. Il termine inglese tecnico è backlot, quello che sta adiacente al set di riprese. Aver pensato di allestire la mostra “Sandokan in Calabria – I luoghi della serie”, esponendo vestiti di scena, location ricreate e oggetti di scena dati dalla produzione, in un calendario inaugurato lo scorso 28 novembre e che chiuderà il prossimo 27 gennaio (speriamo vivamente si debba prorogare), con prenotazioni telefoniche e visite guidate anche in inglese, è elemento di crescita e maturità del settore. Siamo finalmente a un cambio di passo che speriamo diventi sistema per nuove opportunità per chi vive in Calabria o auspica di tornarci. Tutto è perfettibile e, per esempio, si poteva aumentare l’investimento con spot dedicati alle location calabresi durante la messa in onda della serie (stavo per scrivere “sceneggiato”), ma come dice una celebre battuta da film, “nessuno è perfetto”.
Si può magari recuperare in occasione del Capodanno Rai da Catanzaro. Non ci resta che attendere lunedì per calcolare quanti spettatori nostalgici della loro meglio gioventù avranno abbandonato la visione. Da calabrese, io mi auguro che la marea di Sandokan continui a salire.
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È morta a 72 anni Mabel Bocchi. A San Nicola Arcella, dove aveva scelto di vivere in età diversamente giovane, la più celebre giocatrice di basket italiana (era mezzosangue argentina) era stata eletta, nei suoi anni migliori, la migliore giocatrice al mondo e anche brillante giornalista e sostenitrice dei diritti umani.
Era stata anche conduttrice alla Domenica Sportiva, ma non ne aveva un buon ricordo, visto che l’avevano relegata al ruolo di bella valletta che legge i risultati. Per Mabel, galeotta era stata la scelta di raggiungere la sorella allenatrice a Scalea e impegnarsi nel progetto Tam Tam Basket, rivolto a ragazzini figli di immigrati per integrarli. In Calabria aveva trovato tranquillità, aria pulita ben diversa da Milano e vita buona. Una storia che ci racconta non solo di una brava atleta, ma anche delle belle potenzialità della Calabria ad accogliere, negli ultimi anni di vita, anziani da tutto il mondo.
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Segnalo che a Trebisacce, dal 12 al 14 dicembre, all’Antica Fornace nasce la prima edizione del 3BeeComicS – Festival della letteratura disegnata. Molto bello il manifesto a fumetti, con uno sfondo del paese disegnato da Bruno Brindisi, autore di Tex e Dylan Dog, che sarà ospite dell’evento e protagonista di una mostra di suoi disegni e tavole. Imperdibile per gli amanti del fumetto. (redazione@corrierecal.it)
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